Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23369 del 06/05/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23369 Anno 2014
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

Data Udienza: 06/05/2014

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Andrea De Matteo, nato a Sant’Agata de’ Goti il 17/06/1964
avverso l’ordinanza del 21/11/2013 del Tribunale di Napoli,
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Eugenio
Selvaggi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 21/11/2013, ha respinto
l’appello proposto nell’interesse di Andrea De Matteo avverso l’ordinanza con la
quale il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere 1’08/10/2013, ha rigettato la
richiesta di revoca della misura della custodia cautelare in carcere proposta con
riferimento all’applicazione degli artt. 297 comma 3 e 303 cod. proc. pen.
2. La difesa del De Matteo con il primo motivo di ricorso contesta violazione
di legge e vizio di motivazione riguardo all’applicazione dell’art. 297
cod.proc.pen. in quanto il Tribunale ha misconosciuto la circostanza di fatto
esposta della difesa, riguardante la presenza ininterrotta dell’interessato in
regime di custodia cautelare dal 15 novembre 2006, per effetto dell’esecuzione
di una precedente ordinanza eseguita per la medesima imputazione, riguardante
attività commessa in epoca successiva a quella considerata nell’accusa posta a
fondamento della misura cautelare in atto, circostanza in relazione alla quale
dovevano ritenersi decorsi sia il termine di fase, non essendo sia stata celebrata
l’udienza preliminare entro un anno dall’arresto, che i termini massimi.

t

Si richiama in fatto che l’identica circostanza processuale riguardava altri
coimputati, nei cui confronti si era proceduto con il rito abbreviato, e la cui
istanza, formulata in termini analoghi, era stata accolta dal Gup. Il differente
trattamento era stato giustificato dalla considerazione che, nel caso dei
coimputati, la condotta sostanziale di partecipazione all’associazione per
delinquere di stampo mafioso era stata collocata temporalmente nelle date in cui

situazione di De Matteo i giudici del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere
avevano ritenuto ostativa a tale riconoscimento la presenza di una contestazione
aperta nell’ordinanza emessa nei suoi confronti; tale valutazione non aveva
tenuto conto del dato che tutti i fatti in essa descritti risultavano commessi prima
dell’emissione della prima ordinanza di custodia cautelare e del rinvio a giudizio
nel diverso procedimento.
In ragione di ciò la difesa ha reiterato la propria richiesta dopo l’emissione
della sentenza di primo grado, in quanto si assume che in tale provvedimento
non sia stata accertata la consumazione di alcun episodio successivo alla prima
ordinanza, ed era stata riconosciuta inoltre la continuazione tra i fatti, a seguito
del passaggio in giudicato dell’accertamento degli episodi previsti nella prima
ordinanza cautelare.
Si denuncia vizio di motivazione del provvedimento impugnato, che ha
limitato la confutazione agli argomenti esposti dal difensore in atto d’appello,
senza considerare le ulteriori questioni di diritto proposte nell’istanza originaria
che, secondo la prospettazione, dovevano intendersi estese anche
all’impugnazione.
Richiamata la giurisprudenza che ritiene necessario applicare la
scarcerazione ora per allora, nell’ipotesi in cui non sia disposta al termine della
scadenza della fase in conseguenza della riconosciuta retrodatazione, si sollecita
l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. In via preliminare si deve ricordare che, vertendosi in materia di
appello proposto avverso un provvedimento che incide sulla libertà non vige il
principio della piena cognizione, relativo alla diversa fase del riesame. Risulta
pacifico infatti che il gravame di cui all’art. 310 cod. proc. pen. subisce l’effetto
devolutivo proprio dell’impugnazione d’appello secondo la norma generale di cui
all’art. 597, comma primo, cod. proc. pen., con la conseguenza che l’ambito di
valutazione del giudicante è limitato esclusivamente agli argomenti a lui rimessi
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Cassazione sezione VI, rg. 7768/2014

risultavano attribuite singole attività partecipative, mentre nel valutare la

(negli stessi termini Sez. 4, n. 2038 del 27/08/1996 – dep. 02/09/1996, Gerotti,
Rv. 206294). In tal senso conseguentemente risulta infondata la doglianza
proposta dal ricorrente, riguardo alla mancata confutazione, a cura del Tribunale
adito, delle argomentazioni proposte al giudice al quale era stata formulata
originariamente l’istanza di scarcerazione.
3. Esaminando n’el merito il ricorso si deve rilevare che nel provvedimento
impugnato si è escluso di poter provvedere, nel presupposto che la disposizione

di cui all’art. 297 cod. proc. pen. possa trovare applicazione esclusivamente nella
fase delle indagini preliminari, per effetto della delimitazione testuale della
previsione, sorretta dalla constatazione che solo in quella fase, sottratta al
controllo del giudice, si ponga la necessità di verificare la corretta
determinazione dei fatti oggetto di contestazione, al fine di evitare, attraverso la
reiterazione di provvedimenti coercitivi, il perdurare della limitazione della
libertà.
In realtà si deve rilevare che l’istanza, prima che per motivi processuali,
risulta infondata in quanto proposta con il richiamo a condizioni di fatto estranee
all’ambito applicativo dell’art. 297 comma 3 cod. proc. pen. Invero, sulla base di
quanto espresso nella medesima impugnazione, la contestazione associativa
oggetto del secondo provvedimento non era definita temporalmente con
l’indicazione di un momento finale dell’attività, poiché l’imputazione si riferisce
ad una condotta perdurante, e l’assunto di fatto secondo il quale tutte le
condotte esaminate nel giudizio di merito e poste a base dell’accusa sarebbero
state compiute prima dell’emissione della prima misura, non è stato
documentato attraverso il richiamo all’accertamento contenuto al riguardo nella
sentenza, ma è basato su allegazioni difensive il cui accoglimento non è
ricavabile dalla delimitazione dell’epoca del commesso reato contenuta nel
dispositivo della sentenza ad epoca antecedente all’emissione della prima
ordinanza, o dal contenuto della pronuncia, poiché nell’atto di impugnazione non
sussiste alcun richiamo a tali accertamenti, in quanto esso limita il suo
riferimento in argomento alle allegazioni difensive in proposito.
Si deve sottolineare che il mancato accoglimento nella sede di cognizione
della prospettazione difensiva sulla corretta collocazione temporale dell’attività
illecita risulta già sottolineato nel provvedimento di rigetto dell’istanza formulato
dal giudice di merito, e rispetto a tale accertamento nessuna diversa deduzione
risulta proposta dinanzi al Tribunale in sede d’appello, ove si svolgono i
medesimi richiami alle proprie conclusioni di merito sulla collocazione temporale
dell’attività illecita, replicati nell’odierno ricorso.

3

Cassazione sezione VI, rg. 7768/2014

d

,

4.

La mancata dimostrazione dell’intervenuto accertamento nel giudizio di

merito degli elementi di fatto che costituiscono il necessario presupposto
applicativo della disciplina invocata impone il rigetto del ricorso.
Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen.
La Cancelleria è tenuta agli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter

cautelare del ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

processuali.
Manca alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter
disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 06/05/2014

disp. att. cod. proc. pen. in conseguenza del perdurare dello stato di custodia

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