Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23497 del 17/04/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23497 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Lobina Antonio, n. a San Vito il 08/05/1952;

avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari in data 11/11/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale F. Baldi, che ha concluso per l’inammissibilità;
udite le conclusioni del Difensore di fiducia, Avv. Macciotta, che ha chiesto
l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Lobina Antonio ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello
di Cagliari di conferma della sentenza del Tribunale di Cagliari per il reato di cui
all’art. 256, comma 1, lett. b), del d. Igs. n. 152 del 2006 per avere posto in
essere una messa in riserva di rifiuti per sottoporli ad operazioni senza la
prescritta autorizzazione regionale.

Data Udienza: 17/04/2014

2. Con un primo motivo lamenta la violazione degli artt. 192, 533 e 546 c.p.p.
deducendo la mancata acquisizione della prova certa della responsabilità giacché
si verserebbe in ipotesi di deposito temporaneo dovendo inoltre considerarsi che
dall’istruzione dibattimentale è emerso che dopo le date del 24 aprile 2007 e del
16 maggio 2007 non sarebbero più intercorsi smaltimenti, sicché, tenuto conto
anche della data di accertamento del 7 aprile 2008, e della quantità pari a

era stato trasgredito al momento dell’accertamento. Contesta la mancata
disamina della duplicità di ricostruzioni alternative dello stesso fatto a fronte
dell’intervallo indeterminato creatasi tra il 16 maggio 2007 e il 7 aprile 2008
nonché la avvenuta valorizzazione indiziaria del fatto dell’assenza dei ritiri di
rifiuti da parte della E.c.o.e. per quasi un anno, tenuto conto della unicità del
genere di lavorazione che prevede l’utilizzo del medesimo olio per la
lubrificazione del motore e dei componenti prodotti in un unico ciclo; in definitiva
i rifiuti, da tenore della contestazione, erano certamente giacenti da meno di un
anno e le quantità di olii dismesse periodicamente erano assai variabili e
dipendenti dalla rilevata singolarità del ciclo produttivo.

3. Con un secondo motivo lamenta la violazione degli artt. 157,160 e 161 c.p.
deducendo la intervenuta prescrizione decorrente da una data imprecisata
collocabile nell’intervallo tra la data dell’ultimo smaltimento, certificato il 16
maggio 2007, e la data di rinvenimento degli olii sul piazzale il 7 aprile 2008
mentre la Corte non ha ritenuto di specificare l’ultimo atto da cui sarebbe
decorso il termine prescrizionale in relazione ad un reato che è istantaneo ad
effetti permanenti, e dovendo sempre privilegiarsi, tra le date possibili, quella più
favorevole all’imputato; in definitiva, il reato si sarebbe già prescritto alla data di
trattazione del processo in grado d’appello dell’Il novembre 2013.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Va ricordato che in tema di rifiuti, al fine di qualificare il deposito come
temporaneo, il produttore può alternativamente e facoltativamente scegliere di
adeguarsi al criterio quantitativo o a quello temporale, ovvero può conservare i
rifiuti per tre mesi in qualsiasi quantità, oppure conservarli per un anno purché
essi non raggiungano, anche con riferimento ai rifiuti pericolosi, í limiti
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26.000 litri, il termine annuale previsto per avviare i rifiuti a smaltimento non

volumetrici previsti dall’art. 183, lett. bb ), del d. Igs. 03/04/2006 n. 152 (cfr., tra
le tante, Sez. 3, n. 38046 del 27/06/2013, Speranza, Rv. 256434); sicché
l’inosservanza anche di una sola delle condizioni imposte per il deposito
temporaneo trasforma l’attività oggetto del deposito in illecita gestione dei rifiuti
o in abbandono di rifiuti.
Nella specie, la Corte territoriale ha escluso la possibilità di inquadrare la

ragione della mancata prova, da parte del produttore dei rifiuti, dei requisiti di
legge giacché neppure il tecnico Zanchetta ha fornito i necessari elementi di fatto
temporali e quantitativi al riguardo; in secondo luogo ha evidenziato che il
quantitativo di rifiuti oleosi era assolutamente esorbitante e addirittura superiore
a quello dei rifiuti conferiti complessivamente nei due anni precedenti, dovendo
dunque ritenersi irragionevole che un quantitativo di più di 26.000 chilogrammi
fosse stato ammassato nel piazzale della Pressteck solo negli ultimi tre mesi
soprattutto laddove risultava dai registri che era cura della società avviare allo
smaltimento periodico quantitativi incomparabilmente inferiori di olii esausti; ha
aggiunto che l’ultima operazione di conferimento alla E.c.o.e. (impresa incaricata
dello smaltimento) del 16/05/2007 aveva riguardato appena 1.000 kg.
complessivi di olii mentre il mese precedente ne erano stati conferiti 6.500;
infine ha sottolineato l’obiettiva stranezza dell’assenza di ritiri da parte della
stessa E.c.o.e. per quasi un anno; di qui, dunque, la conclusione per cui un
quantitativo ben superiore a 10 metri cubi, quale limite massimo per il deposito
ultratrimestrale dei rifiuti pericolosi, dovesse ritenersi essere stato giacente nel
piazzale da più di tre mesi senza che la società si fosse adoperata per ottenerne
il ritiro tempestivo.
Ora, anche a voler prescindere dalla considerazione che, come più volte
affermato da questa Corte, l’onere della prova in ordine alla sussistenza delle
condizioni fissate dalla legge per la liceità del deposito temporaneo grava sul
produttore dei rifiuti in considerazione della natura eccezionale e derogatoria del
deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria (cfr., tra le altre, Sez. 3, n.
15610 del 03/03/2010, Abbatino,

non massimata;

Sez. 3, n. 21587 del

17/03/2004, Marucci, non massimata), alle argomentazioni, del tutto logiche e
corrette quanto alla valutazione degli elementi indiziari acquisiti e alla
conclusione tratta dai giudici di appello, il ricorrente ha contrapposto, sulla base
degli stessi elementi, una diversa ed alternativa lettura sostenendo che dal fatto
che le quantità ritirate erano variate da 6.500 chilogrammi (aprile 2007) a 1.000
chilogrammi (maggio 2007) non poteva trarsi alcuna regolarità di consumo di

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condotta all’interno della fattispecie di deposito temporaneo in primo luogo in

olio che legittimi la presunzione di giacenza di più di tre mesi dell’intero
quantitativo rilevato in 26.000 chilogrammi.
Va tuttavia rammentato che alla Corte di cassazione è preclusa la possibilità non
solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella
compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della
pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato

dall’esterno (Sez. U., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260); resta dunque
esclusa, pur dopo la modifica dell’art. 606, lett. e), c.p.p., la possibilità di una
nuova valutazione delle risultanze da contrapporre a quella effettuata dal giudice
di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, e di pari
plausibilità, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un
diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova (Sez. 2, n. 7380
dell’11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
In definitiva, richiedendosi, da parte del ricorrente una rinnovata ponderazione
del materiale probatorio, alternativa a quella operata dalla Corte d’Appello, ed
introducendosi problematiche che esulano dai limiti cognitivi del giudizio di
legittimità, il motivo è inammissibile.

5. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Risulta dalla sentenza impugnata, non contestata sul punto dal ricorrente, che il
sequestro dei rifiuti è intervenuto in data 07/04/2008 sicché, considerata la
permanenza in fatto sino a tale data della condotta contestata in ragione della
natura permanente del reato di deposito incontrollato che perdura sino allo
smaltimento o al recupero (cfr. Sez. 3, n. 25216 del 26/05/2011, Caggiano, Rv.
250969), il reato si è prescritto in data 31/01/2014, considerato il termine di
anni cinque prolungato di ulteriori giorni 299 in forza delle sospensioni
intervenute pere effetto, segnatamente, del rinvio, in udienza preliminare, dal
01/06/2010 al 29/06/2010 per legittimo impedimento del difensore; del rinvio
dal 29/09/2011 al 24/11/2011 per legittimo impedimento del difensore; del
rinvio dal 31/05/2012 al 19/07/2012 per richiesta del difensore e del rinvio dal
29/05/2013 al 11/11/2013 per adesione del difensore all’astensione dalle
udienze.
Sicché, essendo la prescrizione intervenuta solo successivamente alla data di
pronuncia della sentenza impugnata e non in precedenza, il motivo è
manifestamente infondato e pertanto inammissibile.
Né della causa di estinzione, comunque determinatasi, può tenersi conto in
questa sede, attesa l’inammissibilità del ricorso : infatti, l’inammissibilità del
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argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati

ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di
impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause
di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. (Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, De
Luca, Rv. 217266).

6. L’inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle

ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il 17 aprile 2014

Il Presidente

spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle

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