Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23493 del 16/04/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23493 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Trinchero Fabrizio, n. a Torino il 14/03/1977;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino in data 14/03/1977;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale G. Romano, che ha concluso per il rigetto;

RITENUTO IN FATTO

1. Trinchero Fabrizio propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della
Corte d’Appello di Torino con cui è stata confermata la sentenza di condanna per
il reato di cui all’art. 10 ter del d. Igs. n. 74 del 2000 per avere omesso di
versare, quale legale rappresentante della Union plast, l’imposta sul valore
aggiunto per il periodo di imposta 2005.

Data Udienza: 16/04/2014

e
2. Con un primo motivo deduce la nullità della sentenza per avere la Corte
territoriale ritenuto la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 10 ter cit. in relazione all’art. 3 Cost. con riguardo al fatto
che il debitore di Iva per l’anno 2005 verrebbe a disporre, al fine di eseguire il
versamento, di un termine minore di quello accordato per gli anni successivi
giacché solo nel mese di luglio 2006 sarebbe divenuta conoscibile, per il
ricorrente, la soglia di rilevanza penale del fatto, quando la Union Plast aveva già

scelte aziendali tenendo conto dell’ordine di priorità dei versamenti alla luce del
quadro normativo di riferimento esistente nell’anno 2005 che prevedeva l’obbligo
di versamento senza accordare alcuna sanzione penale alla omissione di tale
violazione tributaria.

3. Con un secondo motivo deduce la nullità della sentenza per inosservanza o
erronea applicazione dell’art.2 c.p. stante la violazione del principio di
irretroattività della norma penale essendo il reato stato introdotto con d.l. n. 233
del 2006 mentre il fatto ascritto ha riguardato l’omesso versamento degli acconti
Iva a debito da pagare nelle scadenze trimestrali dell’anno 2005 stabilite dalla
normativa tributaria essendosi la condotta omissiva antidoverosa esaurita in una
fase precedente all’entrata in vigore della nuova norma in un momento in cui il
comportamento omissivo risultava dotato di un disvalore meramente
amministrativo; la ricorrente solo nel mese di agosto 2006 veniva a conoscenza
della entrata in vigore della previsione incriminatrice in discorso e sempre solo in
tale mese scopriva di avere tempo soltanto fino al 27 dicembre 2006 per
stravolgere le proprie e datate scelte, le proprie decisioni, e, più in generale, i
propri programmi aziendali.

4. Con un terzo motivo deduce infine la nullità della sentenza per inosservanza
od erronea applicazione dell’art. 10 ter del d. Igs. n. 74 del 2000 e degli artt.
5,43 e 47 c.p.; in particolare la condotta addebitata dovrebbe ritenersi non
punibile in quanto non illuminata dal dolo o, in ogni caso, determinata
dall’ignoranza scusabile ed inevitabile della legge penale o, quanto meno, da
obiettive condizioni di incertezza circa la portata e l’ambito di applicazione della
nuova norma. Infatti il soggetto qualificato non ha potuto orientare il proprio
comportamento in maniera conforme al diritto a fronte dell’entrata in vigore della
normativa incriminatrice non già nel gennaio 2005 bensì nell’agosto 2006,
ovvero pochi mesi prima della scadenza del termine del 27 dicembre 2006
previsto per il versamento dell’Iva; e nessuna indicazione giurisprudenziale

maturato Iva in un dato importo e sino ad allora aveva improntato le proprie

risultava in allora esistente e tale da supportare una propria scelta, essendo in
particolare l’ordinanza della Corte costituzionale di infondatezza della questione
stata pronunciata nel luglio 2011, la circolare chiarificatrice dell’agenzia delle
entrate adottata subito dopo, e la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Premesso che alla data della odierna decisione non è ancora cessata, ex art.
136 Cost., l’efficacia dell’art. 10 ter cit. come dichiarato costituzionalmente
illegittimo dalla sentenza della Corte cost. n. 80 del 2014 relativamente ad
importi, come quello di specie, non superiori, per periodo di imposta, ad euro
103.291,38, il ricorso è inammissibile.
Tutti i profili sollevati con i tre motivi di ricorso sono stati già affrontati e risolti
dalla sentenza di questa Corte a Sezioni Unite, pronunciata e pubblicata ancor
prima della data della sentenza impugnata, che infatti vi ha fatto espresso
riferimento (Sez. U., n. 37424 del 28/03/2013, Romano, Rv. 255758).
Detta pronuncia ha infatti statuito, risolvendo il contrasto che in effetti era
venuto formandosi in precedenza sul punto, che il reato di cui all’art. 10 ter del
d. Igs. n. 74 del 2000, entrato in vigore il 4 luglio 2006, che punisce il mancato
versamento dell’Iva dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine
per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo, è
applicabile anche alle omissioni dei versamenti relativi all’anno 2005, senza che
ciò comporti violazione del principio di irretroattività della norma penale.
Ricostruito il rapporto fra l’illecito amministrativo di cui all’art. 13, comma 1,
d.lgs. n. 471 del 1997 e l’illecito penale in oggetto come introdotto dall’art.35,
comma 7, del d.l. n. 223 del 2006, la Corte ha rilevato che i fatti oggetto di
sanzione sono diversi sotto molteplici profili : mentre l’illecito penale richiede,
quale presupposto, l’avvenuta presentazione della dichiarazione annuale Iva, ciò
non è necessario per l’integrazione dell’illecito amministrativo; inoltre, solo
l’illecito penale prevede una soglia di rilevanza, al di sotto della quale il fatto non
integra la fattispecie; infine, diverso è il termine per effettuare il versamento, la
cui inosservanza determina l’integrazione dell’illecito, che viene a cadere per il
reato di omesso versamento dell’Iva molti mesi dopo il termine previsto per i
versamenti periodici presidiati dalla sanzione amministrativa.
A tale diversità del fatto consegue, dunque, da un lato, che la concorrente
applicazione di entrambi gli illeciti non possa porsi in contrasto col principio del ne
3

cassazione, citata dalla Corte territoriale, intervenuta nel marzo 2013.

bis in idem in materia penale e dall’altro, l’esclusione, ove la nuova norma
incriminatrice sia applicata al fatto omissivo del versamento dell’Iva del 2005, di
qualsivoglia violazione del principio del divieto di retroattività della norma
penale; in particolare, si è detto che, se è vero che, al momento della scadenza
del “termine fiscale” per il versamento periodico dei debiti Iva relativi al 2005, il
relativo reato non era ancora stato introdotto, è però altrettanto vero che la
condotta penalmente rilevante non è l’omesso versamento dell’Iva nel termine

dichiarazione annuale nel maggior termine stabilito dalla norma incriminatrice e
coincidente col termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di
imposta successivo.
Di qui la conclusione secondo cui il soggetto che aveva omesso il versamento
dell’Iva per il 2005 nel termine previsto per la normativa tributaria avrebbe
avuto ancora, fino al 27 dicembre del 2006, la possibilità di assumere le proprie
determinazioni in ordine all’effettuazione di un versamento che, in relazione al
quantum di Iva mantenesse l’omissione non oltre la soglia di punibilità. La
decisione di non provvedere in tal senso, come tale integrativa del reato, deve
dunque, secondo la Corte, essere collocata in un momento ampiamente
successivo alla introduzione della nuova fattispecie incriminatrice, alla quale non
può, pertanto, attribuirsi alcun effetto retroattivo, ciò trovando indiretta
conferma anche nelle ordinanze della Corte costituzionale n. 224 del 2011 e 25
del 2012 con cui è stata dichiarata manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale, sollevata in relazione all’art. 3 Cost., dell’art.
10 ter d.lgs. 74 del 2000, limitatamente alle omissioni relative all’anno 2005,
ritenendosi non lesivo del parametro costituzionale evocato il fatto che il debitore
IVA per l’anno 2005 disponesse di un termine minore, dall’introduzione della
norma, a luglio 2006, al 27 dicembre 2006, di quello accordato ai contribuenti
per gli anni successivi.
Va aggiunto, proprio con precipuo riguardo al primo motivo di ricorso, che, come
sottolineato già dalla Corte costituzionale, per un verso, il termine di oltre cinque
mesi e mezzo riconosciuto al contribuente per il periodo di imposta in oggetto (in
luogo dei quasi dodici mesi “ordinari”), non può ritenersi intrinsecamente
incongruo, ossia talmente breve da pregiudicare o da rappresentare, di per sé,
un serio ostacolo all’adempimento; per altro verso, secondo la costante
giurisprudenza costituzionale, non contrasta, di per sé, con il principio di
eguaglianza un trattamento differenziato applicato alla stessa categoria di
soggetti, ma in momenti diversi nel tempo, poiché il fluire del tempo costituisce
un valido elemento di diversificazione delle situazioni giuridiche.
4

previsto dalla normativa tributaria ma il mancato versamento sulla base della

Quanto al profilo dell’elemento soggettivo, specificamente sollevato con il terzo
motivo, la già citata decisione delle Sezioni Unite di questa Corte ha specificato
che la colpevolezza deve ritenersi esclusa solo nel caso in cui l’omissione del
versamento nella misura prevista al momento della scadenza del termine
annuale abbia rinvenuto la sua ragione esclusiva e non più ovviabile in un
comportamento colpevole interamente posto in essere prima dell’introduzione
della norma penale, allorquando le conoscibili e prevedibili conseguenze di esso

Nessun elemento in tal senso risulta però invocato in ricorso.

6. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2014

Il Cons* lier

st.

consistevano solo in una sanzione amministrativa.

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