Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23350 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 23350 Anno 2014
Presidente: SERPICO FRANCESCO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da LOMOLINO Emanuele, nato a Trani (BA) il 17/01/1989,
avverso la sentenza in data 25/03/2013 della Corte di Appello di Bari;
visti gli atti e letti il ricorso e la sentenza impugnata;
udita in pubblica udienza la relazione svolta dal consigliere dott. Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G. dott. Eduardo V.
Scardaccione, che ha chiesto rinviarsi la trattazione del ricorso in attesa della decisione
della Corte Costituzionale in tema di sostanze stupefacenti.

Motivi della decisione
1. Adita dal gravame dell’imputato, la Corte di Appello di Bari con l’indicata
sentenza ha confermato in punto di responsabilità la decisione resa in giudizio
abbreviato dal g.u.p. del Tribunale di Trani, con cui Emanuele Lomolino è stato
riconosciuto colpevole dei reati di illecita detenzione per fini di spaccio di gr. 50 netti di
sostanza stupefacente del tipo marijuana (p.a. in thc del 4,7%), idonei per comporre 95
singole dosi droganti, e di detenzione di parte di arma e fabbricazione di un’arma da
sparo clandestina (modifica di una pistola giocattolo). Sostanza stupefacente e pistola
sequestrate all’esito di perquisizione d’iniziativa della p.g. (art. 41 t.u.p.s.) eseguita
nell’abitazione dell’imputato, sottoposto per altri fatti al regime cautelare degli arresti
domiciliari, La Corte territoriale ha unicamente qualificato il reato concernente l’arma da
sparo come tentativo di fabbricazione di arma clandestina e per l’effetto ha ridotto la
pena inflitta al prevenuto, nella ritenuta continuazione tra i due reati e con le già
concesse attenuanti generiche stimate equivalenti alla contestata recidiva, a – q Aduatv
_
quattro armi e due mesi di reclusione ed euro 18.000 di multa.
2. Mediante il difensore il Lomolino ricorre contro la sentenza di appello,
deducendo i vizi di violazione di legge e di difetto della motivazione di seguito riassunti.
2.1. Erronea applicazione dell’art. 73 L.S. e illogicità manifesta della motivazione.
La Corte di Appello ha confermato la responsabilità dell’imputato per l’illecita
detenzione delle 95 dosi di marijuana pur in difetto di affidabile prova della ipotizzata

Data Udienza: 17/12/2013

3. Il ricorso proposto nell’interesse di Emanuele Lomolino è fondato limitatamente
all’ingiustificato e illogico diniego dell’attenuante di cui all’art. 73 co. 5 L.S. per il fatto
reato individuato dal capo A) della rubrica.
3.1. Le censure concernenti il tentativo di fabbricazione di una pistola clandestina
derivante dall’alterazione e dalle modifiche apportabili alla pistola giocattolo, di cui
l’imputato (per sua ammissione) aveva già segato la canna originaria, sono infondate.
Con commendevole impegno argomentativo i giudici di appello hanno fornito idonea
dimostrazione delle potenzialità lesive dell’arma in questione, dopo aver escluso -da un

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destinazione commerciale della sostanza. Al riguardo i giudici di secondo grado hanno
attribuito decisivo rilievo al dato ponderale, altresì ponendo l’accento su altri indici di
tale destinazione generici e non decisivi. E’ il caso delle modalità di occultamento della
sostanza (nascosta sotto la cucina a gas dell’abitazione), ben spiegabile con il fatto che il
Lomolino vive in casa con i genitori e una sorella. E’ il caso dell’asserita mancanza di
fonti pecuniarie dell’imputato per l’acquisto della “scorta” di stupefacente, benché la
difesa abbia dimostrato che il Lomolino aveva qualche giorno prima ricevuto un anticipo
di euro 250 sulla busta paga del suo primo mese di lavoro (che era stato autorizzato a
svolgere in costanza dell’applicata misura degli arresti domiciliari). Ragionevoli dubbi,
che avrebbero dovuto condurre al proscioglimento dell’imputato, sussistono -per tantosu una destinazione non esclusivamente personale della sostanza drogante caduta in
sequestro. Sostanza che Lomolino ha subito riferito di aver acquistato per disporre di
una piccola scorta funzionale ad un suo esclusivo uso personale.
2.2. Travisamento di prova decisiva e contraddittorietà e illogicità della
motivazione con riferimento al reato di tentata fabbricazione di arma da sparo.
La sentenza ha ritenuto sussistente il reato, pur derubricato in tentativo punibile,
sulla base della sola accertata segatura della canna di una pistola giocattolo, senza
chiarire quale sarebbe stato l’ulteriore intervento modificativo suscettibile di dar vita ad
un’arma da sparo idonea al funzionamento offensivo. In questo contesto sono state lette
con superficialità le conclusioni della relazione tecnica redatta dall’ispettore di polizia
Corvasce, alla cui stregua l’ipotesi di fabbricazione in parola appare soltanto teorica e
certamente impraticabile dall’imputato, se non altro per la mancanza di strumenti adatti
a realizzare le supposte necessarie modifiche (ad esempio la filettatura del bullone forato
che avrebbe dovuto fungere da nuova canna della pistola).
2.3. Violazione di legge (art. 73 co. 5 L.S.) e mancanza e insufficienza della
motivazione sul diniego dell’attenuante del fatto lieve per la detenzione della marijuana.
Impregiudicata la già dedotta insussistenza del reato di cui all’art. 73 L.S.,
incongruamente -a tutto concedere- la Corte ha negato al Lomolino l’attenuante del fatto
di lieve entità, pur ricorrendone tutti i presupposti o indici di legge, come convenuto -del
resto- dallo stesso P.G. di udienza, che ha concluso chiedendo alla Corte di rideterminare
la pena per il più grave reato di illecita detenzione di droga ai sensi del 5° comma
dell’art. 73 L.S. La sentenza di appello si è limitata a far leva sul solo dato ponderale della
sostanza (95 singole dosi) per negare l’attenuante speciale, benché si tratti di quantità
oggettivamente modesta, senz’altro compatibile con la previsione normativa.
2.4. Difetto di motivazione sulla mancata esclusione della recidiva.
I giudici di secondo grado hanno ignorato il motivo di appello con cui si invocava
l’esclusione dell’incidenza della recidiva contestata all’imputato ai fini della definizione
di gravità della condotta criminosa, sebbene il prevenuto non sia gravato da precedenti
in materia di stupefacenti e di armi da fuoco.

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lato- che l’oggetto sia assimilabile ad una parte di arma comune da sparo (ex artt. 2 re 7
L. 895/1967, come ritenuto dalla sentenza del g.u.p.) e -da un altro lato- che la pistola
giocattolo alterata sia stata in grado, all’atto del suo sequestro, di esplodere munizioni
per armi comuni da sparo. Nondimeno la stessa Corte, proprio alla luce delle conclusioni
della relazione tecnico-balistica dell’ispettore Corvasce, ha rilevato (diversamente da
quanto si sostiene nel ricorso) che l’arma è suscettibile, con le modifiche indicate dal
tecnico (non richiedenti una speciale maestria, né strumenti complessi), di raggiungere la
capacità di esplodere proiettili cal. 6.35 o 9 corto. Donde la configurazione del tentativo
del reato punito dall’art. 23 co. 2 L. 110/1975. Esito valutativo che, come rileva la stessa
sentenza, è in linea con l’indirizzo di questa S.C., che ritiene integrare il suddetto reato
l’alterazione e la trasformazione di una pistola giocattolo in arma da sparo (ex multis: Sez.
3, 10.2.2011 n. 9286, Piserchia, rv. 249757; Sez. Fer., 9.8.2011 n. 31873, Calabrò, rv. 250896).
3.2. La doglianza, principale, concernente la confermata sussistenza del reato di
detenzione illecita dei 50 grammi di marijuana sequestrati all’imputato è infondata.
La Corte di Appello ha diffusamente motivato, con argomenti giuridicamente
corretti, l’illiceità della detenzione di droga da parte del Lomolino, caratterizzata da
oggettiva e non minima eccedenza della quantità minima detenibile ex art. 73 co. 1 bis
L.S. (quantità pari al limite massimo di 500 mgr. corrispondente a 20 dosi giornaliere;
laddove lo stupefacente in possesso dell’imputato equivale a mgr. 2.369 di delta-thc
puro). A tale dato la sentenza impugnata ha correlato (a parte le modalità di
occultamento e custodia della sostanza) altro rilevante elemento, per nulla generico,
come si adduce nell’impugnazione. L’imputato non è un tossicodipendente, di tale stato
non rinvenendosi alcuna traccia documentale, limitandosi lo stesso ad affermare in
modo schematico di fare uso di marijuana. Evenienza che, per di più, vale a rendere ben
poco plausibile il connesso assunto del prevenuto di essersi voluto dotare di una
“scorta” della sostanza per tale suo uso, nonostante l’elevata volatilità del principio
attivo della marijuana. Ciò senza tacere che lo stesso imputato non ha inteso fornire
alcuna indicazione sulle modalità ambientali e soggettive dell’avvenuto acquisto della
sostanza (acquisto asseritamente perfezionato con uno sconosciuto incontrato preso la
cooperativa, dove era stato autorizzato a lavorare pochissimi giorni prima).
3.3. Fondate debbono ritenersi le censure sul diniego dell’attenuante del fatto
lieve. Sul punto la motivazione della Corte di Appello appare decisamente lacunosa o
sommaria, perché -come osserva il ricorrente- l’unico elemento su cui è stato fondato tale
giudizio è costituito dalla quantità della sostanza detenuta dal Lomolino, in quanto “utile
a confezionare ben 95 dosi di marijuana”. Ora detto dato ponderale non appare, di per sé (e
anche nella casistica criminosa vagliata dal questa S.C.), incompatibile con l’attenuante
speciale (divenuta per altro, dopo l’odierna sentenza, fattispecie autonoma di reato con
la rimodulazione dell’art. 73 co. 5 L.S. operata con D.L. 146/2013 convertito in L.
10/ 2014), essendosi in presenza di una quantità di sostanza certamente non definibile di
elevata o di speciale rilevanza. Non risultando, quindi, tale dato ponderale decisivo, la
Corte distrettuale avrebbe dovuto valutare l’eventuale sussistenza degli altri indici
sintomatici della lievità del fatto elencati dalla disposizione in esame.
Come affermato da questa Corte regolatrice la nozione del fatto lieve ex art. 73 co.
5 L.S. è evocativa di attività di “piccolo” spaccio. Di tal che, per un verso, il giudice di
merito, per stabilire se il quantitativo detenuto o gli altri elementi richiamati dalla norma
impediscono di riconoscere l’attenuante (o fattispecie meno grave), deve avere riguardo
alla dimensione economica del fenomeno in rapporto al volume del commercio, al valore
della sostanza trattata e ai relativi introiti (Sez. 4, 27.5.2010 n. 31663, Ahmetaj, rv. 248112;

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla configurabilità dell’attenuante
di cui al comma 5 0 dell’art. 73 D.P.R. 309/90 e rinvia per la decisione sul punto ad altra
sezione della Corte di Appello di Bari.
Rigetta nel resto il ricorso.
Roma, 17 dicembre 2013
Il consiglier esteltsore
Giacomo’
oni
I

Pid. te
F a esco erpico

Sez. 6, 18.7.2013 n. 41090, Airano, rv. 256609). Per altro verso lo stesso giudice, pur in
presenza -come nel caso di specie- del superamento dei limiti di sostanza detenibile
consentiti dall’art. 73 co. 1 bis L.S., valutati nel loro insieme gli elementi normativi
afferenti all’azione (mezzi, modalità, circostanze) e all’oggetto del reato (quantità e
qualità della sostanza drogante), non può prescindere dal considerare che il quadro
edittale fissato per le ipotesi qualificabili lievi rivela come il legislatore abbia inteso far
riferimento non ai soli casi scolastici di palese minima gravità, ma anche a condotte
illecite di un certo apprezzabile disvalore. La ragione ispiratrice dell’art. 73 co. 5 L.S. è,
infatti, quella di accordare una peculiare mitigazione del trattamento sanzionatorio
connesso alla reale dimensione offensiva del fatto concreto, evocativo di minima o
modesta pericolosità rispetto all’esigenza di contenere la diffusione di stupefacenti (cfr.:
Sez. 6, 5.3.2013 n. 27809, Gallo, rv. 255856; Sez. 6, 19.9.2013 n. 39977, Tayb, rv. 256610).
Si impone, quindi, l’annullamento in parte qua della sentenza impugnata con
rinvio degli atti alla Corte di Appello di Bari perché, ferma l’affermata responsabilità del
ricorrente per i due fatti reato ascrittigli (divenuta definitiva con la presente decisione di
legittimità), proceda a nuovo giudizio sulla ravvisabilità o meno, nella condotta di
illecita detenzione di droga del ricorrente, della ipotesi prevista dall’art. 73 co. 5 L.S., allo
scopo di colmare le descritte lacune della motivazione, uniformandosi ai criteri valutativi
delineati dalle decisioni di questa S.C. dianzi richiamate. Lo stesso giudice del rinvio si
farà carico, ove riconosca sussistente la predetta ipotesi del fatto lieve, di applicare quoad
poenam (art. 2 co. 4 c.p.) la disciplina normativa sopravvenuta alla decisione per effetto
della sentenza n. 32/2014 della Corte Costituzionale e della citata Legge n. 10/2014.
3.4. La subordinata censura di omessa motivazione sulla invocata “esclusione”
della recidiva (reiterata nel quinquennio) contestata al ricorrente, è manifestamente
infondata. Precisato che il corrispondente motivo di appello si segnalava per la genericità
della richiesta (non indicando alcuna ragione della supposta irrilevanza della condizione
di recidivo dell’imputato, autore -per altro- dei reati attribuitigli mentre si trovava in
stato di arresti domiciliari), la sentenza impugnata richiama in punto di pena, facendola
propria, la decisione di primo grado. Il primo giudice ha posto l’accento sulla
significatività dei precedenti annoverati dall’imputato (rapina, evasione e altro) a nulla /
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rilevando l’evenienza che non siano della stessa specie degli attuali reati.
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