Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23463 del 14/03/2014


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 23463 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: RAMACCI LUCA

5-GteTC—KM
ORDINANZAr

sul ricorso proposto da:
X. SALVATORE N. IL 30/10/1955
avverso la sentenza n. 674/2013 CORTE APPELLO di BARI, del
28/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;

Data Udienza: 14/03/2014

P. Q. M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bari
limitatamente alla determinazione della pena. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Ritenuto:
— che la Corte di appello di Bari con sentenza del 28/6/2013 ha confermato la decisione del
17/3/2013 con la quale il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Trani aveva affermato la
penale responsabilità di X. Salvatore in ordine al reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309\90
(acc. in Canosa di Puglia, il 22/9/2012);
— che l’interessato, nel proporre ricorso per cassazione, lamenta il vizio di motivazione in punto di
determinazione della pena anche in ragione della mancata applicazione delle attenuanti generiche
nella massima estensione;
— che il giudice di merito ha valorizzato la gravità della condotta e la pregressa recente condanna
per fatti analoghi;
— che il giudice, nel quantificare la pena, opera una valutazione complessiva sulla base dei criteri
direttivi fissati dall’articolo 133 C.P. e la determinazione della misura tra il minimo e il massimo
edittale rientra nell’ampio potere discrezionale attribuito al giudice di merito che risulta
legittimamente esercitato anche attraverso la globale considerazione degli elementi indicati nella
richiamata disposizione (Sez. IV n.41702, 26 ottobre 2004);
— che, va tuttavia rilevato che la pena irrogata, avuto riguardo alla sentenza n. 32 del 2014 con la
quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter,
del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, determinando la applicabilità dell’art. 73 del d.P.R. n.
309 del 1990 nel testo anteriore alle modifiche apportate dalle norme dichiarate incostituzionali,
risulta illegale, atteso che la previsione sanzionatoria, reintrodotta per effetto della sentenza della
Corte costituzionale, stabilisce, per le sostanze stupefacenti di cui alle tabelle II e IV dell’art. 14 (tra
le quali rientra quella detenuta dal ricorrente) la pena della reclusione da due a sei anni, oltre la
multa da 5.146 a 77.468 euro (nella fattispecie il calcolo della pena è stato effettuato sulla base delle
sanzioni previste prima della declaratoria di incostituzionalità);
— che, limitatamente alla determinazione della pena, la sentenza deve essere annullata con rinvio,
dichiarando nel resto inammissibile il ricorso

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