Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23300 del 23/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23300 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TRIPODI VINCENZO N. IL 21/01/1979
avverso l’ordinanza n. 231/2013 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 09/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
1ot4e/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 23/10/2013

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ordinanza in data 9.5.2013 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria rigettava l’appello
presentato nell’interesse di TRIPODI VINCENZO avverso l’ordinanza della Corte di assise
d’appello di Reggio Calabria in data 26.2.2013, con la quale era stata respinta la richiesta di
revoca della misura cautelare della custodia in carcere, motivata dalle condizioni di salute del
predetto.

pena di vent’anni di reclusione per i reati di cui agli artt. 416-bis e 56/575 c.p..
Osservava che la Corte di assise d’appello aveva ancorato il rigetto della richiesta di revoca
della misura cautelare non solo alla perizia d’ufficio, disposta a seguito di precedenti istanze di
scarcerazione, ma anche ad una nota del Presidio Sanitario CP di Secondigliano in data
21.2.2013, che aveva concluso per l’adeguatezza delle cure prestate al detenuto e per una
stabilità delle attuali condizioni cliniche, compatibili con il regime carcerario.
Il Perito, secondo la Corte di secondo grado ed il Tribunale del riesame, aveva concluso in
modo condivisibile che, pur essendo il Tripodi affetto da cardiopatia ischemica-ipertensiva, con
pregresso infarto miocardico acuto trattato con angioplastica coronarica, attualmente le sue
condizioni erano in buon equilibrio emodinamico, quantunque fossero necessarie sia cure
farmacologiche quotidiane, sia indagini strumentali con cadenza almeno mensile.
Il Tribunale respingeva la critica dell’appellante secondo la quale la Corte di assise d’appello
non aveva considerato le condizioni psichiche del Tripodi e le osservazioni delle consulenze di
parte; giustificava, inoltre, la decisione di non disporre una ulteriore perizia psichiatrica,
osservando che la relazione tecnica del consulente di parte era stata redatta nel mese di
settembre 2012, con riferimento alla visita al detenuto effettuata insieme al CTU dr. Di Mizio.
Avendo quindi concluso che le cure prestate al Tripodi in regime carcerario risultavano
adeguate, veniva conseguentemente respinta anche la richiesta di disporre il ricovero del
Tripodi in una struttura ospedaliera.

Il Tribunale premetteva che l’imputato era stato condannato, in primo e secondo grado, alla

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone
l’annullamento per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
Il Tribunale del riesame non aveva dato una risposta alle doglianze formulate dall’interessato
con la depositata istanza prima e con l’appello poi.
Era sufficiente confrontare le doglianze contenute nei motivi d’appello con il testo
dell’ordinanza del Tribunale del riesame per rendersi conto delle mancate risposte di
quest’ultimo a specifiche questioni sollevate con i suddetti motivi.
Il Tribunale non aveva considerato il fondamentale principio di civiltà – affermato
dall’Organizzazione Mondiale di Sanità, dalla Convenzione Europea del diritti dell’Uomo e dalla
nostra Carta costituzionale – secondo il quale il diritto alla vita e all’integrità fisica non può in
alcun modo essere compresso, neppure dalle esigenze cautelari.
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Venivano poi riportati i contenuti delle consulenze di parte redatte in data 17.3.2010,
20.2.2011 e 10.1.2013, che avevano tutte concluso per l’incompatibilità delle condizioni di
salute del Tripodi con il regime carcerario.
Risultava evidente dalle suddette relazioni che l’imputato non aveva solo problemi psicologici
derivanti dal suo stato di detenzione, ma veri e propri problemi psichiatrici che non potevano
essere affrontati nelle strutture di un carcere e che richiedevano cure specialistiche ed

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.
Il ricorrente, in sostanza, chiede una rivalutazione di fatto sulle condizioni di salute di Tripodi
Vincenzo e sulla compatibilità delle stesse con il regime carcerario, rivalutazione che non può
essere compiuta in sede di legittimità, anche perché questa Corte non ha il compito di
esaminare gli atti del procedimento e non può neppure prendere in considerazione brani degli
stessi, estrapolati dal contesto.
In questa sede può essere preso in considerazione il travisamento di una o più prove,
sussistente nel caso in cui il giudice abbia dato ad una qualsiasi prova decisiva un significato
diverso dal chiaro significato che la stessa appalesava, senza bisogno di alcuna interpretazione.
Nel caso di specie, però, non è stato denunciato alcun travisamento di prove, ma si è dato alle
stesse solo una diversa interpretazione, rispetto a quella data dal giudice di merito.
Questa Corte non esercita alcun sindacato sulla interpretazione delle prove, se l’interpretazione
è compiuta nei limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento, essendo precipuo compito
del giudizio di legittimità la verifica del rispetto delle norme processuali e sostanziali, nonché
dei canoni fondamentali della logica nei passaggi in cui si è sviluppata la motivazione del
provvedimento impugnato.
Il ricorrente ha chiesto, innanzi tutto, un confronto tra le doglianze contenute nei motivi
d’appello e la motivazione dell’ordinanza impugnata, al fine di dimostrare come il giudice
dell’appello avesse omesso di rispondere a specifiche questioni sollevate con i motivi
d’impugnazione.

ospedaliere.

Il suddetto motivo è generico, e pertanto deve essere ritenuto inammissibile, in quanto si
limita ad enunciare ragioni ed argomenti già illustrati in atti presentati al giudice a quo, in
modo disancorato dalla motivazione del provvedimento impugnato (V. Sez. 6 sentenza n.
22445 dell’8.5.2009, Rv.244181).
Dalla motivazione dell’ordinanza impugnata si evince che i giudici di merito hanno preso in
considerazione il contenuto della documentazione medica riguardante Tripodi Vincenzo ed
hanno ritenuto che fosse condivisibile la conclusione del Perito, confermata dagli ultimi
accertamenti eseguiti presso il Presidio Sanitario di Secondigliano, secondo la quale le
condizioni attuali di salute erano in buon equilibrio emodinamico e risultavano adeguate le cure
prestate al detenuto.
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Trasmessa copia ex ari. 23
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Sono stati presi in considerazione anche girger-r
–ig«-r-ffinirriTtralra consulenza di parte, rilevando
che la stessa non aveva indicato alcun elemento nuovo, rispetto a quelli presi in esame dal
Perito d’ufficio, in quanto la consulenza era stata redatta in base alla visita del detenuto
effettata insieme al Perito d’ufficio.
Nell’ordinanza è stato presa in considerazione anche la patologia psichiatrica di cui risulta
affetto il ricorrente e il Tribunale ha condiviso il giudizio del Perito secondo il quale detta
patologia era compatibile con il regime carcerario, essendo controllabile con le cure

Del resto, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato, anche in casi di depressione
maggiore, che il differimento dell’esecuzione della pena per malattia psichiatrica è consentito
unicamente allorché quest’ultima si risolva anche in malattia fisica (V. Sez. 1 sentenza n.41542
del 10.11.2010, Rv.248470).
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al direttore dell’istituto
penitenziario, ai sensi dell’art. 94/1-ter disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma in data 23 ottobre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

specialistiche praticate in carcere.

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