Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23348 del 19/03/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 23348 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
ALLEGRA GIUSEPPE

n. il 26.10.1979

avverso la sentenza n. 2558/11 della Corte d’appello di Catania
dell’11.11.2011.
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
Udita in PUBBLICA UDIENZA del 19 marzo 2013 la relazione fatta dal
Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Udito il Procuratore Generale nella persona del dott. Vito D’Ambrosio
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 19/03/2013

RITENUTO IN FATTO
1. ALLEGRA GIUSEPPE ricorre in Cassazione avverso la sentenza, in epigrafe
indicata, della Corte d’Appello di Catania di conferma della sentenza di condanna
emessa nei suoi confronti dal GUP del Tribunale dello stesso capoluogo il
29.03.2011 in ordine al delitto di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90.
li. Con il primo motivo si deduce violazione di legge, nella specie dell’art. 73

d.P.R. 309/90 per non essere stata dimostrata in maniera inconfutabile
l’effettiva attività di spaccio, e del comma V della stessa disposizione di legge in
autonoma e non assoggettabile, quindi, al giudizio di equivalenza con la
contestata recidiva.
Con riferimento a questa prima

censura si evidenzia che lo stato di

tossicodipendenza dell’imputato è elemento importante ai fini della valutazione
dell’intensità del dolo e quindi dell’incidenza di tale stato nel processo di
formazione della volontà e dei motivi che possano aver portato a delinquere.
Si censura anche la ritenuta recidiva senza che sia stato espresso adeguata
valutazione di pericolosità del ricorrente.

1. 2 Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione deducendosi come
Il Tribunale e, successivamente, la Corte d’Appello non abbiano esaminato tutti
gli elementi a loro disposizione e non abbiano esattamente applicati i criteri della
logica nello sviluppo delle argomentazioni lacunose e frammentarie, in sostanza
si eccepisce il travisamento dei fatti.

RITENUTO IN DIRITO
2. I motivi esposti sono manifestamente infondati e determinano la dichiarazione
di inammissibilità del ricorso.
In effetti i due motivi, che si integrano, possono essere esaminati
congiuntamente. distinguendo le censure che attengono al convincimento di
colpevolezza dell’imputato da parte dei giudici del merito e quelle afferenti alla
dedotta violazione di legge.
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Collegio ritiene che non sttno consentite nel giudizio di legittimità, in

quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché
l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla
esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e
adeguata motivazione, immune da censure logiche, perché basata su corretti
criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime
di esperienza.

quanto la fattispecie ivi prevista è da considerarsi come ipotesi di reato

Per altro il motivo è anche generico in quanto, sebbene sia stato dedotto il
travisamento del fatto, non si espone in che modo tale vizio si sia concretizzato.
Invero, l’attività di spaccio contestata all’imputato, i giudici del merito l’hanno
correttamente desunta dal verbale di arresto in atti (si rammenta che l’imputato
è stato giudicato in primo grado con il rito abbreviato) laddove viene descritto il
servizio di osservazione operato dai verbalizzanti, nel corso del quale avevano
modo di constatare la inequivocabile attività di cessione a terzi di sostanza
stupefacente posta in essere dall’ALLEGRA.
V dell’art. 93 d.P.R. 309/90 come figura autonoma di reato il Collegio si riporta
alla copiosa e costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui in tema di
reati concernenti sostanze stupefacenti, l’ipotesi disciplinata dall’art. 73, comma
quinto, d.P.R. n. 309 del 1990, configura una circostanza attenuante e non una
figura autonoma di reato (V. da ultimo Sez. 4, Sentenza n. 3557 del 12/01/2012
Ud. Rv. 252671).
2. 1 In ordine alla ritenuta recidiva, contrariamente a quanto opina il ricorrente,

la Corte d’Appello ha fornito congrua ed esaustiva motivazione circa il giudizio di
pericolosità dell’imputato evidenziando come la condotta delittuosa,
dettagliatamente ricostruita, presenta significativi elementi di pericolosità tali da
rilevare di per sé un’accentuazione della capacità a delinquere, tenuto conto
della modalità dell’attività di spaccio della sostanza stupefacente che ne fanno
escludere l’occasionalità e dei precedenti penali anche specifici.
Il giudizio di equivalenza tra la ritenuta aggravante e quella speciale di cui al
richiamato comma V dell’art. 73 d.P.R. 309/90, è stato espresso a prescindere
dal divieto all’epoca vigente (successivamente ritenuto non conforme alla
Costituzione dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 251/2012) di operare il
giudizio di prevalenza tra la recidiva di cui al IV comma dell’art. 99 e le concesse
attenuanti.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della
cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.

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Così deciso in Roma alla pubblica udienza del 19 marzo 2013.
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Quanto alla censura, in diritto, di configurare l’ipotesi attenuata di cui al comma

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