Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23288 del 22/03/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 23288 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CASTIGLIONE CARMELA N. IL 27/01/1943
CASTIGLIONE FRANCESCO N. IL 21/05/1940
avverso la sentenza n. 833/2011 TRIBUNALE di TRAPANI, del
10/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMOFtESANO;

Data Udienza: 22/03/2013

1) Con sentenza del 10.7,2012 il Tribunale dì Trapani, in composizione monocratica,
applicava a Castiglione Carmela e Castiglione Francesco, previo riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche e ritenuta la diminuente per la scelta del rito, la
pena concordata ex art.444 c.p.p. di mesi 5 e giorni 20 di reclusione ciascuno per i
reati ascritti, unificati sotto il vincolo della continuazione; ordinava altresì la
demolizione delle opere abusive ed il ripristino dello stato dei luoghi.
Propongono ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del difensore, denunciando
la omessa o, comunque, l’apparenza di motivazione in ordine alla mancata applicazione
del disposto di cui all’art.129 c.p.p., nonché l’illegittimità dell’ordine di demolizione.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze,
sulla comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non
emerga in modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art.129 cpv.
c.p.p. Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex
art.444 cpp, l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi
della fattispecie perché essi sono coperti dal patteggiamento.
Quanto alla motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art.129 c.p.p., questa
Corte ha costantemente affermato che occorre una specifica indicazione “soltanto
nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa
la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente
in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione anche implicita che è
stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la
pronuncia di proscioglimento ex art.129 c.p.p.” (ex multis sez.un.27.3.1992- bi
Benedetto; sez.un.27.9.1995 n.18-Serafino).
Il Tribunale ha effettuato la necessaria verifica, evidenziando che non ricorrevano i
presupposti per applicare l’art.129 c.p.p.
2.2) L’ordine di demolizione, poi, costituisce atto dovuto in quanto obbligatoriamente
previsto, dalla normativa in vigore, in relazione alle opere abusivamente realizzate.
Tale sanzione, pur formalmente giurisdizionale, ha natura sostanzialmente
amministrativa di tipo ablatorio che il giudice deve disporre, non trattandosi di pena
accessoria né di misura di sicurezza, anche nella sentenza applicativa di pena
concordata tra le parti ex art.444 c.p.p. a nulla rilevando che l’ordine medesimo non
abbia formato oggetto dell’accordo intercorso tra le parti. L’ordine di demolizione,
infatti, essendo atto dovuto, non è suscettibile di valutazione discrezionale ed è

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OSSERVA

4A,

sottratto, conseguentemente, alla disponibilità delle parti; di tale obbligatoria
sanzione l’imputato, pertanto, deve tener conto nell’operare la scelta del
patteggiamento. (cfr.ex multis Cass.pen.sez.3 n.3123 del 28.9.1995; conf.Cass.sez.3
n.2896 del 13.10.1997; cass.sez.3 n.3107 del 25.10.1997).
Ne deriva che, in caso di patteggiamento (anche per pena non superiore ad anni due),
la manifestazione di volontà delle parti non può investire la misura amministrativa:
pertanto così come non può essere ritenuto valido un accordo che preveda la
esclusione della demolizione, ugualmente il mancato riferimento all’ordine di
demolizione, nella richiesta e nell’accettazione del patteggiamento, non esime il
giudice dal provvedere ai sensi dell’art.7 L.47/85 (ora art.31 comma 9 DPR 380/01).
3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti:
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della
cassa delle ammende della somma che pare congruo determinare in euro 1.500,00
ciascuno ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.500,00 ciascuno.
Così deciso in Roma il 22 marzo 2013
Il Presidente
Il Consigliere t.

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