Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23296 del 06/05/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23296 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
FIRENZE
nei confronti di:
CAGLIONI ALBERTO N. IL 31/08/1922
inoltre:
CAGLIONI ALBERTO N. IL 31/08/1922
avverso la sentenza n. 7525/2010 GIP TRIBUNALE di LIVORNO, del
11/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per
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Data Udienza: 06/05/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 11 gennaio 2012, in sede di giudizio abbreviato, il
GUP di Livorno affermava la penale responsabilità di Caglioni Alberto in relazione
al reato di cui all’art. 20 legge n. 110 del 1975 e lo condannava alla pena di euro
344,00 di ammenda.
In fatto, all’imputato era stata contestata l’omessa diligenza nella custodia di due
pistole semiautomatiche – legalmente detenute – che in data 18 agosto 2010
erano state trafugate da soggetti penetrati all’interno della sua abitazione sita in

data 19 agosto 2010. In sede di sopralluogo veniva accertato, secondo quanto
esposto in motivazione, che le due armi erano custodite all’interno di un cassetto
non chiuso a chiave. La porta dell’abitazione in legno era stata forzata e non
aveva, secondo quanto esposto in sentenza, particolare spessore. Il giudice di
merito, pertanto, riteneva sussistente l’addebito in virtù delle scarse cautele
adottate al fine di evitare l’apprensione delle armi da parte di terzi.

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore
Generale della Repubblica di Firenze, nonchè atto di appello (riqualificato ai sensi
dell’art. 568 co.5 cod.proc.pen.) l’imputato, a mezzo del difensore.
2.1 Nel ricorso del Procuratore Generale si deduce vizio di motivazione ed
erronea applicazione della legge penale. Si rappresenta, in particolare, che la
decisione finisce con il porre anche a carico del privato cittadino, semplice
detentore di armi, l’obbligo di predisporre particolari cautele antifurto. Tale
obbligo è invece previsto dall’art. 20 legge n.110 del 1975 esclusivamente a
carico di chi esercita professionalmente attività in materia di armi o è autorizzato
alla loro raccolta o collezione. Si cita, sul punto, un precedente rappresentato da
una decisione di questa Sezione del 14.12.1999 .
2.2 Nell’atto di impugnazione dell’imputato si contesta la valutazione operata dal
giudicante in punto di omessa cautela nella custodia dell’arma. Le finestre
dell’abitazione erano protette da inferriate e la porta oggetto di forzatura era di
un congruo spessore, nonchè protetta da due catenacci verticali. Si rappresenta
inoltre che il cassetto ove erano custodite le armi, in un cassettone della camera
da letto, era a sua volta chiuso a chiave. Si contesta in ogni caso l’eccessività
della pena e la decisione in punto di confisca, che ha riguardato altri oggetti ed in
particolare dei fucili antichi e non funzionanti che erano rimadti all’interno della
abitazione come ornamento.

2

Rosignano Marittimo. Lo stesso Caglioni aveva denunziato il furto delle armi in

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi risultano fondati e vanno, pertanto accolti.
In particolare, risultano condivisibili – e assorbenti – i rilievi evidenziati nel
ricorso del Procuratore Generale territoriale.
In effetti, per quanto si voglia ritenere esteso il dovere di diligenza nella custodia
delle armi, è la stessa norma incriminatrice (art. 20 co.1 legge n.110 del 1975) a
prevedere lo specifico obbligo di installazione di «efficaci difese antifurto»
esclusivamente a carico di soggetti che esercitano attività professionali in

Da ciò deriva che in tutti gli altri casi (di detenzione di armi da parte di privati) la
punibilità risulta correlata alla violazione del generico dovere prudenziale di
corretta custodia, posto a protezione del bene della pubblica e privata incolumità
(messo in pericolo dalla circolazione abusiva dell’arma o dal suo impossessamento da parte dì soggetti imperiti, nel particolare caso di cui all’art. 20bis
co.2).
Dunque nella valutazione della condotta concreta emergente dagli atti del
processo, il giudice non può ritenere che il soggetto privato – non collezionista sia gravato dall’obbligo di adottare accorgimenti che vadano oltre le consuete
modalità di difesa del luogo ove l’arma è custodita, secondo il criterio dell’id quod

plerumque accidit (in tal senso, di recente, Sez. I n. 16609 del 11.2.2013, rv
255682, nonchè Sez. I n. 5697 del 8.1.2013, rv 254828).
Ora, applicando tali insegnamenti al caso in esame, la rimproverabilità della
condotta risulta del tutto assente.
Ciò perchè le due pistole risultavano custodite all’interno di un cassetto di un
mobile ubicato nella stanza da letto (dunque non erano poste a vista) e gli
accessi all’abitazione erano stati regolarmente chiusi dall’imputato (il quale
anche installato delle inferriate anti-intrusione alle finestre) prima di
abbandonare temporaneamente il domicilio, tanto che una porta di accesso è
risultata forzata dall’esterno.
Da qui la considerazione per cui – al di là della presenza o meno di ulteriore
sistema di protezione del cassetto, che il giudice ha ritenuto assente, ma che
poco rileva ai fini di sussistenza o meno del reato – i sistemi di chiusura
dell’intero immobile adottati appaiono rispondenti a criteri di ordinaria diligenza
ed escludono la sussistenza della colpa.
L’impossessamento delle armi in capo a terzi è avvenuto perchè costoro hanno
vinto la resistenza predisposta – a tutela del diritto di proprietà – dall’imputato
attraverso strumenti ordinari (non potendosi ricollegare la sussistenza dell’illecito
al grado di difficoltà dell’intrusione dovuto allo spessore dì un portoncino) il che

3

materia di armi o soggetti collezionisti.

esclude i profili di rimproverabilità, non essendovi – come sopra specificato
l’obbligo penalmente sanzionato di adottare strumenti aggiuntivi di protezione.
La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio perchè il fatto non
sussiste.

P.Q.M.

Così deciso il 6 maggio 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.

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