Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23355 del 20/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23355 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: LEO GUGLIELMO

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore nell’interesse di

Catalano Salvatore, nato a Gela il 7/10/1938

avverso la sentenza n. 407/2012 della Corte di appello di Caltanissetta in data
24/05/2012

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta in pubblica udienza dal consigliere Guglielmo Leo;
udito il Procuratore generale, in persona del sostituto dott. Angelo Di Popolo, che
ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, stante
l’intervenuta prescrizione del reato.

RITENUTO IN FATTO

1. È impugnata la sentenza n. 407/12 con la quale la Corte d’appello di
Caltanissetta, in data 24/05/2012, ha confermato la sentenza di condanna
pronunciata il 26/05/2009, dal Tribunale di Gela, nei confronti di Salvatore
Catalano, cui si ascrive un delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni,
commesso il 5/10/2005.

co,

Data Udienza: 20/02/2014

In sintesi, il Catalano è proprietario di un fondo confinante con quello di
Emanuela Pace, ed assume il godimento di una servitù di passaggio, o comunque
d’una situazione possessoria, in rapporto ad una stradina interpoderale, che
consente di raggiungere un edificio di sua proprietà. Nel 2005 la citata Pace
aveva disposto l’effettuazione di lavori sul proprio fondo, ed in tale occasione era
stata eretta una recinzione sul relativo confine, che di fatto impediva il transito
sulla stradina utilizzata dall’odierno ricorrente.
Nell’ottobre del 2005 la Pace, e poi la polizia giudiziaria, avevano accertato

aveva ammesso, come ha fatto poi in sede processuale, di averla urtata con la
propria auto, sia pure involontariamente.
All’esito del giudizio di primo grado, l’odierno ricorrente era stato condannato
alla pena della multa di euro 400 (pena condonata), oltreché al risarcimento dei
danni ed al rimborso delle spese in favore della parte civile Pace.
Nella sentenza di appello, come detto confermativa del provvedimento di
prime cure, la Corte nissena ha valutato e disatteso la tesi difensiva secondo cui
Catalano sarebbe non punibile, avendo agito per difendere la propria situazione
possessoria: è citata la giurisprudenza che esclude l’integrazione del delitto
contestato solo nel caso di impellente necessità di reagire ad uno spoglio appena
intervenuto, e di impossibilità del ricorso alla tutela possessoria in sede giudiziale
(Sez. 6, Sentenza n. 10602 del 10/02/2010, Costanzo, rv. 246409); ed è
motivato il convincimento della mancanza di entrambe le condizioni nel caso di
specie. Inoltre, con riguardo ad altra tesi sostenuta coi motivi d’appello, la Corte
territoriale ha escluso la possibile applicazione delle fattispecie scriminanti di cui
agli artt. 51 e 52 cod. pen.

2. Con un primo motivo, denunciando la violazione dell’art. 192 cod. proc.
pen., la Difesa del ricorrente definisce «errata, parziale e illogica» la valutazione
dei giudici di merito circa le risultanze acquisite, segnalando che il Tribunale di
Gela avrebbe condannato la Pace al ripristino della situazione antecedente.
Con un secondo motivo il ricorrente denuncia «omesso esame e critiche di
tutte le prove processuali».
Con un terzo motivo si lamenta «erronea ed illogica valutazione dei fatti».
Con un quarto motivo, infine, sono prospettate «violazione degli articoli 51 e
52 del codice penale e falsa motivazione».

3. In data 11/02/2014 è pervenuta memoria nell’interesse della parte civile,
Emanuela Pace, con la quale si segnala la sovrapponibilità dei motivi di ricorso
rispetto ai motivi d’appello, e comunque l’asserita infondatezza dei medesimi,

2

che la recinzione era stata demolita in corrispondenza della stradina. Catalano

chiedendo il rigetto del ricorso e, anche per il caso di ritenuta estinzione del
reato, la conferma delle statuizioni civili della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, poiché fondato su motivi generici e, per larga parte,
non consentiti dalla legge e manifestamente infondati.
L’atto di impugnazione riproduce pedissequamente, salvo quanto tra breve si

sentenza di condanna pronunciata dal Giudice di prime cure.
La Corte territoriale ha preso in considerazione le censure che segnano l’uno e
l’altro tra gli atti di impugnazione, respingendole tutte, attraverso una
motivazione completa e priva di vizi sul piano logico. In sostanza, e dunque, il
ricorso mira inammissibilmente ad ottenere un diverso giudizio sul merito
dell’imputazione da parte della Corte di legittimità.
D’altra parte, come accennato, il ricorrente non si confronta realmente con la
motivazione che i Giudici di appello hanno reso sulle doglianze già espresse. In
tale condizione si configura la (ulteriore) causa di inammissibilità disciplinata dal
combinato disposto dell’art. 581, lettera c), e 591, comma 1, lettera c), cod.
proc. pen.: «è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si
risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e
puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non
specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica
funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso» (Sez.
6, Sentenza n. 20377 del 11/03/2009, rv. 243838).
L’unico elemento di novità rispetto all’impugnazione di merito è dato, nella
specie, dal riferimento (nel primo motivo di ricorso) ad un provvedimento del
giudice civile che avrebbe ordinato il ripristino della possibilità di transito sulla
strada oggetto di contesa. Si tratta all’evidenza – ed a prescindere da ogni rilievo
sul fondamento dell’allegazione – di un elemento inconferente: il reato
contestato al Catalano si caratterizza proprio per il ricorso ad un mezzo illegale al
fine di assicurare una posizione giuridica vantaggiosa per la cui tutela sarebbe
invece consentito il ricorso al giudice; nella sentenza d’appello, d’altra parte, è
specificamente argomentato

il

giudizio di irrilevanza della controversia

riguardante l’esistenza di una servitù di passaggio e della stessa esistenza di una
situazione possessoria, in mancanza della necessità impellente di ripristinare il
possesso perduto al fine di evitare il consolidamento di una situazione
possessoria altrui.

3

(9,-

dirà, l’appello che era stato interposto, nell’interesse di Catalano, contro la

2. Neppure può essere accolta la richiesta di annullamento formulata dal
Procuratore generale e fondata sull’asserita prescrizione del reato.
In effetti, alla data dell’odierna deliberazione, risulta ampiamente decorso il
termine di sette anni e sei mesi che segna l’estinzione del reato tanto alla luce
della disciplina originaria della prescrizione, tanto in applicazione del testo
vigente dell’art. 157 cod. pen. Non risulta, d’altra parte, che nel corso del
procedimento si siano manifestate cause di sospensione della corsa del termine.
Va notato però che la maturazione del tempo in astratto sufficiente per

successivo alla pronuncia della sentenza di appello, che risale, come detto, al
24/05/2012. È giurisprudenza ormai consolidata, nel contempo, quella che
esclude l’effetto di estinzione nei casi di formazione del c.d. «giudicato
sostanziale», e cioè quando il termine venga a scadenza in epoca successiva alla
deliberazione di un provvedimento impugnato mediante un ricorso inammissibile
(da ultimo, tra le molte, Sez. 2, Sentenza n. 28848 del 08/05/2013, rv.
256463).
Non resta dunque che rilevare e dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione,
con la conseguente condanna del Catalano al pagamento delle spese processuali
e di una ulteriore somma in favore dalla Cassa delle ammende, che la Corte
stima di quantificare in euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso il 20/02/2014.

l’evento estintivo è intervenuta il 5/04/2013, e cioè in un tempo di molto

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