Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23367 del 06/05/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23367 Anno 2014
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Vincenzo Peruzza, nato a Castelvetrano 1’08/02/1948
avverso l’ordinanza del 27/12/2013 del Tribunale di Palermo,
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Eugenio
Selvaggi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATI-0
1. Il Tribunale di Palermo, con ordinanza del 27/12/2013, ha respinto il
riesame proposto nell’interesse di Vincenzo Peruzza avverso l’ordinanza di
custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Palermo il
04/12/2013, con la quale veniva contestato il reato di cui all’art. 12 quinquies
d.l. 8 giugno 1992n.306, convertito nella I. 7 agosto 1992 n. 356/92, per essersi
reso intestatario, in concorso con altri ed al fine di agevolare la commissione di
reati di riciclaggio, di due contratti d’affitto d’azienda, con l’aggravante di aver
commesso il fatto al fine di agevolare l’associazione mafiosa denominata Cosa
Nostra.
2. La difesa del Peruzza con il primo motivo di ricorso contesta l’esistenza di
gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, richiamando in fatto
quanto dichiarato dall’interessato nel corso dell’interrogatorio reso al P.m. in
data successiva a quella dell’udienza fissata dinanzi al Tribunale del riesame.
A tal fine riporta la ricostruzione dei fatti resa dal suo assistito al riguardo,
contestando l’univocità delle espressioni contenute nelle intercettazioni, sulla

Data Udienza: 06/05/2014

base delle quali era stata fornita l’interpretazione che aveva giustificato
l’imputazione.
Si offre un’alternativa chiave di lettura dei fatti, fondata sulla qualità
imprenditoriale dell’interessato nel ramo oleario, oltre che sulla sua
sottoposizione a richieste estorsive, che gli avevano imposto l’operazione
economica oggetto di esame da parte del Tribunale e l’assenza di guadagno per i
tre mesi nell’arco dei quali si era svolta la gestione dell’azienda affittata.

In ogni caso si contesta che l’azione da lui svolta possa ricollegarsi alla
volontà di agevolare l’associazione mafiosa, ma esclusivamente, a tutto
concedere, la sua interlocutrice, Lea Cataldo, in relazione alla cui attività illecita
lo stesso Tribunale di merito ha escluso l’aggravante speciale, così incorrendo in
nell’illogicità della motivazione.
3. L’insussistenza delle esigenze cautelari, perlomeno con riferimento alla
più grave misura applicata, viene argomentata con richiamo all’assenza di
precedenti a carico dell’interessato, oltre che all’impossibilità di inquinare le
prove anche nell’ipotesi di misura meno afflittiva, per effetto della già
intervenuta cristallizzazione dei risultati delle indagini.
Si deduce inoltre che la misura disposta non è compatibile con le condizioni
di salute dell’interessato, dimostrate da documentazione prodotta dalla difesa,
alla quale ci si richiama.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Deve ricordarsi che ambito del presente giudizio è la valutazione della
rispondenza ai criteri legali del provvedimento del riesame, non l’analisi della
situazione di fatto, circostanza che esclude la possibilità di far richiamo a
dichiarazioni rese dall’interessato dinanzi al P.m. in epoca successiva all’udienza
di riesame, al fine di offrire una chiave di lettura alternativa alle emergenze
valutate nel provvedimento impugnato quali gravi indizi di reato.
Le dichiarazioni rese, secondo la stessa allegazione difensiva, non
risultano ancora sottoposte ad analisi di merito del giudice procedente, né
possono, per la natura del presente di giudizio di legittimità, essere rimesse a
questo giudice, il cui intervento è rigorosamente limitato alla verifica del
percorso decisionale ed argomentativo del giudice di merito, con esclusione di
ogni valutazione del fatto.
In tal senso quindi, la chiave di lettura alternativa offerta dall’interessato
all’autorità procedente dopo il giudizio di riesame, risulta del tutto irrilevante,
poiché manca nell’odierna allegazione qualsiasi deduzione di merito sull’illogicità,

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Cassazione sezione VI, rg. 7726/2014

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incompletezza o contraddittorietà dell’argomentazione opposta, svolta sul punto
nel provvedimento impugnato.
3.

Ne consegue che si debba verificare l’infondatezza anche della

contestazione sulla sussistenza dell’aggravante, rispetto alla quale nel ricorso,
oltre a richiamare le proprie osservazioni sui fatti, si opera un rilievo di
contraddittorietà della decisione, conseguente alla determinazione di escludere

che si assume favorito dal comportamento di Peruzza. Se quanto al primo profilo
non può che farsi riferimento alle osservazioni appena espresse in relazione alla
valutazione di gravità indiziaria, in merito alla pretesa contraddittorietà si deve
rilevare la mancata dimostrazione della circostanza di fatto evocata; peraltro la
contraddizione che questa Corte è chiamata a verificare è quella interna
all’argomentazione del provvedimento impugnato, che nella specie non risulta
contestata, mentre l’eventuale contrasto ricostruttivo, emergente dalla difforme
valutazione di fattispecie dello stesso genere svolte nel corso del giudizio di
merito non può che competere al giudice procedente, poiché non riguarda un
vizio interno al provvedimento sottoposto ad impugnazione.
4.

Risulta generica, rispetto alla natura della contestazione mossa al

Peruzza, in quanto aggravata ai sensi dell’art. 7 d.l. 13 maggio 1991 n 152
convertito nella I. 12 luglio 1991 n. 203, la deduzione che contesta la sussistenza
delle esigenze cautelari, poiché l’art. 275 comma 3 cod. proc. pen, come chiarito
anche alla luce dello scrutinio costituzionale (sentenza n. 57

del 2013),

legittimamente prevede una presunzione di pericolosità connessa alla
sussistenza degli indizi, superabile solo nell’ipotesi di individuazione di elementi
favorevoli, idonei ad escluderla.
Nella specie nel ricorso si lamenta la mancata graduazione applicativa della
misura cautelare, prevista dalla legge per le fattispecie comuni, ma si omette la
sottoposizione degli elementi escludenti la pericolosità, eventualmente ignorati
dal giudice di merito, la cui sola presenza giustificherebbe una difforme
decisione.
5. L’infondatezza del ricorso comporta il rigetto dell’istanza, e la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, in applicazione dell’art. 616
cod. proc. pen.
La sottoposizione dell’interessato alla misura della custodia in carcere
impone che la Cancelleria provveda agli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1
ter disp. att. cod. proc. pen.

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Cassazione sezione VI, rg. 7726/2014

l’applicazione per la posizione processuale di Lea Cataldo, moglie del capo mafia

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter
disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso il 06/05/2014

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