Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23370 del 06/05/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23370 Anno 2014
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: LEO GUGLIELMO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Graziano Anna, nata a Napoli il 28/03/1940

avverso l’ordinanza di in data 12/06/2013 del Tribunale di Lucca, in funzione di
giudice dell’appello cautelare

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta in camera di consiglio dal consigliere Guglielmo Leo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del dott. Eugenio Selvaggi, che ha chiesto
il rigetto del ricorso;
udito il Difensore della ricorrente, avv. Vieri Enrico Fabiani, che ha insistito per
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. È impugnata l’ordinanza in data 12/06/2013 del Tribunale di Lucca, con la
quale è stato respinto l’appello proposto da Anna Graziano contro il
provvedimento adottato dallo stesso Tribunale di Lucca, di rigetto di una
istanza di revoca del sequestro preventivo concernente un terreno ed alcuni
edifici di proprietà della stessa Graziano.

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Data Udienza: 06/05/2014

L’appellante aveva evidenziato la propria estraneità ai reati con riguardo ai
quali potrebbe essere disposta la confisca cui il sequestro è finalizzato, ed
aveva lamentato come, in ogni coso, non fosse stato documentato il periculum
in mora necessario alla permanenza del vincolo cautelare.
Il Tribunale ha osservato che l’intestazione alla Graziano dei beni in
sequestro sarebbe solo formale, e che gli stessi farebbero capo agli
appartenenti di una organizzazione camorristica, tra i quali il figlio dell’odierna
ricorrente, Salvatore Cocice, nonché tale Domenico Marra.

come proprio il Marra si occupasse delle procedure per il frazionamento del
lotto e per la vendita degli immobili, discutendone con il Cocice, e riferendosi
alla necessità di procure rilasciate dalla Graziano come a mere formalità.
Proprio il Marra, inoltre, avrebbe concluso un primo preliminare di
compravendita, relativamente ad uno degli edifici sequestrati.
Le trattative di vendita in corso nella fase antecedente al sequestro
documenterebbero, sempre a parere del Tribunale, anche il pericolo di
dispersione dei beni nel caso di revoca della misura applicata.

2. Munito di procura speciale, ricorre il Difensore della Graziano, denunciando
in primo luogo l’asserita violazione dell’art. 322-ter cod. pen.
Gli immobili in questione non potrebbero considerarsi profitto del reato,
poiché destinati alla distruzione, essendo stati realizzati in completa assenza
delle necessarie autorizzazioni.
In secondo luogo è denunciata la violazione dell’art. 125 cod. proc. pen., in
relazione all’art. 606, comma 1, lettera e) dello stesso codice: mancherebbe
qualsiasi dimostrazione dell’effettivo rilascio di procure da parte della
ricorrente, procure che non potrebbero del resto avere corso stante il carattere
abusivo degli immobili in sequestro.
Una ulteriore violazione dell’art. 125 cod. proc. pen., in relazione all’art.
606, comma 1, lettera e) dello stesso codice, è riferita alla completa assenza di
motivazione riguardo al fatto che la Graziano non potrebbe comunque disporre
dei beni, destinati alla demolizione. Si aggiunge che la ricorrente sarebbe del
tutto estranea ai reati in contestazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, perché proposto per motivi in parte generici e,
comunque, manifestamente infondati. Dalla dichiarazione di inammissibilità
discende che la ricorrente debba essere condannata al pagamento delle spese
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Grazie all’intercettazione di conversazioni telefoniche, si sarebbe appreso

processuali, e di una ulteriore somma in favore della Cassa delle ammende, che
la Corte stima di quantificare in mille euro.

2. Il complesso dei rilievi difensivi pertinenti al provvedimento impugnato
gravita su un’idea essenziale, e cioè, in pratica, che gli immobili intestati alla
Graziano ed attualmente sottoposti a sequestro siano cose prive di valore, in
quanto realizzate abusivamente, dunque non commerciabili, dunque destinate
alla distruzione.

applicabile al suolo sul quale sono state edificate le quattro ville abusive – non
può essere condivisa. Gli edifici in questione posseggono allo stato un proprio
valore (non foss’altro che per i materiali asportabili), e possono essere oggetto
di sfruttamento economico, essendo notorio che immobili costruiti illegalmente
vengono locati ed anche compravenduti. Il che, puntualmente, stava per
avvenire con una delle ville, per la quale già era stato stipulato un preliminare
di compravendita.
2.1. Ciò detto, è evidente come il primo dei motivi di ricorso sia al tempo
stesso generico e manifestamente infondato, perché, dopo un rinvio in astratto
alla previsione dell’art. 322-ter cod. pen., si afferma solo e semplicemente che
le case abusive sarebbero destinate alla demolizione e quindi non potrebbero
costituire un «profitto» da reato.
2.2. Quanto al secondo motivo, sembra di comprendere che in parte si
giunga a negare il controllo sui beni da parte degli imputati, ancora una volta,
in quanto si tratta di case realizzate abusivamente. Ma la circostanza, come
detto, non esclude il valore economico degli immobili, e non se ne comprende il
rilievo al fine di stabilire quali fossero i soggetti che sostanzialmente
possedevano i beni.
Nella prima parte della stessa porzione di ricorso, poi, si afferma che
mancherebbe ogni prova del rilascio di procure da parte della Graziano. Per la
verità sembra emergere come il preliminare di compravendita già citato fosse
stato stipulato dal Marra, il che potrebbe suggerire la disponibilità di una
procura da parte sua. In ogni caso è priva d’ogni rilievo la questione se
l’odierna ricorrente avesse o non avesse ancora sottoscritto gli atti. Resta infatti
il dato, valorizzato dal Tribunale, che le conversazioni intercettate evidenziano
due circostanze: gli imputati discutevano degli immobili come di cose proprie,
decidendo direttamente che farne ed accingendosi a venderli, salva la
possibilità di lasciarne uno al Cocice; l’unico ruolo della Graziano – a conferma
del carattere solo formale dell’intestazione dei beni – sarebbe d’altra parte
consistito nel rilascio delle procure necessarie per l’operazione. Che il

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È immediatamente chiaro che una logica del genere – comunque non

procedimento si sia arrestato dopo questa fase, o subito prima, non riveste
alcuna importanza nell’economia della valutazione cautelare, che attiene agli
indizi d’una connotazione formale della proprietà sui beni destinati alla confisca.
2.3. Con una terza partizione del ricorso, a parte generici riferimenti alla
pretesa estraneità della ricorrente a fatti criminosi, sembra ci si dolga di un
difetto di motivazione, ancora una volta a partire dall’idea che si controverte,
nel presente giudizio, di beni senza valore: il Tribunale non avrebbe motivato
tendendo conto di tale circostanza.

consistenza. Il fatto che il Tribunale non l’abbia confutata per esplicito – a parte
ogni considerazione sulla necessità che la motivazione attinga ogni passaggio
argomentativo dell’atto di impugnazione, anche il più stravagante – non implica
che la tesi non sia stata valutata, e facilmente superata, già ad esempio con la
considerazione che uno degli immobili era stato promesso in vendita,
nonostante il suo carattere abusivo.
Un concetto ovvio è spendibile anche enunciandone la mera implicazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 06/05/2014.

Non resta che ribadire come la tesi difensiva sia priva della minima

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