Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23445 del 25/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 23445 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: CERVADORO MIRELLA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LOMBARDO SALVATORE N. IL 18/03/1976
avverso la sentenza n. 2883/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 24/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MIRELLA
CERVADORO;

Data Udienza: 25/02/2014

RG 34798/2013 Lombardo

Considerato che:
Il ricorrente chiede l’annullamento della sentenza in epigrafe, e deduce la carenza di motivazione in ordine alla
sussistenza del reato di ricettazione per difetto dell’elemento psicologico del reato, e alla qualificazione giuridica del fatto.
Lamenta altresì la mancata concessione dell’indulto, alla dosimetria della pena e alle attenuanti di cui agli artt.62 bis c.p. e
62 n.4 c.p. •
I motivi di ricorso ripropongono in modo del tutto generico le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal

argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di specificità, conducente, ai sensi dell’art.591, co.1 lett.c) c.p.p.,
nell’inammissibilità (Cass.Sez.IV n.5191/2000 Rv.216473).
Premesso che, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere
raggiunta anche sulla base dell’omessa – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale e’
sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede. (Cass. Sez. 2,
27.2.97, Savio, 207313), e che – in tal caso – la ricorrenza dell’elemento indicativo del dolo non viene affermata sulla base
della stigmatizzazione negativa della legittima scelta dell’imputato di tacere, ma sulla base del fatto oggettivo che lo stesso
non ha ritenuto di dare alcuna spiegazione in ordine alle circostanze e alle modalità nelle quali e con le quali ebbe ricevere
la cosa provento di delitto (Cass.Sez.II, n.35176/07; Sez.II, n.15757/03; Sez.II, n. 1176/03); rileva il Collegio che la Corte
territoriale, con motivazione congrua ed esente da evidenti vizi logici, ha illustrato le ragioni per le quali, sulla scorta delle
risultanze processuali, ha ritenuto la sussistenza del reato di ricettazione e la penale responsabilità del ricorrente per il reato
di ricettazione, in assenza di indicazioni credibili sulle modalità di conseguimento del possesso della borsa. Anche in
relazione alla pena e alla non concessione delle attenuanti invocate la sentenza è congruamente motivata in relazione ai
precedenti penali dell’imputato per gravi reati contro la persona e contro il patrimonio. Per quanto riguarda la doglianza
relativa all’indulto, rammenta il Collegio che la sede propria per l’applicazione del richiesto beneficio è quello
dell’esecuzione, e che il ricorso per cassazione awerso la mancata applicazione dell’indulto è ammissibile solo qualora il
giudice di merito abbia esplicitamente escluso detta applicazione, mentre nel caso in cui — come nella fattispecie – abbia
omesso di pronunciarsi, riservando la decisione in sede di esecuzione, deve essere adito il giudice dell’esecuzione (cfr.
Cass.Sez.V, Sentenza n. 43262 del 22/10/2009 Rv. 245106).
Il ricorso va dichiarato quindi inammissibile. Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
Euro 1000

ore della Cassa delle ammend
25.2.2014

DEPOSITATA]

IN CANCELLERIA

giudice del gravame, e pertanto sono da considerarsi non specifici per la mancanza di correlazione tra le ragioni

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