Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23510 del 08/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23510 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GAZZARA SANTI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BRIZZI NICOLA N. IL 27/03/1962
avverso la sentenza n. 364/2011 CORTE APPELLO) di TRENTO, del
17/10/2012
vistiatti, la sentenza e il ricorso
udita-in PUBBLICA UDIENZA del 08/05/2014 la relazione Fatta dal
Consigliere Dott. SANTI GAZZARA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito- Per la Parte cIvile. l’AVV
Udit i ditertsor Avv.

Data Udienza: 08/05/2014

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Trento, con sentenza del 31/5/2011, assolveva Nicola Brizzi
dal reato di cui agli artt. 81 cod.pen., 2 d.L. 463/83, convertito in L.
638/83 e 22, co. 12, d.Lvo 286/98, perché nella sua qualità di legale

lavoratore extracomunitario privo di permesso di soggiorno ed ometteva
di versare all’INPS le ritenute previdenziali operate sulla retribuzione di
detto lavoratore.
La Corte di Appello di Trento, chiamata a pronunciarsi sull’appello
interposto dal Procuratore Generale, sede, con sentenza del 17/10/2012,
in riforma della impugnata pronuncia, ha dichiarato l’imputato colpevole
dei reati ad esso ascritti e lo ha condannato alla pena di mesi 1, giorni 15
di reclusione ed euro 400,00 di multa.
Propone ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, con i seguenti
motivi:
-ha errato la Corte territoriale nel ritenere concretizzato il reato ex art.
22, d.Lvo 286/98, in difetto di prova certa sulla consapevolezza del Brizzi
della attività lavorativa prestata in cantiere da un extracomunitario senza
permesso di soggiorno, peraltro, svolgendo sul punto una non compiuta
argomentazione giustificativa ad invalidare la tesi sostenuta dal Tribunale;
-insussistenza del presupposto per la integrazione del reato contestato,
non essendo stata accertata la irregolarità del lavoratore straniero sul
territorio dello Stato;
-omessa motivazione in relazione alla mancata concessione del beneficio
ex art. 163 cod.pen.;
-ingiustificato diniego delle attenuanti generiche e della sostituzione della
pena detentiva in quella pecuniaria;

responsabile della omonima ditta assumeva alle proprie dipendenze un

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per quanto di ragione.
Va rilevato che la Corte distrettuale nel riformare il giudizio reso dal

quella ritenuta dal primo giudicante, senza, però, evidenziare gli errori
commessi dal giudice impugnato.
Orbene, in tema di motivazione della sentenza, il giudice del gravame che
riformi totalmente la decisione assoggettata ad appello ha l’obbligo di
delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento e di
confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della
prima sentenza, dando conto delle ragioni della ritenuta incompletezza o
incoerenza, tali da giustificarne la riforma (ex multis Cass. S.U. 20/9/2005,
n 3748).
Peraltro, la Corte distrettuale, nel ribaltare il decisum di prime cure, ha
dato una opposta lettura al medesimo compendio probatorio, esaminato
dal Tribunale. Va sul punto richiamato il principio affermato dalla
giurisprudenza di questa Corte in ordine alle condizioni che consentono in
sede di appello di pronunciare per la prima volta la condanna
dell’imputato, questo sotto due profili: innanzitutto per esservi due
valJtazioni giurisdizionali assolutamente difformi del medesimo materiale
probatorio e, poi, perché il soggetto condannato per la prima volta in
sece di appello, di fatto si vede privato della possibilità di una
impugnazione di merito, quale spetta a colui che è stato condannato in
primo grado; difatti in tale modo il primo non può fare valere gli errori
della decisione che non rientrino nell’ambito dei vizi di legittimità.
Du ique, il giudice di appello che riformi la decisione assolutoria gravata,
no m deve soltanto effettuare una logica ricostruzione dei fatti e darne
adeguatamente conto in motivazione, ma è tenuto a confrontarsi in

Tribunale si è limitata a rappresentare una realtà fattuale diversa da

modo quanto mai esplicito con la prima pronuncia e rilevare se la diversa
conclusione a cui è pervenuto sia conseguenza di una valutazione
alternativa delle medesime risultanze istruttorie o, invece, di specifici
errori, logici o fattuali, commessi dal giudice impugnato.
Nel primo caso, infatti, pur se la decisione in sede di appello dovesse

assolutoria non sia di per sé illogica ma solo alternativa, dovrà ritenersi
sussistere un ragionevole dubbio che non può che risolversi in favore
dell’imputato. Nel secondo caso, di contro, dovranno essere individuati i
punti che rendono insostenibile la decisione di primo grado, per errore di
valutazione della prova o per snodi illogici del ragionamento, per
omissione di valutazione di elementi fondamentali, quali prove non
considerate o erroneamente ritenute inutilizzabili: in questo caso, difatti,
la lettura proposta dalla sentenza di condanna, a seguito di appello, dovrà
essere l’unica decisione possibile, alle date condizioni ( Cass. 10/10/2012,
n. 1266; Cass. 12/4/2013, n. 16566).
Questo è, quindi, il criterio che necessariamente dovevano seguire i
giudici del gravame nel decidere e motivare la condanna del Brizzi.
Vi è anche un ulteriore fondamentale aspetto da considerare, nel caso di
specie, con riferimento alla utilizzazione da parte della Corte distrettuale
di una prova orale ( deposizione di Aga Drim ), assunta dal Tribunale, sulla
quale la predetta Corte non ha effettuato un apprezzamento diretto nel
suo formarsi, valutandola solo attraverso i verbali di trascrizione.
Orbene sul punto va richiamato il principio dettato dall’art. 6/1 della
Cedu, così come interpretato dalla giurisprudenza comunitaria: se una
Corte di Appello è chiamata ad esaminare un caso in fatto ed in diritto e a
compiere una valutazione completa della questione della colpevolezza o
dell’innocenza dei ricorrente, essa non può, per una questione di equo
processo, determinare correttamente tali questioni senza una valutazione

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apparire convincente, laddove non si possa affermare che la sentenza

diretta delle prove ( Popovici c. Moldavia, n. 289/04 e 41194/04;
Costantinescu c. Romania, n. 28871/95; Barrios c. Spagna, n. 17122/07).
Conseguentemente il giudicante avrebbe dovuto rinnovare l’istruttoria
dibattimentale, per assumere in contraddittorio i testi in primo grado
escussi, sulla cui deposizione ha espresso una diversa, opposta

Non possono trovare ingresso le censure attinenti al diniego della
sospensione condizionale della pena e delle attenuanti generiche, nonché
alla mancata conversione della pena detentiva in pecuniaria, in quanto
detti benefici non risultano essere stati invocati in sede di merito, di tal
chè nessuna doglianza sul punto può essere sollevata in questa sede.
Questo Collegio, quindi, ritiene di dovere annullare con rinvio l’impugnata
pronuncia, affinchè il giudice ad quem proceda a nuovo esame in
dipendenza delle osservazioni svolte e dei principi, ut supra, richiamati.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio
alla Corte di Appello di Bolzano.
Così deciso in Roma 1’8/5/2014.

valutazione, da quella compiuta dal Tribunale.

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