Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23373 del 14/05/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23373 Anno 2014
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: LEO GUGLIELMO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di

Mercadante Salvatore, nato a Alcamo 1’8/03/1985

avverso l’ordinanza in data 27/01/2014 del Tribunale di Palermo in funzione di
giudice dell’appello cautelare.

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta in camera di consiglio dal consigliere Guglielmo Leo;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del dott. Oscar
Cedrangolo, che ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso;
udite le conclusioni dell’avv. Giuliano Dominici, quale sostituto processuale del
Difensore del ricorrente, avv. Anna Maria Benenati, che ha insistito per
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. È impugnata l’ordinanza del 27/01/2014 con la quale il Tribunale di
Palermo, in funzione di giudice dell’appello cautelare, ha confermato il
provvedimento in data 3/01/2014 del Giudice per le indagini preliminari dello

Data Udienza: 14/05/2014

stesso Tribunale, di rigetto dell’istanza di revoca o sostituzione della misura
cautelare della custodia in carcere applicata nei confronti di Salvatore
Mercadante.
Il Tribunale premette che, essendo intervenuta in esito a giudizio abbreviato
una pronuncia di condanna per il delitto di associazione di tipo mafioso, la
ricorrenza di gravi indizi a carico del Mercadante deve essere senz’altro
ritenuta, in assenza di elementi contrari sopravvenuti.
In punto di esigenze cautelari, viene disatteso l’assunto difensivo per il

presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari. È richiamata, in proposito,
giurisprudenza secondo la quale, nei casi di associazione mafiosa, può
assumere rilievo solo la comprovata rescissione del vincolo già istituito tra il
singolo e l’organizzazione criminale, rescissione non necessariamente implicata
dalla buona qualità dell’atteggiamento processuale assunto dall’interessato.
Nella specie, la Difesa richiama le ammissioni rese da Mercadante, nel corso di
un interrogatorio assunto dal Pubblico ministero, circa la propria effettiva
presenza ad una riunione di vertice del gruppo criminale, tali da comportare il
riconoscimento di attenuanti generiche.
Il Tribunale assume che si sarebbe trattato di ammissioni parziali, relative ad
una circostanza di fatto e non al dato essenziale della intraneità
all’associazione. Condivide dunque la valutazione del Giudice procedente,
secondo cui non si potrebbe considerare accertata la soluzione delle relazioni
criminali intrattenute dal ricorrente, e dunque la cessazione della sua
pericolosità.
Quanto alla domanda subordinata di misure alternative alla custodia in
carcere, il Tribunale rileva che per il delitto contestato vige una presunzione
assoluta di adeguatezza della sola misura carceraria.

2. Ricorre il Difensore del Mercadante, denunciando vizio di motivazione e
violazione dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
L’ammissione del ricorrente circa la propria partecipazione al

summit

avrebbe rappresentato la base fondamentale della dichiarazione della sua
responsabilità per il fatto associativo, e sarebbe stata ritenuta utile finanche per
l’identificazione di ulteriori partecipanti alla riunione. Dunque vi sarebbero state
una confessione sostanzialmente piena e finanche una condotta relativamente
collaborativa, che, sulla base di regole di esperienza, dovrebbero precludere
ogni ulteriore possibilità per il Mercadante di partecipare alle attività del gruppo
di provenienza.

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quale, nella specie, vi sarebbero le condizioni per il superamento della

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato, nei termini e nei limiti che saranno subito precisati.
2. Il Tribunale di Palermo ha evocato l’orientamento giurisprudenziale per il
quale la presunzione di ricorrenza delle esigenze cautelari, posta dal comma 3
dell’art. 275 cod. proc. pen. con riguardo alle imputazioni associative di
contesto mafioso, può essere superata unicamente attraverso un giudizio di
intervenuta recisione del vincolo associativo in precedenza contratto

Tale orientamento si fonda essenzialmente su regole di esperienza, maturate
attraverso cognizioni relative alle modalità con le quali le organizzazioni
mafiose gestiscono i rapporti tra il gruppo e singoli individui, anche nella
prospettiva di una soluzione del vincolo associativo. E d’altra parte, quando
detta soluzione non può essere esclusa, l’aspettativa della reiterazione di gravi
condotte delittuose (compresa la stessa permanenza del delitto associativo) si
pone in termini di elevatissima probabilità.
Il fondamento delle regole indicate non può implicare, per altro, la creazione
di stereotipi nelle forme di documentazione della cesura intervenuta nei
rapporti tra il singolo e l’organizzazione di provenienza. Tanto questo è vero
che neppure l’assunzione di un comportamento collaborativo, come ricorda lo
stesso Tribunale, può generare automatismi (di segno favorevole
all’interessato) nella valutazione del giudice cautelare (Sez. 1, Sentenza n.
21245 del 05/04/2011, rv. 250295).
Va ricordato che il vincolo associativo rileva in base ai parametri stabiliti
dalla legge penale, e non in base a criteri di appartenenza “interni”
all’organizzazione criminale, e che altrettanto vale per la sua risoluzione.
L’orientamento evocato dal Tribunale, in particolare, non implica che siano
indispensabili forme esplicite di abiura o di completa adesione alla ricostruzione
accusatoria (che contrasterebbero col diritto di difesa e d’altra parte non
sarebbero in astratto decisive, come poco sopra si è detto).
In un giudizio presuntivo orientato da regole di esperienza, il ricorso a
queste ultime deve essere completo, e non deve trasformarsi in enunciato
formale.

3. Nel caso di specie, muovendo dagli enunciati generali di cui sopra si è detto,
il Tribunale ha stabilito che non sussiste la dimostrazione d’una rottura del
vincolo associativo già (parzialmente) accertato a carico del Mercadante. Si è
ripresa, in proposito, la valutazione del Giudice di prime cure: vi sarebbe stata

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dall’interessato (Sez. 6, Sentenza n. 46060 del 14/11/2008, rv. 242041).

confessione, ma non completa; dunque mancherebbe la prova dell’intervenuta
rescissione.
È ben possibile che il giudizio sia corretto, ma non risulta che sia stato
condotto secondo una corretta procedura di valutazione.
Dalla stessa motivazione del provvedimento impugnato risulta che
Mercadante ha reso dichiarazioni confessorie circa la propria presenza ad una
riunione di vertice dell’organizzazione mafiosa di riferimento. E risulta anche,
dalle citazioni contenute nel ricorso (relative alla sentenza intervenuta sul

prova della partecipazione di ulteriori soggetti. Sembra evidente, sul piano
astratto (e cioè a livello di individuazione delle regole di esperienza applicabili),
come l’ammissione della presenza ad un «summit» (e non ad una qualunque
occasione della vita associativa) costituisca un contributo determinante circa il
fondamento dell’incolpazione associativa, così come sembra evidente il «peso»,
sullo stesso piano, delle eventuali indicazioni eteroaccusatorie.
Ritiene la Corte che il Tribunale si sia limitato, nel motivare il proprio
provvedimento, ad evocare principi astratti, senza dare dimostrazione delle
ragioni per le quali, nel caso concreto, un comportamento certamente anomalo
per un mafioso non collaboratore, e certamente collidente con le aspettative di
affidabilità e solidarietà che l’organizzazione criminale pone usualmente quali
condizioni per la prosecuzione del proprio rapporto con il singolo, sia comunque
privo di incidenza nella prognosi cautelare.
È ben possibile – giova ripetere – che una parziale confessione, per il
contesto in cui matura (qualità dell’organizzazione, tipologia della prova
comunque acquisita dagli inquirenti, strategie difensive di gruppo, ecc.), resti
compatibile con una seria prospettiva di continuazione della vicenda associativa
o comunque di reiterazione di gravi delitti (che, per inciso, potrebbero anche
prescindere dalla stessa continuità del vincolo). Tuttavia proprio le regole di
esperienza, quelle stesse che giustificano la prima premessa posta dal
Tribunale, impongono di dare dimostrazione che, nel caso concreto, le
“anomalie” indicate non presentano la valenza sintomatica necessaria e
sufficiente a superare la presunzione di legge.
Il provvedimento impugnato va dunque annullato con rinvio, affinché il
Tribunale palermitano possa riesaminare la questione sottopostagli verificando
se le enunciazioni compiute si giustifichino per la concreta possibilità che
Mercadante commetta ulteriori delitti nel contesto di riferimento, o se piuttosto
debbano essere riviste in base ad ogni profilo rilevante della fattispecie
concreta.

4

Lu,

merito dell’imputazione), che le dichiarazioni in questione hanno contribuito alla

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Palermo.

Così deciso il 14/05/2014.

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