Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23335 del 22/03/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 23335 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
– P.M. della Procura della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro
avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro in data

2 ottobre

2012;
sentita la relazione svolta dal consigliere dott. Giovanni Diotallevi;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Eduardo Vittorio
Scardaccione, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Il P.M. della Procura della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro
ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame
di Catanzaro in data 2 ottobre 2012, con la quale è stata accolta l’ istanza di riesame, con conseguente revoca, avverso il decreto di sequestro preventivo emesso, previa convalida di quello disposto in via d’urgenza dal P.M., in data 23 luglio
2012, nell’ambito del procedimento penale r.g.n.r. 2650/08 della Procura della
Repubblica di Catanzaro DDA , nei confronti di Arena Pasquale con riferimento ai
reati di cui agli artt. 81 cpv. 110 c.p., 12 quinquies di. n. 306/1992, 7 di. n.
152/91, art. 3 lett. a) e 4 I. 146/2006; 110, 117, 81 cpv., art. 479 in relazione
all’art. 476, 323 c.p. e 7 d.l. n. 152/91 e concernenti le quote societarie e l’intero
complesso aziendale della Soc. Venti Capo Rizzuto, della soc. Purena s.r.I., della
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Data Udienza: 22/03/2013

soc. Veda s.n.c. di Ventura Fabiola e C. e in particolare delle quote societarie e
dell’intero complesso aziendale, dei rapporti bancari e postali in essere sul territorio nazionale intestati e comunque riconducibili ovvero nella disponibilità tra gli
altri di Arena Pasquale cl. 53.
A sostegno dell’impugnazione deduce:
a) Violazione dell’art. 324 cod. proc. pen. in combinato disposto con l’art.
321 cod. proc. pen., quanto all’impossibilità del TDL di giudicare e valuta-

dell’integrazione dell’elemento psicologico. Violazione di legge, in particolare falsa applicazione dell’art. 12 quinquies d.l. n. 306 del 1992.
Il ricorrente sottolinea come il tribunale abbia riconosciuto, in base agli
elementi indiziari desumibili dal decreto di sequestro, l’effettività della scissione
tra titolarità apparente e disponibilità reale del Parco eolico WIND FARM ICR di
Isola Capo Rizzuto, ma abbia poi escluso la riconducibilità delle condotte poste in
essere da Arena Pasquale cl. 53, a fini di elusione delle disposizioni di legge in
materia di misure di prevenzione patrimoniale e di agevolazione del reato di cui
all’art. 648 bis c.p. In particolare l’ufficio ricorrente censura la motivazione del
Tribunale del riesame, quando sottolinea la mancata indicazione da parte
dell’Ufficio del p.m. di elementi concreti in ordine alla prospettata strumentalizzazione dell’ apparente titolarità delle società coinvolte, realizzata per eludere gli
gli scopi della norma in questione; in sostanza non sarebbe stato acquisito alcun
elemento indiziario indicativo della volontà di sottrarsi all’eventuale futura sottoposizione a misure di prevenzione patrimoniale. Anzi secondo il TDL tale volontà
dovrebbe essere esclusa, nonostante gli indicatori, espressione di una specifica
volontà al riguardo, elencati dall’ufficio ricorrente e concernenti, sinteticamente,
precedenti di polizia a decorrere dal 2006, in epoca antecedente alla fase autorizzativa ed esecutiva concernente la realizzazione del parco in questione; la
qualità di semplice funzionario comunale del Comune di Capo Rizzuto, peraltro
già commissariato per i legami con la cosca ARENA, il legame di parentela che
lega l’Arena Pasquale con il riconosciuto capo della omonima associazione a delinquere, Arena Nicola, detenuto in regime di 41 bis 0.P., la circostanza relativa
alla residenza negli stessi stabili dove dimora la famiglia Arena;i1 contenuto di intercettazioni tra l’Arena Pasquale e altri membri della famiglia e lo stesso Arena
Nicola cl. 37, che testimonierebbero l’interessamento del gruppo familiare agli
affari collegati alla realizzazione del parco eolico.

2

re concretamente il fondamento dell’imputazione provvisoria sub specie

C

Ciò premesso l’ufficio ricorrente censura in particolare la contraddittorietà
e l’illogicità motivazionale dell’ordinanza del riesame con riferimento proprio gli
“indicatori sintomatici” che erano stati evidenziati nel provvedimento di sequestro, consistenti in particolare:
Nell’aver ritenuto l’assenza di collegamenti qualificati, sotto il profilo

1)

dell’applicazione della norma in questione, tra Arena Pasquale e Arena Nicola cl.
37 nonostante la presenza di legami parentali, legami ambientali e colloqui inter-

2)

Nella ritenuta sub valenza indiziaria di atti di polizia nella prospettiva del-

la loro utilizzazione nell’ambito di applicazione di eventuali misure di prevenzione.
3)

Nella ritenuta sostanziale neutralità della circostanza relativa alla costru-

zione del parco eolico su terreni della famiglia Arena;

b) Violazione dell’art. 324 cod. proc. pen. in combinato disposto con l’art.
321 cod. proc. pen., quanto all’impossibilità del TDL di giudicare e valutare concretamente il fondamento dell’imputazione provvisoria sub specie
dell’integrazione dell’elemento psicologico.
L’ufficio ricorrente censura il fatto che il TDL , nonostante i presupposti di diritto enunciati dettagliatamente nell’ordinanza, in realtà abbia poi completamente disatteso le richiamate premesse, arrivando ad una valutazione particolarmente penetrante nel merito degli indizi di colpevolezza e della gravità degli
stessi , con una analisi in concreto, non praticabile nel giudizio incidentale di riesame della misura cautelare reale, introducendo così un anomalo giudizio anticipato sulla responsabilità del ricorrente in ordine ai reati ad esso attribuiti. In sostanza il TDL avrebbe esorbitato dal perimetro valutativo opportunamente fissato
dalla normativa e dai principi espressi dalla giurisprudenza, in forza dei quali la
verifica della legittimità del provvedimento si sarebbe dovuta esaurire nell’ambito
di un accertamento incidentale, provvisorio, dell’esistenza di un rapporto di simmetrica corrispondenza tra il fatto manifestatosi e la fattispecie normativa nel
quale è stato inquadrato. In ogni caso non solo non potrebbe essere consentito
un esame approfondito della sussistenza dell’elemento psicologico, ma neppure
valorizzata una ipotesi che richiami una procedura valutativa di immediata evidenza, ictu muli, basata su una diversa ricostruzione e valutazione degli elementi da cui desumere la sussistenza del dolo, rispetto alle valutazioni, contrarie,
formulate dall’accusa. In questo caso non vi sarebbe stata dunque una valutazione in via astratta del contenuto soggettivo delle tesi dell’accusa, ma una veri3

cettati;

fica in concreto sul piano della prova della tenuta dibattimentale delle stesse, con
grave ed evidente anticipazione del giudizio di merito.

c) Violazione di legge ed in particolare falsa applicazione dell’art. 12 quinquies d.l. n. 306 del 1992.
L’ufficio ricorrente censura l’interpretazione data dal TDL all’art. 12 quinquies,
in cui è stata enfatizzata, ai fini dell’esclusione della volontà di violare la norma
in questione, lo stato di incensuratezza dell’Arena e la conseguente impossibilità

realtà, secondo l’ufficio ricorrente, la violazione del reato de quo e i conseguenti
comportamenti prescindono dall’avvenuta adozione in concreto delle suddette
misure, dalla pendenza del relativo procedimento, e si realizza anche in presenza
di comportamenti inerenti a beni solo potenzialmente assoggettabili a misure di
prevenzione adottati, in ipotesi, anche da persona incensurata.
Questa configurazione del quadro normativo ha sofferto, inoltre, nel caso in esame, anche di un evidente travisamento del fatto, nel momento in cui è stata
omessa l’analisi dei comportamenti dell’indagato alla luce della finalizzazione elusiva degli stessi rispetto al reato contestato. In particolare viene denunciato la
discrasia esistente tra la titolarità apparente dei beni oggetto di sequestro e
l’assenza di idonea capacità reddituale per sostenere l’operazione, stante la qualità di funzionario comunale in capo all’Arena, e , inoltre, la sottovalutazione dei
contenuti delle intercettazioni concernenti i contatti tra l’Arena Pasquale e lo zio
Arena Nicola cl. 37.
Sono pervenute in data 18 marzo 2013 note per l’udienza del 22 marzo
2013 da parte dei difensori dell’indagato con cui vengono contestate le deduzioni della Procura .
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il collegio non ritiene di condividere la conclusione del Tribunale del riesame con riferimento al metodo utilizzato per la verifica dell’astratta possibilità
di sussumere il fatto accertato nell’ipotesi di reato contestata.
2. In questo caso, vi è da rilevare, preliminarmente, che il Tribunale del
riesame non ha osservato i principi, pure enunciati in premessa, sulla “qualità”
del controllo spettante in sede di riesame di un provvedimento cautelare reale.
Nel caso di specie, infatti, il Tribunale del riesame ha
l’insussistenza del fumus

ritenuto

del delitto di cui all’art. 12 quinquies I. n. 356/92 e

l’assenza del nesso pertinenziale tra i beni sequestrati all’indagato e gli ulteriori
4

che lo stesso potesse essere sottoposto a misure di prevenzione patrimoniale. In

delitti contestati dopo aver affrontato, in modo approfondito ed analitico la struttura del reato de quo. A tal fine viene richiamato il principio di diritto secondo il
quale il delitto di trasferimento fraudolento di valori di cui all’art. 12 quinquies
D.L. 8 giugno 1992, n. 306, conv. in L. 7 agosto 1992, n. 356 integra un’ipotesi
di reato, oltre che a forma libera, istantaneo con effetti permanenti la cui consumazione si individua al momento in cui viene realizzata l’attribuzione fittizia,
non rilevando a tal fine il permanere della situazione antigiuridica conseguente
alla condotta criminosa (Sez. 2, n. 40 del 24/11/2011 – dep. 04/01/2012, P.M.

trice prevista dall’art. 12 quinques D.L. n. 306 del 1992, conv. in I. n. 356 del
1992 sanziona, sotto il profilo dell’elemento oggettivo, tutte quelle condotte che
realizzino di fatto, nelle modalità più disparate, una situazione di apparenza, con
la separazione tra colui o coloro che hanno la titolarità effettiva di denaro o utilità e colui o coloro che, in base ad una fittizia attribuzione, ne risultano formalmente titolari o disponenti. (Sez. 6, n. 15140 del 12/04/2012 – dep.
19/04/2012, Mangiaracina, Rv, 252610); in questo caso colui che si rende fittiziamente titolare di tali beni con lo scopo di aggirare le norma in materia di prevenzione patrimoniale o di contrabbando, o di agevolare la commissione dei reati
di ricettazione, riciclaggio o impiego di beni di provenienza illecita, risponde a titolo di concorso nella stessa figura criminosa posta in essere da chi ha operato la
fittizia attribuzione in quanto con la sua condotta cosciente e volontaria contribuisce alla lesione dell’interesse protetto dalla norma. (Sez. 1, n. 14626 del
10/02/2005 – dep. 19/04/2005, Pavanati, Rv. 231379).
3. Ciò premesso il Tribunale del riesame sottolinea come, in base agli accertamenti della guardia di Finanza siano state evidenziate plurime circostanze
obiettivamente indicative del diretto e personale interessamento dell’indagato
Arena Pasquale cl. 53 nelle fasi di progettazione, di rilascio dei prodromíci atti
autorizzativi da parte delle pubbliche amministrazioni e della successiva realizzazione del parco eolico WIND FARM ICR di Isola Capo Rizzuto; a tal fine è stato
riconosciuto che l’Arena Pasquale ha intrattenuto rapporti con tutti i soggetti titolari di cariche all’interno del gruppo, avvalendosi anche dell’aiuto di parenti, in
particolare Arena Nicola cl. 64 e Megna Carmine, nonostante l’assenza di titoli
formali che potessero giustificare questo coinvolgimento. Il TDL dà atto, inoltre,
che nel decreto di sequestro preventivo d’urgenza e nella stessa richiesta di convalida disposta dal p.m. e nel decreto adottato dal GIP, della presenza di una
minuziosa ricostruzione cronologica degli eventi e dell’elencazione di dati indiziari
posti a sostegno del provvedimento in esame, da cui lo stesso TDL ricava in mo-

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in proc. Ciaravola e altri, Rv. 251748), precisando altresì che la norma incrimina-

do certo la presenza di un diretto interesse di Arena Pasquale nell’affare del parco eolico di Isola Capo Rizzuto, confermato dal contenuto inequivocabile di alcune intercettazioni telefoniche eseguite nel 2005, in cui uno degli interlocutori è lo
stesso Arena Pasquale; dalle intercettazioni è emerso altresì che l’Arena Pasquale riconosceva di essere il deus ex machina delle operazioni concernenti la realizzazione del Parco eolico e di essere il vertice dell’affare, unitamente al cugino Arena Nicola, come allo stesso Arena Pasquale era riconducibile il controllo di altre
società gravitanti nell’orbita dell’intera operazione (VEDA Snc di Ventura Fabiola

siano state individuate anche attraverso intercettazioni operazioni di camuffamento societario realizzate dagli indagati e del permanente

coinvolgimento

dell’Arena nelle operazioni interessanti il Parco eolico, evenienze cristallizzate nel
rapporto dei Carabinieri di Crotone del 24 marzo 2010, puntualmente richiamate
nel decreto di sequestro preventivo d’urgenza, da cui emerge l’individuazione di
soci occulti nell’articolato panorama societario che ruotava intorno alla realizzazione del Parco eolico, come Arena Pasquale e, in base alle sue stesse ammissioni anche Arena Nicola cl. 64 e Megna Carmine (v. pag. 14 dll’ordinanza del TDL).
All’esito della disamina di questi dati investigativi il TDL conclude che L’Arena Pasquale, pur privo di qualsiasi titolo formale (partecipazione societaria o altro incarico ufficiale), insieme a terzi soggetti, quali in particolare Arena Nicola cl. 64 e
Megna Carmine, si è adoperato in modo molto consistente nella realizzazione del
parco Eolico WIND FARM ICR, in tutte le sue fasi, attribuendo ad altri soggetti,
in modo apparente, la titolarità esclusiva del suddetto parco.
4. Tuttavia, nonostante queste conclusioni fondate su dati oggettivi e
puntualmente inquadrati all’interno di uno schema logico – fattuale dalla pubblica accusa e, criticamente, dopo una verifica logico comparativa, fatte proprie dal
GIP, e in presenza dell’enunciazione dei principi di diritto sopra ricordati, il TDL
ha affermato l’impossibilità di dedurre dalle accertate condotte dell’Arena Pasquale cl. 53, di scissione tra titolarità apparente e disponibilità reale del parco
eolico, la volontà di porre in essere comportamenti “al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale e di agevolare la commissione del reato di cui all’art. 648 bis c.p.”. In sostanza il TDL non ha riconosciuto
al pur evidente “puzzle” societario riferibile all’indagato (e non solo), quel finalismo soggettivo caratterizzato dalla peculiarità dello scopo elusivo, che fa transitare comportamenti riconducibili all’autonoma e lecita iniziativa privata nel campo della condotte penalmente rilevanti in base alle norme citate. E poiché la
Pubblica Accusa nel caso in esame non avrebbe adempiuto all’onere probatorio di
6

e C. e altre richiamate a pag. 12 dell’ordinanza del TDL). Il TDL dà atto poi come

dimostrare oltre l’elemento oggettivo anche l’elemento soggettivo in ordine alla
strumentalizzazione della situazione di apparente titolarità per il perseguimento
di alcuno degli scopi tipici indicati dalla norma, il provvedimento cautelare reale è
stato annullato. A sostegno di questa conclusione il TDL ha sottolineato l’assenza
di qualsiasi elemento indiziarlo direttamente indicativo della volontà di sottrarsi
all’eventuale futura sottoposizione a misure di prevenzione patrimoniale, con
l’ulteriore considerazione che tale volontà dovrebbe essere esclusa da quei comportamenti da cui, ictu acuii, possa dedursi, in base alle regole di comune espe-

5. Tali conclusioni appaiono erronee a parere della Corte ed espressione
di un metodo di valutazione degli elementi indiziari concernenti il fumus commissi delicti eccentrico rispetto agli arresti consolidati della giurisprudenza in materia.
6. Il collegio ritiene necessario fare riferimento ai consolidati principi
giurisprudenziali secondo i quali ai fini del sequestro preventivo di beni confiscabili ai sensi dell’art. 12 sexies del D.L. 8 giugno 1992 n. 306, convertito in legge
7 agosto 1992 n. 356 (modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e
provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa), è necessario accertare,
quanto al “fumus commissi delicti”, l’astratta configurabilità, nel fatto attribuito
all’indagato, di uno dei reati in esso indicati e, quanto al “periculum in mora”, la
presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la
confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al
reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi. (Sez. 1, n. 19516 del
01/04/2010 – dep. 24/05/2010, Barilari, Rv. 247205). E’ opportuno aggiungere
che la confisca prevista dalle norme in questione ha struttura e presupposti diversi da quella ordinaria, in quanto, mentre per quest’ultima assume rilievo la
correlazione tra un determinato bene e un certo reato, nella prima viene in considerazione il diverso nesso che si stabilisce tra un patrimonio ingiustificato e una
persona nei cui confronti sia stata pronunciata condanna o applicata la pena patteggiata per uno dei reati indicati nell’articolo citato. Ne consegue che, le condizioni necessarie e sufficienti per disporre il sequestro preventivo di beni confiscabili a norma dell’art. 12-sexies, commi 1 e 2, d.l. 8 giugno 1992 n. 306, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 1992 n. 356, consistono, quanto al
“fumus commissi delicti”, nell’astratta configurabilità, nel fatto attribuito all’indagato e in relazione alle concrete circostanze indicate dal P.M., di una delle ipotesi
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rienza, solitamente l’atteggiamento interiore del soggetto agente.

criminose previste dalle norme citate, senza che rilevino ne’ la sussistenza degli
indizi di colpevolezza, ne’ la loro gravità e, quanto al “periculum in mora”, coincidendo quest’ultimo con la confiscabilità del bene, nella presenza di seri indizi di
esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che
riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della
lecita provenienza dei beni stessi. (Sez. U, n. 920 del 17/12/2003 – dep.
19/01/2004, Montella, Rv. 226492). A ciò deve aggiungersi che l’oggetto giuridi-

D.L. n. 306 del 1992 , proprio perché consiste nell’interesse ad evitare la sottrazione di patrimoni anche solo potenzialmente assoggettabili a misure di prevenzione, comporta che la concreta emanazione di queste ultime (o la pendenza del
relativo procedimento) non integra l’elemento materiale del reato né una condizione oggettiva di punibilità, ma può costituire mero indice sintomatico (possibile, ma non indispensabile) di eventuali finalità elusive sottese a trasferimenti
fraudolenti o ad intestazioni fittizie di denaro, beni o altre utilità, che connotano
il dolo specifico richiesto. (Sez. 6, n. 27666 del 04/07/2011 – dep. 14/07/2011,
Barbieri e altri, Rv. 250356). Tali conclusioni non escludono ovviamente che in
sede di riesame di misure cautelari reali, pur essendo precluso il sindacato sul
merito dell’azione penale, il giudice deve verificare la sussistenza del presupposto del “fumus commissi delicti” attraverso un accertamento concreto, basato
sulla indicazione di elementi dimostrativi, sia pure sul piano indiziario, della sussistenza del reato ipotizzato. (Sez. 6, n. 35786 del 21/06/2012 – dep.
18/09/2012, Buttini e altro, Rv. 254394), non essendo sufficiente ai fini dell’individuazione del “fumus commissi delicti”, la mera “postulazione” dell’esistenza del
reato, da parte del pubblico ministero. Pertanto è pur vero che in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, al giudice è attribuita una valutazione sommaria in ordine al “fumus” del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata, ma la giurisprudenza è costante nell’affermare che per l’elemento psicologico, l’insussistenza dello stesso
deve emergere “ictu ocu/i”, cioè deve essere caratterizzato da immediato rilievo
(Cass., Sez. 2, n. 2808 del 02/10/2008 – dep. 21/01/2009, Bedino e altri, Rv.
242650; Cass., sez. 4^, 21 maggio 2008, n. 23 944, CED. Cass., n. 240521;
Sez. 1, 11/5/2007, CED, n. 236474), anche alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia (Corte cost., ord. n. 153 del 2007). Nella fattispecie in oggetto in realtà il Tribunale del riesame ha, a parere della Corte, esorbitato da tali
principi giacché, nell’esaminare la vicenda, che coinvolge diversi soggetti, ha a8

co del delitto di trasferimento fraudolento di valori, previsto dall’art. 12 quinques

nalizzato le contingenze rilevanti giungendo ad una valutazione frazionata e atomistica della pluralità di elementi indiziari acquisiti, ai fini della valutazione del

“fumus”, dovendosi non solo accertare, in un primo momento, il maggiore o minore livello di gravità e precisione dei singoli indizi, ciascuno isolatamente considerato, ma anche, procedere al loro esame globale e unitario tendente a dissolverne la relativa ambiguità e a inserirli in una lettura complessiva che di essi
chiarisca l’effettiva sussistenza del “fumus” come sopra precisato e la congruen-

7. A parere della Corte il Tribunale ha errato dunque nell’interpretazione
dei requisiti richiesti per l’adozione del sequestro preventivo, che necessita sicuramente come presupposto indefettibile del fumus di commissione del reato, ma
a prescindere dalla prova (in tale fase cautelare) che il reato sia stato commesso
da un determinato soggetto. In conseguenza la valutazione operata in ordine
all’atteggiamento interiore dell’indagato, non essendo stata eseguita con un metodo adesivo ai principi di diritto enunciati sul punto, non è tale da far venire
meno i presupposti legittimanti il provvedimento di sequestro. La stessa motivazione del tribunale, infatti, ammette la sussistenza di elementi di anomalia tali da
integrare il fumus di commissione del delitto contestato. Ma poi le linee dei paradigmi valutativi del compendio indiziario non si sono mosse in conformità ad un
metodo di lettura unitario e complessivo degli elementi acquisiti e della loro valenza qualitativa, evidenziando i collegamenti e la confluenza in un medesimo
quadro ricostruttivo.
8. Secondo la Corte alla luce di tali principi, nel giudizio posto a base
dell’ordinanza impugnata è presente una palese discrepanza dei criteri di valutazione sopraindicati, anche perché gli stessi ignorano completamente il contesto
di “mafiosità”, ben individuabile con riferimento alla contestazione di cui all’art. 7
d.l.n. 152/91, in ordine alla quale le azioni valutate e la disamina degli elementi
di indagine è stata condotta dal Tribunale del riesame in modo frammentario e
senza affatto ricercare le interazioni riscontrabili tra le diverse risultanze investigative. La struttura e l’articolazione della motivazione dell’ordinanza impugnata
dunque risultano insufficienti, proprio perchè il Tribunale ha valutato la posizione
dell’indagato analizzando i singoli elementi indiziari acquisiti senza valorizzare
adeguatamente il contesto che avrebbe potuto indubbiamente contribuire a chiarire la loro effettiva portata dimostrativa e la loro reale congruenza rispetto al
tema d’indagine prospettato dall’accusa formulata nel capo d’imputazione. In tale prospettiva è evidente la carenza e la frattura logico- argomentativa del prov-

9

za rispetto al tema d’indagine prospettato dall’accusa nel capo di imputazione.

vedimento impugnato che, attraverso la disamina incompleta e parcellizzata del
materiale indiziario acquisito e la sostituzione di generiche presunzioni o regole
di esperienza inapplicabili, in base ai principi enunciati, e all’attenta e completa
lettura dei dati processuali, ha omesso di valutare e di correlare logicamente tra
loro i seguenti profili evidenziati nel ricorso dell’ufficio della pubblica accusa e
che possono di seguito essere così riprodotti:
a)

La storica ed accertata presenza di un sodalizio di ‘ndrangheta degli Arena

b)

l’effettività della scissione tra titolarità apparente e disponibilità reale, in
favore dell’Arena Pasquale, del Parco eolico WIND FARM ICR di Isola Capo
Rizzuto e l’assenza di spiegazione logica di tali operazioni, anche in considerazione dei contenuti di alcune intercettazioni, (cui vengono contrapposte mere ipotesi congetturali, v. pag. 13) ;

c)

i precedenti di polizia relativi all’Arena Pasquale a decorrere dal 2006, in
epoca antecedente alla fase autorizzativa ed esecutiva, concernente la
realizzazione del parco in questione;

d) la qualità di semplice funzionario comunale del Comune di Capo Rizzuto,
peraltro già commissariato per i legami con la cosca ARENA, con conseguente indisponibilità effettiva delle somme di denaro impegnate nel progetto in questione.
e) il legame di parentela che lega l’Arena Pasquale con il riconosciuto capo
della omonima associazione a delinquere, Arena Nicola, detenuto in regime di 41 bis 0.P.,
f)

la circostanza relativa alla residenza del ricorrente negli stessi stabili dove
dimora la famiglia Arena;

g) il contenuto di intercettazioni tra l’Arena Pasquale e altri membri della famiglia e lo stesso Arena Nicola cl. 37, che testimonia l’interessamento non
solo dell’Arena Pasquale, ma del gruppo familiare agli affari collegati alla
realizzazione del parco eolico;
h) l’accertata presenza di altri soci occulti nell’operazione (v. pag. 14
dell’ordinanza impugnata);

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di Isola Capo Rizzuto nel territorio in questione;

i) i precedenti di polizia e penali indicati a carico sia dell’Arena Pasquale, che
dell’Arena Nicola cl. 64, che di Megna Carmine, comunque relativi a fattispecie criminose di notevole allarme sociale e riconducibili al contesto
malavitoso in cui la vicenda in questione si consuma;
l’installazione su terreni di proprietà della famiglia Arena, e , in particolare
di proprietà di soggetti condannati per reati di criminalità organizzata, di
torri del parco eolico con conseguente fruizione delle erogazione dei corri-

k) la peculiare struttura delle ‘ndrine calabresi, contraddistinte da una forte
connotazione di tipo familiare.
Alla luce delle suesposte considerazioni la spiegazione alternativa
dell’interposizione fittizia di soggetti giuridici rispetto alla reale titolarità
dei beni, attraverso la ipotizzata verosimile finalità di evasione o elusione
fiscale, operata dal TDL, appare meramente congetturale rispetto al quadro indiziario rappresentato dalla pubblica accusa e assolutamente inidonea ad escludere il fumus commissi delicti sotto il profilo soggettivo.
9. Ciò premesso anche per quanto sopra precisato e verrà di seguito evidenziato, appare possibile asserire che la condotta, altrimenti lecita,

miri a finali-

tà elusive, in quanto possiede i requisiti per sfuggire alle rigorose previsioni della
normativa di prevenzione patrimoniale, e ciò secondo un giudizio di plausibilità,
espresso ovviamente tenendo conto del contesto in cui è stata posta in essere,
che, nel caso considerato, si giova di dati fattuali aggiuntivi, tali da far ritenere
che il trasferimento possa sortire l’effetto sperato. Questi dati fattuali, nel caso in
esame, non sono stati correttamente valutati nell’ordinanza impugnata. In questo articolato contesto e’, dunque, palese il vizio della motivazione dell’ordinanza impugnata che, valutando in maniera parziale e frazionata soltanto alcuni dei
dati acquisiti e basandosi su una lettura frazionata e incompleta degli indizi, e
omettendo di apprezzare correttamente il contenuto delle intercettazioni svolte,
ha riduttivamente inquadrato l’attività dell’Arena Pasquale sostanzialmente, di
fatto, come una attività imprenditoriale, al più caratterizzata da una fortissima
propensione all’evasione e all’elusione fiscale, con giustificabili attenzioni ai vincoli familiari, così rinunciando ad esplorare la riconducibilità di tale attività alla
perdurante operatività del gruppo di criminalità organizzata facente capo appunto alla famiglia Arena e alla gestione, da parte di Arena Pasquale cl. 54 e dei suoi
soci, di attività illecite di interesse dell’associazione in Isola Capo rizzuto. Infine,

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spettivi in denaro per la concessione dei diritti di superficie e servitù;

svalorizzando i vincoli di parentela e trascurando di valutare la peculiare connotazione delle ‘ndrine, incentrate proprio sui legami familiari, ha congetturalmente
connotato l’elemento psicologico delle attività poste in essere, quali emergenti in
particolare dalla scissione proprietaria con la realizzazione dell’interposizione fittizia, e dal contenuto delle intercettazioni (trasmissione di direttive e di messaggi
funzionali all’operatività del gruppo Arena e alla elaborazione delle strategie per
attività di investimento dei soldi di pertinenza del sodalizio), con finalità non riconducibili alla violazione della norma di cui all’art. 12 quinquies della legge n.

governo dei principi giurisprudenziali affermati in materia , in base ai quali nel
caso dell’interposizione fittizia di cui al precedente art. 12 quinquies, il giudice
deve apprezzare la giustificazione della provenienza del danaro, dei beni, o delle
altre utilità da confiscare e la sproporzione, rispetto al reddito dichiarato ai fini
delle imposte sui redditi o all’attività economica, con riferimento alla persona del
sostituito, effettivo titolare, e non del sostituto. (Sez. 1, n. 24804 del
26/05/2010 – dep. 01/07/2010, Stracuzzi e altro, Rv. 247804) e in base al fatto
che la circostanza aggravante prevista dall’art. 7 D.L. n. 152 del 1991, conv. nella legge n. 203 del 1991, può trovare applicazione anche in relazione al delitto di
trasferimento fraudolento di valori, in quanto l’occultamento giuridico di un’attività imprenditoriale, attraverso la fittizia intestazione ad altri, implementa la forza del sodalizio di stampo mafioso, determinando un accrescimento della sua posizione sul territorio attraverso il controllo di un’attività economica. (Sez. 6, n.
9185 del 25/01/2012 – dep. 08/03/2012, Biondo e altri, Rv. 252282).
10. Le conclusioni del Tribunale del riesame dunque non possono essere
condivise sia per una questione di metodo, in base alle considerazioni sopraesposte, che trovano la loro fondatezza nella costante giurisprudenza sul punto, e
che richiamano dunque il vizio di violazione di legge, che rende legittima
l’impugnazione dell’organo inquirente, e per una questione di contenuto, funzionalmente collegata alla prima, cui il collegio, necessariamente, deve fare riferimento, in considerazione delle valutazioni finali raggiunte in sede di riesame.
Per tutte queste ragioni, s’impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza
impugnata e il rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro.

12

356/1992. Non appare anche per queste ragioni essere stato fatto un corretto

P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al tribunale di Catanzaro per
nuovo esame.
Roma, li 22 marzo 2013
liere estensore

Il PresidenteF anco Fiandanese

Il C

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