Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 235 del 15/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 235 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) BOTTIGLIERI GIAMBATTISTA N. IL 30/09/1966
2) BORRIONE ARTURO N. IL 21/07/1943
avverso la sentenza n. 278/2007 CORTE APPELLO di GENOVA, del
18/01/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per ) I , j
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,

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Ute

Data Udienza: 15/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Genova, con sentenza del 18 gennaio 2011, ha
confermato, quanto alla responsabilità, la sentenza del Tribunale di Genova del
13 giugno 2006, nei confronti di Bottiglieri Gianbattista e Borrione Arturo
condannati per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale aggravata

irrogata in prime cure a cagione dell’esclusione delle concesse circostanze
generiche.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Bottiglieri,
a mezzo del proprio difensore, il quale lamenta quale unico motivo l’eccessività
dell’aumento di pena pari al massimo di legge di cui all’aggravante dell’articolo
219 coma 1 L.Fall.
3. Ha proposto ricorso per cassazione anche il Borrione, a mezzo del
proprio difensore, lamentando:
a)

una violazione di legge in ordine al mancato accoglimento

dell’eccezione d’inammissibilità della costituzione di parte civile;
b)

una motivazione illogica in merito all’affermazione della penale

responsabilità per l’ascritto reato;
c) una motivazione illogica in merito all’accoglimento dell’appello del P.M.
circa la revoca delle circostanze generiche concesse in prime cure.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi non meritano accoglimento.
2. Quanto al ricorso Bottiglieri si osserva come l’aumento fino alla metà
della pena base, previsto dall’applicata aggravante di cui all’articolo 219 L.Fall.
primo comma, sia stato correttamente effettuato (pena base anni tre, pari al
minimo edittale dell’articolo 216 comma 1 n. 2 L.Fall., più anni uno e mesi sei
pari alla metà) e logicamente motivato, per cui non essendoci violazione dei
limiti legali sanzionatori non si può richiedere a questa Corte di legittimità di
entrare nella valutazione delle circostanze di fatto o soggettive che attengono
alla valutazione discrezionale del Giudice di merito se congruamente motivate.
3. Quanto al primo motivo del ricorso Borrione esso rimprovera alla
impugnata sentenza di non aver considerato che l’atto di costituzione di parte
civile fosse viziato per non aver indicato la causa petendi.

1

mentre in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero ha aggravato la pena

Orbene, tale eccezione è stata respinta dal Giudice d’appello sul rilievo
che, in realtà, l’atto costitutivo delle parti civili si presentasse già ab origine
rispettoso delle formalità essenziali che enucleano i requisiti dell’atto, ai sensi
dell’articolo 76 cod.proc.pen.: risultando, infatti, evidenziabile la causa petendi
con riferimento al reato di bancarotta come contestato agli imputati e non
essendo, poi, richiesto il requisito della immediata quantificazione del danno.
Trattasi di motivazione assolutamente in linea con i principi in materia
l’esposizione delle ragioni che giustificano la domanda deve servire soltanto ad
individuare la pretesa fatta valere in giudizio e non già ad enucleare le ragioni
atte a determinarne l’accoglimento, ritiene che l’impegno argomentativo
necessario a giustificare l’esercizio dell’azione civile nel processo penale dipenda
dalla natura delle imputazioni, di tal che deve configurare il requisito previsto
all’articolo 78 cod.proc.pen., lett. d) il mero richiamo al capo di imputazione
descrittivo del fatto allorché il rapporto fra i fatti lamentati e la pretesa azionata
sia immediato, come appunto nel caso di specie (v. Cass. Sez. V 13 dicembre
2006 n. 544).
4. Quanto al secondo motivo, giova premettere, in punto di diritto, come
ribadito costantemente da questa Corte (v. a partire da Sez. VI 15 marzo 2006
n. 10951 fino di recente a Sez. V 6 ottobre 2009 n. 44914), pur dopo la nuova
formulazione del suddetto articolo 606 cod.proc.pen., lett. e), novellato dalla L.
20 febbraio 2006, n. 46, articolo 8, che il sindacato del Giudice di legittimità sul
discorso giustificativo del provvedimento impugnato debba essere volto a
verificare che la motivazione della pronunzia:
a) sia “effettiva” e non meramente apparente, ossia realmente idonea a
rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione
adottata;
b) non sia “manifestamente illogica”, in quanto risulti sorretta, nei suoi
punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori
nell’applicazione delle regole della logica;
c) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da
insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche
tra le affermazioni in essa contenute;
d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo”
(indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno
del ricorso per Cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente
inficiata sotto il profilo logico.
2

dettati da gran tempo da questa Corte, che, muovendo dalla considerazione che

Al Giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla
motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal Giudice di
merito, perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa.
Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell’ennesimo
dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei
provvedimenti adottati dai Giudici di merito rispetti sempre uno standard di
intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico
seguito dal Giudice per giungere alla decisione.
Nella specie, questa volta in fatto e nei limiti del presente giudizio di
legittimità di cui dianzi si è detto, deve osservarsi come l’impugnata sentenza
abbia logicamente motivato come all’odierno ricorrente debba essere
concretamente ascritto il delitto accertato in prime cure, sulla base delle
deposizioni testimoniali Califfi e Ranghi e delle ulteriori risultanze processuali (v.
pagine 10-12 della motivazione).
5. L’avvenuta revoca della concessione delle attenuanti generiche su
espressa impugnazione del Pubblico Ministero, di cui al terzo motivo di ricorso, è
stata correttamente e logicamente motivata dalla gravità dei fatti, dall’entità del
danno cagionato e dai precedenti penali, per cui anch’essa sfugge a qualsiasi
sindacato di legittimità.
6. I ricorsi devono, in conclusione, essere rigettati con la condanna di
ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.T.M.
La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 15/11/2012.

Giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale

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