Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23309 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23309 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAETA ENRICO, nato il 11/07/1944
avverso l’ordinanza n. 770/2012 della CORTE APPELLO di MILANO
del 03/10/2012;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale in persona del Sostituto
designato, che ha chiesto annullarsi senza rinvio le ordinanze del
3.10 e 7.11.2012 della Corte di appello di Milano e restituirsi gli atti
allo stesso Giudice per nuova deliberazione.

Data Udienza: 13/11/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 7 novembre 2012 la Corte di appello di Milano, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’opposizione

circondariale di Roma in esecuzione dell’ordine di carcerazione del 7 gennaio
2009 della Procura Generale presso la Corte di appello di Milano, avverso
l’ordinanza del 3 ottobre 2012 della stessa Corte.
La Corte, a ragione della decisione, rilevava che:
– l’opponente, con istanza del 7 agosto 2012, aveva eccepito in sede
esecutiva la nullità del decreto di latitanza e degli atti successivi per la
limitatezza delle ricerche effettuate e la nullità, in ogni caso, dell’estratto
contumaciale delle sentenze dei due gradi del giudizio, perché notificato al
difensore di ufficio in forza di decreto d’irreperibilità divenuto inefficace ai sensi
dell’art. 160 cod. proc. pen.;
– detta istanza era stata rigettata con ordinanza del 3 ottobre 2012, il cui
contenuto era richiamato;
– l’atto di opposizione, volto a contestare la compressione del diritto di
difesa, avendo la Corte provveduto senza la fissazione dell’udienza in camera di
consiglio, e a reiterare la precedente richiesta, costituiva mera riproposizione di
richiesta già rigettata e comunque manifestamente infondata.

2. Avverso l’ordinanza di rigetto del 3 ottobre 2012 e l’ordinanza successiva
all’atto di opposizione del 7 novembre 2012, ha proposto ricorso per cassazione,
per mezzo del suo difensore, l’interessato Caeta, che ne ha chiesto
l’annullamento sulla base di unico motivo, con il quale ha dedotto violazione
dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt.
159, 160, 165, 296, 548, 670 e 666 cod. proc. pen.
Secondo il ricorrente, non si è osservata e si è erroneamente applicata la
legge processuale per la mancata fissazione dell’udienza in camera di consiglio
per la trattazione dell’incidente di esecuzione, che – promosso con istanza
depositata il 7 agosto 2012, con la quale era stata eccepita la nullità del decreto
di latitanza e degli atti successivi e si era dedotta, in ogni caso, la nullità
dell’estratto contumaciale delle sentenze di primo e secondo grado, perché
notificate al difensore di ufficio sulla base di un decreto d’irreperibilità che aveva

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proposta nell’interesse di Enrico Caeta, in atto detenuto presso la Casa

perso efficacia – era stato definito con ordinanza della Corte di appello di Milano
del 3 ottobre 2012 che, considerata l’istanza come mera richiesta di rimessione
in termini, ne aveva disposto il rigetto de plano.
Tale violazione di norme processuali, che aveva compresso il diritto di
difesa, era stata oggetto dell’atto di opposizione alla stessa Corte di appello, che,
con ordinanza del 7 novembre 2012, aveva dichiarato inammissibile
l’opposizione considerata quale mera riproposizione della precedente istanza,
omettendo di motivare in ordine alle questioni relative alla inefficacia del decreto

3. Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta concludendo per
l’annullamento senza rinvio delle ordinanze del 3 ottobre 2012 e del 7 novembre
2012, per palese violazione delle formalità previste a pena di nullità assoluta,
rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado, dall’art. 666 cod. proc. pen., avendo il
giudice deciso de plano l’incidente di esecuzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere accolto.

2. L’art. 666, comma 4, cod. proc. pen. prevede che l’udienza in camera di
consiglio – fissata ex art. 666, comma 3, cod. proc. pen. per la trattazione
dell’incidente di esecuzione con avviso alle parti e ai difensori – si svolge con la
partecipazione necessaria del difensore e del pubblico ministero.
Ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., è, tuttavia, possibile la
decisione d’inammissibilità dell’istanza, adottata de plano con decreto motivato,
sentito il pubblico ministero, nelle ipotesi di manifesta infondatezza della
richiesta per difetto delle condizioni di legge o di mera riproposizione di una
richiesta già rigettata.
2.1. Al di fuori delle indicate ipotesi specifiche, che legittimano l’emissione
del decreto e la deroga alla regola del contraddittorio, assicurato dal
procedimento camerale, in quanto non implicano alcun giudizio di merito e
alcuna valutazione discrezionale (tra le altre, Sez. 5, n. 9 del 04/01/2000,
dep. 09/03/2000, Rotondi R., Rv. 215975; Sez. 1, n. 14040 del 27/03/2007,
dep. 04/04/2007, Menin, Rv. 236216; Sez. 1, n. 42900 del 27/09/2013,
dep. 18/10/2013, Pretto, Rv. 257159), il procedimento esecutivo deve, pertanto,
sempre svolgersi, previo avviso alle parti e ai difensori, con la partecipazione del
Pubblico Ministero e con l’obbligatoria assistenza e partecipazione del difensore,

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d’irreperibilità e alla notificazione dell’estratto contumaciale della sentenza.

sia esso di fiducia o di ufficio, ai fini della regolare instaurazione di un
contraddittorio effettivo.
2.2. Consegue a tali rilievi che, qualora il giudice dell’esecuzione abbia,
invece, omesso di fissare l’udienza in camera di consiglio e abbia adottato un
provvedimento de plano fuori dei casi espressamente stabiliti, si determina una
nullità di ordine generale e di carattere assoluto, rilevabile di ufficio in ogni stato
e grado del procedimento, ai sensi degli artt. 178 e 179 cod. proc. pen., dato che
la procedura adottata comporta l’omesso avviso all’interessato della fissazione

ordinario, e l’assenza del suo difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la
presenza (tra le altre, Sez. 1, n. 6168 del 04/11/1997, dep. 16/12/1997,
Zicchitella, Rv. 209134; Sez. 3, n. 1730 del 29/05/1998, dep. 29/07/1998,
Viscione E., Rv. 211550; Sez. 3, n. 46786 del 20/11/2008, dep. 18/12/2008,
Bifani, Rv. 242477; Sez. 3, n. 11421 del 29/01/2013, dep. 11/03/2013,
Prediletto, Rv. 254939; Sez. 1, n. 29505 del 11/06/2013, dep. 10/07/2013, P.M.
in proc. Lahmar, Rv. 256111).
2.3. Deve anche rilevarsi in diritto che, quando non ricorrono i casi previsti
dagli artt. 667 e 676 cod. proc. pen. e dalle norme che si richiamano a essi, in
cui il giudice dell’esecuzione procede a norma dell’art. 667, comma 4, cod. proc.
pen. senza fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, con ordinanza
contro la quale gli interessati possono proporre opposizione davanti allo stesso
giudice, che decide, previa fissazione dell’udienza, con le forme dell’incidente di
esecuzione di cui all’art. 666 cod. proc. pen., l’art. 666, comma 2, cod. proc.
pen. prevede l’esperimento del ricorso per cassazione avverso la decisione
d’inammissibilità dell’istanza, adottata de plano con decreto motivato, e l’art.
666, comma 6, cod. proc. pen. prevede la proponibilità del solo ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza che decide l’incidente di esecuzione.

3. Nel caso di specie, dall’esame degli atti, consentito trattandosi di error in
procedendo (tra le altre, Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, dep. 28/11/2001,
Policastro, Rv. 220092; Sez. 4, n. 47981 del 28/09/2004, dep. 10/12/2004,
Mauro, Rv. 230568, e da ultimo Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013,
dep. 21/02/2013, Chahid, Rv. 255304), risulta che:
– la Corte di appello di Milano, quale giudice dell’esecuzione, ha provveduto
de plano con la prima ordinanza del 3 ottobre 2012, senza previa rituale
instaurazione della udienza camerale, limitandosi a richiedere il parere del
Procuratore Generale, reso il 5 settembre 2012, ed esaminando nel merito la
richiesta, con valutazioni riferite alla verifica della sussistenza delle condizioni

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dell’udienza, equiparabile alla omessa citazione dell’imputato nel procedimento

latitanza,

per l’emissione del decreto di

estese all’apprezzamento

dell’adeguatezza e sufficienza delle indagini svolte;
– la stessa Corte, con la seconda ordinanza del 7 novembre 2012, ha
dichiarato inammissibile de plano l’opposizione, depositata dall’interessato il 29
ottobre 2012, dopo avere acquisito il 30 ottobre 2012 il parere del Procuratore
Generale, rilevando che l’atto, con il quale era lamentata la compressione del
diritto di difesa e reiterata la precedente richiesta senza opporre censure di
merito, era meramente ripropositivo di richiesta già rigettata e comunque

3.1. La Corte, avuto riguardo a tali emergenze fattuali, non ha fatto esatta
interpretazione della normativa di riferimento e corretta applicazione degli
indicati condivisi principi di diritto, incorrendo nei denunciati vizi di legittimità.
Essa, invero, con la prima ordinanza, derogando alle regole del
contraddittorio che non ha disposto, ha esaminato nel merito la richiesta
difensiva, che ha rigettato de plano, in contrasto con la previsione dell’art. 666,
comma 2, cod. proc. pen. e con riguardo a richieste non rientranti tra le

“altre

competenze” del giudice dell’esecuzione di cui all’art. 676 cod. proc. pen., alle
quali è riferita la procedura de plano prevista dall’art. 667, comma 4, cod. proc.
pen.
3.2. Con la seconda ordinanza, la Corte, ritenendo opposizione l’atto
proposto, volto a contestare la legittimità della prima ordinanza anche sotto il
profilo della intervenuta violazione del diritto di difesa, e contestualmente
considerandolo come istanza reiterativa di precedente richiesta già rigettata e
comunque manifestamente infondata, ha dichiarato inammissibile

de plano

l’opposizione, senza considerare l’estraneità delle richieste difensive ai limiti di
operatività dell’art. 667 comma 4, cod. proc. pen., che, comunque ove
applicabile, richiedeva una decisione con le forme previste dall’art. 666 cod.
proc. pen., e quindi con le garanzie del contraddittorio camerale, né tener conto
della inapplicabilità in ogni caso della previsione dell’art. 666, comma 2, cod.
proc. pen. in sede di esame di istanza diretta a ottenere dallo stesso giudice una
decisione in contraddittorio sulla medesima originaria richiesta, né rilevare che la
prima ordinanza, emessa de plano, era soggetta a ricorso per cassazione e non a
opposizione dinanzi allo stesso giudice.

4. Consegue alle svolte considerazioni che, qualificata in questa sede
correttamente l’opposizione proposta contro la prima ordinanza del 3 ottobre
2012 come ricorso per cassazione e rilevata la nullità assoluta di detta prima
ordinanza emessa in violazione del contraddittorio, devono annullarsi entrambe

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manifestamente infondata alla luce della motivazione dell’ordinanza opposta.

le ordinanze senza rinvio e trasmettersi gli atti al Giudice dell’esecuzione per la
decisione della originaria richiesta nel contraddittorio delle parti.
P.Q.M.

Qualificata l’opposizione come ricorso annulla senza rinvio l’ordinanza
impugnata e l’ordinanza del 3 ottobre 2012 e dispone la trasmissione degli atti
alla Corte di appello di Milano per la decisione in contraddittorio sulla originaria

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

istanza

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