Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23366 del 06/05/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23366 Anno 2014
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Vito Mauro Caputi, nato a Molfetta il 24/10/1962
avverso l’ordinanza del 27/12/2013 del Tribunale di Milano,
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Eugenio
Selvaggi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’avv. Domenico Di Terlizzi, in sostituzione dell’avv. Vincenzo Papeo, che si
è riportato al ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 27/12/2013, ha respinto il
riesame proposto nell’interesse di Vito Mauro Caputi avverso l’ordinanza di
applicazione della misura degli arresti domiciliari emessa dal Gip del Tribunale di
Monza il 04/12/2013, con la quale veniva contestato il reato di corruzione.
Secondo l’imputazione all’odierno ricorrente è attribuito il ruolo di
intermediario delegato alla riscossione della tangente dall’imprenditore Sangalli
con sede in Monza, con l’obbligo di riversarla all’amministratore pubblico, tale
Lotito, assessore al comune di Andria con delega alle politiche ambientali, in
quanto all’impresa diretta da Sangalli, a seguito dell’accordo intercorso tra le
parti, era stata conferita la possibilità di essere unica aggiudicataria dell’appalto
per la raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani della città pugliese.
Caputi risultava essere dipendente della Daneco impianti srl, società
concessionaria dello smaltimento dei rifiuti soldi urbani per il comune di Andria.

Data Udienza: 06/05/2014

2. La difesa del Caputi con il primo motivo di ricorso deduce violazione degli
artt. 8 e 291 comma 2 cod.proc.pen., nella parte in cui è stata accertata la
competenza territoriale del Tribunale indicato, nel presupposto che il reato di
corruzione si consumi al momento della promessa e che lo spostamento della
competenza si determini solo con la corresponsione dell’intero compenso.
Si assume in senso opposto, sulla base degli atti a disposizione del
giudicante, che subito dopo l’emissione del bando contestato, era stato raggiunto

un accordo per il pagamento di un milione di euro in un bar di Bari Palese e che
la dazione della somma convenuta era successivamente intervenuta con
versamento in più rate, una prima versata in Napoli, e le successive tre in Roma.
Si ritiene conseguentemente che, volendo seguire il percorso argomentativo del
Tribunale di Milano, l’accordo corruttivo risulta concluso in Bari, mentre i
successivi pagamenti sono intervenuti tutti in luoghi diversi da quelli individuati
dal giudicante.
Il ricorrente indica nel territorio rientrante nel mandamento del Tribunale di
Roma il luogo in cui l’azione illecita oggetto di contestazione avrebbe trovato la
sua conclusione.
3. Con il secondo motivo si deduce mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione sulla verifica della sussistenza di gravi indizi di
colpevolezza. Preliminarmente si dà atto che al ricorso sono allegate le
dichiarazioni rese dall’odierno ricorrente nel corso dell’interrogatorio di garanzia
che, secondo la prospettazione, costituiscono una chiave di lettura alternativa dei
fatti, con la quale il giudicante non si è confrontato.
Si rileva che il Tribunale ha ritenuto conforme ad una regola di prudenza che
il terzo amministratore pubblico, già inquisito per corruzione, tenga i rapporti con
l’imprenditore con il quale ha raggiunto un accordo illecito attraverso un
operatore dello stesso settore, ruolo di fatto rivestito dall’odierno ricorrente,
superando con tale generica motivazione le giustificazioni rese da Caputi in
ordine ai rapporti tenuti il suo collega, titolare dell’impresa che si sarebbe
impegnata a versare l’illecito compenso; l’argomentazione resa non supera la
documentazione offerta dal ricorrente a giustificazione della diversa genesi dei
rapporti tra le due imprese, oltre che della condotta tenuta successivamente dal
ricorrente.
Il Tribunale ha superato tali deduzioni con richiamo alle espressioni captate
nella conversazione tra l’odierno ricorrente e il titolare dell’impresa, che
l’interessato risulta aver diversamente giustificato; la valutazione svolta in
proposito dal giudicante non ha considerato che nella situazione data fosse
interesse del ricorrente non rivelare al titolare dell’impresa corruttrice, che aveva
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4,

un maggiore peso economico rispetto all’azienda gestita da Caputi, le difficoltà
gestionali della sua attività avevano giustificato il suo negarsi alle ricerche del
primo.
L’alternativa giustificazione di tale condotta, sottesa alla decisione del
Tribunale, condurrebbe a configurare la consapevolezza da parte del ricorrente
del versamento della tangente, chiave accusatoria non in grado in ogni caso di

dopo la conversazione esaminata questi non risulta aver prestato alcuna
concreta attività.
A conferma della correttezza dell’alternativa prospettazione si richiamano le
dichiarazioni del coimputato Sangalli che, dopo una prima negatoria dei fatti, li
aveva ammessi, dichiarando che l’odierno ricorrente aveva collaborato alla
realizzazione degli incontri con l’assessore, ma ne era rimasto di fatto estraneo
non assistendovi, circostanza che esclude l’accertamento di gravi indizi di
colpevolezza suo carico.

4. Con ulteriore motivo si deduce vizio di motivazione in merito alla verifica
delle esigenze cautelari suo carico, fondata sulla natura professionale dell’attività
imprenditoriale nel settore pubblico svolta dall’interessato. Si osserva in senso
contrario che l’attività professionale non viene più svolta, mentre quella attuale
di consulente ha quale unico interlocutore un ente pubblico, circostanza che
esclude rapporti con imprenditori, che possano degenerare in condotte di
corruzione.
Quanto all’evocato inquinamento probatorio manca una deduzione concreta
della sua esistenza, che risulta argomentato con deduzioni del tutto generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse.
2. Le informazioni raccolte a cura della Cancelleria sulla permanenza della
misura cautelare, hanno condotto a verificare che in data 28/04/2014 è stata
notificato al Caputi il provvedimento di revoca della misura degli arresti
domiciliari, emesso dal Gip competente in pari data, a seguito di accoglimento
dell’istanza in tal senso formulata dal difensore.
Il venir meno della misura cautelare, in mancanza di una specifica e
motivata istanza proposta dall’interessato personalmente in ordine ad una futura
utilizzazione dell’eventuale pronunzia favorevole sulla mancanza di gravità
indiziaria ai fini del riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta
detenzione, in conformità a quanto più volte affermato da questa Corte, anche
nella sua più autorevole composizione (Sez. U, n. 7931 del 16/12/2010 – dep.

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sostenere la presenza di gravi indizi a carico di Caputi, posto che è pacifico che

01/03/2011, Testini, Rv. 249002), impone l’accertamento di un difetto di attuale
interesse all’istanza, che comporta l’inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il

ricorso per sopravvenuta mancanza di

interesse.

Così deciso il 06/05/2014

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