Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23484 del 07/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23484 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Petroni Domenico, nata a Canosa di Puglia il 09/09/1971
avverso la sentenza del 10/04/2013 della Corte di appello di Milano
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio
Baldi, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato

Data Udienza: 07/03/2014

RITENUTO IN FATTO

.

1. E’ impugnata la sentenza in epigrafe con la quale la Corte di appello di
Milano ha confermato la decisione emessa dal Tribunale della medesima città che
aveva condannato Domenico Petroni alla pena di mesi quattro e giorni venti di
reclusione per i reati, unificati dal vincolo della continuazione, di cui all’art. 256
d. Igs. 3 aprile 2006, n. 152 (capi a e b della rubrica) nonché art. 349 cpv. cod.
pen. (capo e della rubrica) perché accedeva, in violazione dei sigilli posizionati,

rifiuti non pericolosi, in loco depositati e sottoposti a sequestro preventivo, per
prelevarvi campioni di terreno da sottoporre ad analisi ed il fatto commettendo in
Milano il 24 febbraio 2009.

2. Per la cassazione dell’impugnata sentenza ricorre, per mezzo del proprio
difensore, Domenico Petroni affidando il gravame a quattro motivi, deducendo:
1) erronea applicazione della legge penale ex art.606, comma 1, lett. b) e c)
cod. proc. pen. in relazione all’art. 349 cod. pen. per non aver considerato il
vero oggetto della tutela penale approntata dalla detta norma né
conseguentemente la mancata integrazione del fatto tipico del reato;
2) erronea e mancata applicazione della legge penale ex art. 606, comma 1,
lett. b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 51 cod. pen. nonché comunque agli
artt. 55 e 59 cod. pen. per non aver considerato scriminata o meramente
colposa la condotta dell’imputato;
3) mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione ex art. 606,
comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in relazione al giudizio sulla inattendibilità
delle dichiarazioni dell’imputato e di quelle dei testi della difesa;
4) erronea applicazione della legge penale ex art. . 606, comma 1, lett. b),
cod. proc. pen. in relazione all’articolo 533, cod. proc. pen. nella parte in cui
prevede che il giudice pronuncia sentenza di condanna se risulta colpevole al di
là di ogni ragionevole dubbio, o comunque mancanza, illogicità e
contraddittorietà della motivazione, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc.
pen. in ordine al mancato riconoscimento di ipotesi logiche alternative rispetto
all’accusa sempre con riferimento al detto disposto di cui alli art. 533, cod. proc.
pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

all’area di via Quarti n. 54 in Milano ed ai cumuli di terre da scavo, costituenti

2.

Va premesso come il ricorso, al pari dell’appello, sia diretto

esclusivamente verso il capo e) della rubrica ossia esclusivamente nei confronti
del reato di violazione di sigilli.
2.1. Va poi ricordato come la conforme dichiarazione di responsabilità da
parte dei Giudici del merito fondi sul rilievo che il Petroni, rinviato a giudizio
insieme ad altri soggetti separatamente giudicati, è stato ritenuto responsabile,
nella sua qualità di titolare della Scavi milanesi S.r.l., delle contravvenzioni di cui
all’articolo 256, comma 1, lett. a) e art. 256, comma 3, del decreto legislativo

agenti della polizia locale del Comune di Milano procedevano al sequestro
dell’area dove era stata scaricata la terra da scavo costituente rifiuto non
pericoloso, apponendovi i sigilli costituiti da nastro bianco e rosso con cartelli
indicanti che l’area di via Quarti n. 54 a Milano era sottoposta a sequestro.
Il ricorrente violò i predetti sigilli per prelevarvi campioni di terreno da
sottoporre ad analisi, il cui risultato egli stesso consegnò alla Polizia locale al fine
di dimostrare il regolare trasferimento di terra dall’impianto della ditta “Ecofly”,
che glielo aveva commissionato, al sito di via Quarti 54.
La prova della responsabilità è stata desunta anche in forza della
dichiarazione resa agli operanti il 27 marzo 2009 da tale Diego Spinelli
responsabile del trattamento dei rifiuti presso la società Ecofly, il quale aveva
riferito che anche Petroni aveva partecipato ai campionamenti eseguiti presso
l’area di via Quarti il 24 febbraio 2009 e cioè quando l’area risultava già
sottoposta a sequestro, dichiarazione che, secondo i Giudici del merito, non
aveva trovato idonea smentita nelle difformi dichiarazioni rese dai testi Vona e
Scotti in sede di investigazioni difensive i quali, peraltro, avevano confermato la
presenza del Petroni nelle vicinanze dell’area in sequestro il giorno dei fatti.

3. Osserva la Corte come fattispecie incriminatrice di cui all’art. 349 cod.
pen. sanzioni tanto le attività dirette ad alterare le modalità con le quali lo Stato
manifesta la propria volontà di provvedere alla speciale custodia di determinati
beni, quanto la manipolazione delle cose sottoposta a custodia.
3.1. La prevalente giurisprudenza di questa Corte è orientata nel ritenere
che l’oggetto giuridico del reato di cui all’art. 349 cod. pen. sia la tutela della
intangibilità della cosa che la pubblica amministrazione, intesa in senso lato,
vuole garantire contro ogni atto di disposizione o di manomissione,
indipendentemente dai fini o dai motivi particolari che ispirano il provvedimento
autoritativo, con la conseguenza che integra il reato anche il semplice uso della
cosa stessa.
Sotto tale specifico profilo è stato precisato che, nel delitto di violazione dei
sigilli previsto dall’art. 349 cod. pen., l’oggetto del reato va individuato nella

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152 del 2006 perché, in seguito all’accertamento di tali contravvenzioni, gli

tutela delle intangibilità della cosa rispetto ad ogni atto di disposizione o di
manomissione, dovendosi in questa ricomprendere anche la interdizione dell’uso
disposta dall’autorità, senza che rilevino le finalità o le ragioni del provvedimento
limitativo (Sez. 3, n. 6417 del 12/01/2007, Battello, Rv. 236178).
Costruito come reato di pericolo, la violazione di sigilli è reato istantaneo,
che si perfeziona con il solo fatto della rimozione, rottura, apertura, distruzione
dei sigilli, ovvero con la realizzazione di un qualsiasi comportamento idoneo a
rendere frustranea l’assicurazione della cosa mediante i sigilli, pur lasciando

Da ciò consegue la manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso in
quanto la condotta del ricorrente è perfettamente sussumile nel fatto tipico di cui
all’art. 349 cod. pen. ed è risultata, tenuto conto della natura dell’interesse
tutelato, concretamente offensiva.
3.2. Neppure la condotta può ritenersi scriminata dall’esercizio di un diritto
in quanto finalizzata al solo prelievo di campioni per l’esercizio di attività
difensive.
Il concetto di diritto, il cui esercizio scrimini, implica che il diritto stesso,
sebbene inteso in senso lato ossia come mera situazione giuridica attiva, sia
suscettibile di esercizio.
La qual cosa è esclusa allorquando per l’esercizio del diritto occorra, come
nella specie, richiedere un provvedimento autorizzativo, essendo l’autorizzazione
amministrativa principalmente diretta a rimuovere un limite legale all’esercizio di
un diritto che, sebbene riconosciuto dall’ordinamento in capo al soggetto, non sia
da questi esercitabile senza la previa rimozione del limite che all’esercizio del
diritto legalmente si frappone.
Quanto poi all’allegazione dell’imputato circa l’erronea supposizione della
sussistenza di una causa di giustificazione ex art. 59 cod. pen (esercizio del
diritto), essa non può essere, come nella specie, genericamente affermata ma
deve basarsi su dati di fatto concreti, tali da giustificare l’erroneo convincimento
in capo all’imputato di trovarsi in tale stato.
Peraltro la norma di cui all’art. 349 cod. pen. richiede, per il perfezionarsi del
reato, il solo dolo generico, da individuarsi nella volontà di violare i sigilli, nella
consapevolezza della funzione giuridica degli stessi di assicurare la conservazione
o l’identità della cosa e questa Corte non ha mancato di affermare che, in tema
di violazione dei sigilli, l’elemento psicologico del reato è configurabile anche
nella forma del dolo eventuale, non rilevando l’eventuale buona fede dell’agente
cui incombe l’obbligo, nei casi dubbi, di interpellare il proprio difensore ovvero la
stessa autorità procedente (Sez. 3, n. 21918 del 07/03/2008, Vissicchio, Rv.
240033), conseguendo da ciò anche la manifesta infondatezza anche del
secondo motivo.
4

intatti i medesimi (Sez. 3, n. 13147 del 02/02/2005, Savarese, Rv. 231218).

3.3. Il terzo ed il quarto motivo di gravame possono essere congiuntamente
trattati essendo, da un lato, entrambi generici e dunque inammissibili e,
dall’altro, essendo stata l’affermazione di responsabilità fondata sul presupposto,
neppure contestato, della violazione dei sigilli, avendo la conforme valutazione
dei Giudici del merito (v. sub 2.1. del considerato in diritto) fatto leva su
argomentazioni congrue e logiche, tali da sottrarsi ictu °cui/ al denunciato vizio
di motivazione.
Alla manifesta infondatezza del ricorso, segue, come da pedissequo

quelle in favore della Cassa delle ammende, ravvisandosi profili di colpa nella
causa di determinazione dell’inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuale ed alla somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 07/03/2014

dispositivo, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed a

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