Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2342 del 08/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 2342 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
L’AQUILA
nei confronti di:
MONTECCHIA GENNARO N. IL 01/11/1960
DI PASQUALE GAETANO N. IL 12/11/1960
avverso la sentenza n. 108/2006 TRIB.SEZ.DIST. di ATRI, del
06/02/2007
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA VITELLI CASELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per A i

Data Udienza: 08/10/2013

Udito, per la parte civil , l’Avv

zt-

Ricorrenti Montecchia Gennaro e Di Pasquale Gaetano.

Ritenuto in fatto

Con sentenza in data 28 ottobre 2010, la Corte d’appello di L’Aquila, in riforma
della sentenza di assoluzione emessa il 6 febbraio 2007 dal Tribunale di Teramo
– Sezione staccata di Atri, appellata dal Procuratore Generale della Repubblica
presso la Corte d’appello di L’Aquila, dichiarò

MONTECCHIA Gennaro e DI

3° cod. pen. commesso in Morro d’Oro il 13 luglio 2004 in danno di Delle
Monache Maria,condannandoli alla pena ritenuta di giustizia, concesse ad
entrambi le attenuanti generiche. L’infortunata, in veste di dipendente della
s.n.c. ” Agriflor” ,di cui gli imputati erano entrambi soci amministratori, subì,
nell’occorso, lesioni personali gravi alla mano sinistra con prognosi di 207 giorni,
per avere gli imputati omesso, per colpa generica e per la specifica violazione
dell’art. 14, comma 12 d.P.R. n. 547 del 1955, di installare alla porta scorrevole
in metallo di un capannone serra, un sistema di sicurezza idoneo ad impedirne
l’uscita dai binari di scorrimento o comunque atto ad arrestarne la corsa. A
causa di tale omissione la parte offesa, nell’aprire la porta, si schiacciò la mano
tra la maniglia ed il montante metallico procurandosi le suddette fratture.
Hanno quindi ritenuto i Giudici di seconda istanza che l’infortunio fu causato dal
comportamento omissivo cosiccome contestato agli imputati, assumendo come
fatti del tutto irrilevanti che l’operaia non indossasse i guanti ovvero che avesse
spinto con eccessiva veemenza la porta per superare la resistenza costituita da
una scatola di cartone, frappostasi inopinatamente sulle guide sì da intralciarne
il regolare scorrimento. L’evento fu invero dovuto alla mancata installazione, per
colpa generica e specifica, del suddetto accorgimento, preordinato ad impedire il
concretizzarsi dello specifico rischio per l’incolumità dei lavoratori, anche in
presenza di condotte anomale od imprudenti degli stessi.
Propongono entrambi gli imputati ricorso cumulativo per cassazione a ministero
del medesimo difensore, deducendo, con il primo motivo,la violazione degli artt.
40 cpv.,43, 590 cod. pen., 2087 cod. civile e 14 d.P.R. n.547 del 1955. La Corte
distrettuale avrebbe errato nel ritenere integrati, nel caso concreto, gli estremi
della colpa specifica contestata, laddove, al contrario, la finalità cautelare della
prescrizione di dotare le porte scorrevoli di fine-corsa era preordinata non ad
evitare il tipo di incidente occorso alla dipendente, ma ad impedirne il
ribaltamento e la caduta: rischi entrambi già scongiurati dall’osservanza
prestata alla citata, specifica disposizione dagli imputati che avevano fatto
installare due guide metalliche: una superiore ed una inferiore.

i

PASQUALE Gaetano colpevoli del delitto di cui agli artt. 40 cpv., 590 comma

Con la seconda censura, si dolgono gli imputati della violazione degli artt.163168 cod. pen. e di vizi motivazionali in ordine alla mancata applicazione della
sospensione condizionale della pena. La Corte d’appello, disattendendo il
disposto dell’art. 597, comma 5 0 cod.proc.pen.,avrebbe omesso di concedere
d’ufficio il beneficio della sospensione condizionale della pena, pur avendo
riconosciuto lo stato di incensuratezza degli imputati; ciò in conformità
all’insegnamento della Suprema Corte nel caso di specifico di riforma della

Considerato in diritto

Deve preliminarmente rilevarsi che il reato di lesioni colpose – contestato
agli imputati nella forma aggravata, di cui all’art. 590, comma 3 0 cod.pen.
e commesso in data 13 luglio 2004 – è, alla data odierna, estinto per il
definitivo compimento del termine massimo di prescrizione di anni sette e
mesi sei in applicazione vuoi della previgente disciplina dell’istituto come di
quella attualmente in vigore. Detto termine si è definitivamente compiuto in
data 13 gennaio 2012, in difetto di cause di sospensione del suo decorso.
Ex art. 129 cod. proc. pen. deve quindi farsi luogo a conforme declaratoria
di estinzione del reato per la sopravvenuta prescrizione. Né presenta il
ricorso cumulativo proposto dal difensore degli imputati profili di
inammissibilità a tanto ostativi (posto che una siffatta causa originaria di
inammissibilità precluderebbe la declaratoria di prescrizione ) come già
emerge dai motivi dedotti dai ricorrenti e riassunti in narrativa (cui si
rinvia) in relazione alle argomentazioni svolte dalla Corte d’Appello di
L’Aquila nell’impugnata sentenza, prospettandosi invero, con il primo
motivo di gravame, doglianze concernenti tematiche non solo relative a
vizi motivazionali ma anche a vizi di erronea interpretazione od
applicazione della legge penale, in relazione alla ritenuta sussistenza del
nesso eziologico ed ai profili di colpa contestati.
Né sussistono, peraltro, le condizioni di legge per la sussumibilità del caso
nella previsione dell’art. 129, 2° comma cod. proc. pen.
Il sindacato di legittimità ai fini dell’eventuale applicazione dell’art. 129,
secondo comma cod.proc. pen. resta invero circoscritto all’accertamento
della ricorrenza delle condizioni per addivenire ad una pronuncia di
proscioglimento nel merito con una delle formule prescritte: la conclusione
può essere favorevole al giudicabile solo se la prova dell’insussistenza del
fatto o dell’estraneità ad esso dell’imputato risulti, ictu °culi, evidente sulla
base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento
della sentenza impugnata, senza possibilità di nuove indagini ed ulteriori

2

sentenza di assoluzione di primo grado.

accertamenti che sarebbero incompatibili con il principio secondo cui
l’operatività della causa estintiva, determinando il congelamento della
situazione processuale esistente nel momento in cui è intervenuta, non può
essere ritardata. Qualora il contenuto complessivo della sentenza non
prospetti, nei limiti e con i caratteri richiesti dall’art. 129 cod. proc. pen.,
l’esistenza di una causa di non punibilità più favorevole all’imputato,
prevale l’esigenza della definizione immediata del processo. Secondo il
consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, nel caso in cui

nullità ( pur se di ordine generale) non è rilevabile nel giudizio di
cassazione,

“in quanto l’inevitabile rinvio al giudice di merito è

incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa
estintiva” (in tal senso, ex plurimis: S. U. n. 1021 / 2001; S. U. n.
35490/2009).
Come pure è precluso alla Corte di Cassazione un riesame dei fatti, agli
effetti penali, finalizzato ad un eventuale annullamento della decisione per
vizi attinenti alla sua motivazione (sia con riferimento alle valutazioni del
compendio probatorio, sia con riferimento al vaglio delle altre deduzioni).
Nella concreta fattispecie la Corte distrettuale, nel far luogo alla riforma
della pronunzia di assoluzione di primo grado in accoglimento
dell’impugnazione proposta dal Procuratore Generale, ha invero ritenuto di
affermare,con motivazione incensurabile, la penale responsabilità di
entrambi gli imputati rimarcando la sussistenza sia del nesso di causalità
sia delle omissioni genericamente e specificamente colpose,loro ascritte,
sulla base delle argomentazioni succintamente richiamate in parte
narrativa, cui si fa rinvio.
Deve ritenersi da ultimo che, posto quanto fin qui osservato, il secondo
motivo di ricorso risulta assorbito nella declaratoria di estinzione del reato
per prescrizione.
L’impugnata sentenza deve pertanto essere annullata senza rinvio, ai fini
penali, nei confronti di Montecchia Gennaro e di Di Pasquale
Gaetano,perché il reato è estinto per prescrizione.

PQM

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il reato addebitato è estinto
per maturata prescrizione.
Così deciso in Roma,lì 8 ottobre 2013.

già risulti una causa di estinzione del reato, financo la sussistenza di una

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