Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23519 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23519 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BILLIZZI MASSIMO CARMELO N. IL 06/04/1975
avverso la sentenza n. 789/2007 CORTE ASSISE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 16/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA SILVIO BONIT9,
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
do òget.‘cc)—ii….,.
che ha concluso per r.e
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Udito, per la parte civile, l’Avv

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Udit i difensor Avv. C…‹,t.f (1,

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1.0

Data Udienza: 18/04/2013

1. Con sentenza del 16 dicembre 2011 la Corte di assise di appello
di Caltanissetta, in riforma di quella resa dalla corte di prime cure la
quale, a carico di Billizzi Massimo Carmelo, giudicato colpevole
dell’omicidio di Belladonna Fortunato aggravato ai sensi dell’art. 7
L. 203/1991 nonché della distruzione e sottrazione del cadavere,
aveva inflitto la pena dell’ergastolo, riduceva la pena ad anni
diciannove di reclusione in applicazione della speciale attenuante di
cui all’art. 8 della L. 203/1991.
2. Avverso la sentenza di secondo grado ricorre per cassazione
l’imputato, assistito dal difensore di fiducia, il quale nel suo
interesse sviluppa due motivi di impugnazione.
2.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente violazione
dell’art. 8 L. 203/1991 dappoichè non riconosciuta nella massima
estensione l’attenuante in parola, avuto riguardo alla entità, alla
qualità ed alla complessiva efficacia degli esiti della intrapresa
collaborazione processuale dell’imputato. Lamenta ancora il
difensore che, a sostegno della impugnata decisione, la corte ha
valorizzato la gravità del reato e la personalità criminale
del’imputato, con ciò incorrendo in palese violazione di legge,
giacchè i criteri appena richiamati concorrono nella determinazione
della sanzione ma non già della quantificazione dell’attenuante
speciale, in relazione alla quale occorre valutare esclusivamente
l’entità e l’importanza della collaborazione.
2.2 Col secondo motivo di ricorso denuncia invece la difesa
ricorrente violazione di legge in relazione alla mancata concessione
delle attenuanti generiche, sul rilievo che la corte di merito,
considerando ai fini dell’impugnato giudizio esclusivamente il
disvalore del fatto reato e la personalità dell’imputato, si è
illegittimamente sottratta al necessario raffronto con le situazioni
oggettive e soggettive favorevoli al ricorrente desumibili dall’art.
133 c.p..
3. 11 ricorso è fondato nei limiti che si passa ad esporre.
3.1 Il giudice a quo ha argomentato la decisione in ordine alla
quantificazione sanzionatoria da riconoscersi nel caso concreto
all’imputato in applicazione dell’art. 8 L. 203/1991, osservando
preliminarmente che l’imputato, con la sua collaborazione, ha
“offerto un sostanzioso contributo” alla ricostruzione dei fatti di

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

causa, alla individuazione e cattura degli autori dei reati giudicati,
contribuendo altresì all’acquisizione di informazioni sulle
organizzazioni presenti sul territorio di Gela ed alla cattura di
affiliati, per poi sostenere l’equità della pena in anni diciannove in
considerazione della gravità del fatto, dei motivi abbietti che
determinarono l’omicidio giudicato, della negativa personalità
dell’imputato, responsabile di gravi condotte criminali prima e dopo
il delitto in esame.
L’applicazione della disciplina di favore in argomento, in tal guisa
motivata, si appalesa contra legem.
Ed invero occorre richiamare la recente lezione ermeneutica di
questa Corte, la quale, nella sua più autorevole composizione, ha
avuto modo di osservare che l’attenuante ad effetto speciale di cui
all’art. 8 del D.L. n. 152 del 1991, come convertito con
modificazioni dalla legge n. 203 del 1991, a seguito della
composizione di un contrasto giurisprudenziale, non è soggetta al
giudizio di bilanciamento tra circostanze previsto dall’art. 69 c.p.
onde non vanificarne la ratio, consistente nell’assicurare un premio
particolarmente significativo per la dissociazione cd. attuosa o
collaborativa (Cass., ss.uu., 25/02/2010, n. 10713).
Il principio appena riportato si inserisce peraltro, in materia,
nell’ambito della elaborazione giurisprudenziale di questa corte di
legittimità, la quale ha costantemente ritenuto la obbligatorietà
dell’attenuazione della sanzione collegata alla norma innanzi
richiamata, allorchè ricorrano le condizioni per la sua applicazione
e tenuto conto dell’intento primario perseguito dal legislatore, che è
quello di offrire un incentivo concreto e non meramente eventuale
al “pentito”, la logica del sistema impone infatti che la pena
determinata a seguito della concessione della predetta attenuante
con la relativa riduzione costituisca niente altro che il corrispettivo
della collaborazione, cui è sinallagmaticamente legata (Cass., Sez.
V, 12/04/2002, n. 24711).
Di qui la necessità di graduare la pena in applicazione della
disciplina di favore non già in relazione alla gravità del reato
ovvero alla personalità criminale dell’imputato, valutazione questa
necessaria per la determinazione della pena base ovvero della
concedibilità o meno delle attenuanti generiche, bensì in riferimento
alla importanza della collaborazione, ‘sì da poter coniugare
premialità, personalizzazione del trattamento sanzionatorio e
proporzionalità del medesimo rispetto alla misura di lesività

2

effettiva del fatto costitutivo del reato (Cass., Sez. Unite, n.
10713/10 cit.).
Nè può nel caso in esame non rilevarsi che ha la corte territoriale ha
richiamato i criteri della indubbia enorme gravità del reato e
dell’altrettanto indubbia negativa personalità dell’imputato al
momento dei fatti, sia per graduare la pena dell’ergastolo, sia per
negare la concessione delle attenuanti generiche, di guisa che anche
sotto tale profilo si appalesa incongruo ed illegittimo, ulteriormente
richiamare i medesimi principi per la quantificazione del beneficio
ex art. 8 L. 203/1991.
3.2 Manifestamente infondata è invece la censura affidata dalla
difesa ricorrente al secondo motivo di impugnazione.
E’ noto infatti l’insegnamento di questo giudice di legittimità
secondo cui, in tema di attenuanti generiche, posto che la ragion
d’essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al
giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della
sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non
codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di
esso si è reso responsabile, ne deriva che la meritevolezza di detto
adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì
da dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di
escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo, l’affermata
insussistenza. Al contrario, è la suindicata meritevolezza che
necessita essa stessa, quando se ne affermi l’esistenza, di apposita
motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che
sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento
sanzionatorio, trattamento la cui esclusione risulta, per converso,
adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte
di specifica richiesta dell’imputato volta all’ottenimento delle
attenuanti in questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno
del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti, tuttavia, la
stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli
elementi sui quali la richiesta stessa si fonda (Cass., Sez. II,
22/02/2007, n. 8413; Cass., Sez. II, 02/12/2008, n. 2769) giacchè il
giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi
prospettati dall’imputato, essendo sufficiente che egli spieghi e
giustifichi l’uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con
l’indicazione delle ragioni ostative alla concessione e delle
circostanze ritenute di preponderante rilievo (Cass., Sez. II,
23/11/2005, n. 44322).

3

t

Ciò premesso ed in applicazione degli esposti principi deve
concludersi che, ai fini dell’applicabilità o del diniego delle
circostanze attenuanti generiche, assolve all’obbligo della
motivazione della sentenza il riferimento alla gravità del fatto ed
alla negativa personalità dell’imputato al momento della
consumazione del reato (Cass., Sez. V, 06/09/2002, n.30284;
Cass.,Sez. II, 11/02/2010, n. 18158).
Nel caso di specie la Corte ha dapprima illustrato le ragioni della
doglianza e ad esse ha poi opposto, ribadendo non solo la estrema
gravità dei fatti, ma anche le modalità delle condotte giudicate.
Palese pertanto, in applicazione dei principi innanzi esposti, la
manifesta infondatezza della censura in esame sia sotto il profilo del
difetto di motivazione che della violazione di legge, anche in
riferimento al principio di diritto costantemente affermato da questa
Corte di legittimità secondo cui, in tema di reati di criminalità
organizzata, il riconoscimento della circostanza attenuante di cui
all’art. 8 D.L. n. 152 del 1991 non implica necessariamente, data la
diversità dei relativi presupposti, il riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche, le quali si fondano su una globale valutazione
della gravità del fatto e della capacità a delinquere del colpevole
(Cass.„ Sez. VI, 15/04/2010, n. 20145; Cass., Sez. I, 03/02/2006, n.
14527).
4. In conclusione la sentenza impugnata va annullata limitatamente
alla motivazione posta a sostegno della quantificazione del
beneficio sanzionatorio connesso la riconoscimento della speciale
attenuante di cui all’art. 8 L. 203/1991, con rinvio ad altra sezione
della Corte di assise di appello di Caltanissetta affinché, in piena
libertà di giudizio, determini il trattamento sanzionatorio a carico
dell’imputato applicando i principi di diritto innanzi esposti.
Al rigetto, ancorchè parziale, consegue la condanna altresì del
ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della parte
civile costituita.
P. T. M.

la Corte, annulla la sentenza impugnata limitatamente alla
determinazione della riduzione di pena per la diminuente di cui
all’art. 8 d.l. 152/1991 e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla
Corte di assise di appello di Qiitaffiesetta
,
. Rigetta nel resto il ricorso

4

e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel
grado dalla parte civile, liquidate in euro 3000,00 oltre accessori
come per legge.
Così deciso in Roma, addì 18 aprile 2013
Il cons. est.
Il Presidente

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