Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 235 del 30/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 235 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALOUI ZOUHAIER BEN BECHIR N. IL 24/05/1971
avverso la sentenza n. 964/2012 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE
di BERGAMO, del 24/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

4

Data Udienza: 30/09/2013

Ritenuto in fatto e in diritto

Con sentenza resa il giorno 24.10.2012, ai sensi dell’art. 444 cod.proc.pen.
il gip del Tribunale di Bergamo, applicava ad ALOUI Zouhaier Ben Bechir, imputato
del reato di cui agli artt. 56-575 cod.pen, ai danni di Cortes Cabeza Juan Rodrigo,
in Bergamo il 26.1.2012, la pena concordata tra le parti di anni tre e mesi sei di
reclusione. Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato pel

sensi dell’art. 129 cod.proc. pen.

Il ricorso è manifestamente infondato.
Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un
meccanismo processuale, in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si
accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza
di circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato che
non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art.
129 c.p.p. Ne consegue che – una volta ottenuta l’applicazione di una determinata
pena art. 444 c.p.p., – l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o
soggettivi della fattispecie, perché essi sono coperti dal patteggiamento.
Tanto premesso, il Collegio osserva che i motivi di ricorso appaiono privi di
specificità e comunque manifestamente infondati, atteso che il giudice,
nell’applicare la pena concordata, si è da un lato, adeguato a quanto contenuto
nell’accordo intervenuto fra le parti e dall’altro, ha specificatamente escluso la
sussistenza dei presupposti di cui all’art.129 c.p.p, richiamando la confessione
dell’imputato.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente
adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
giurisprudenza di legittimità (si vedano tra le altre, Cass. SS.UU. 27 marzo 1992,
Di Benedetto; SS.UU. 27 settembre 1995, Serafino; SS.UU. 25 novembre 1998,
Messina).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della
cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro
millecinquecento, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen.

I

d

tramite del difensore, deducendo difetto di motivazione, quanto all’assoluzione ai

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro millecinquecento in favore
della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, 30 Settembre 2013.

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