Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23286 del 11/03/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23286 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
D’ILARIO Oreste, nato a Roma il 1/09/1973,

avverso la sentenza in data 14 marzo 2013 della Corte di appello di Roma nel
proc. n. 7168/2012.

Letti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione svolta, nella pubblica udienza dell’Il marzo 2014, dal
consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
udito il pubblico ministero presso questa corte, in persona del sostituto
procuratore generale, Elisabetta Cesqui, la quale ha concluso per la declaratoria
di inammissibilità del ricorso;
udito il difensore dell’imputato, avvocato Fabio Spaziani, che ha chiesto
raccoglimento dei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 14 marzo 2013 la Corte di appello di Roma, in
parziale riforma della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale
della sede, in data 17 aprile 2012, ha dichiarato non doversi procedere nei

Data Udienza: 11/03/2014

confronti di D’Ilario Oreste per il reato di lesione personale lieve di cui al capo B),
in danno di Ernandes Giulio, esclusa la circostanza aggravante dell’uso di
un’arma (calcio di pistola), per improcedibilità dell’azione penale in difetto di
querela, mentre ha confermato la condanna dell’Ilario alla pena -ridotta per il
prescelto rito abbreviato- di anni tre, mesi cinque e giorni dieci di reclusione ed
euro 2.800,00 di multa per i seguenti reati: porto abusivo in luogo pubblico di
lesioni in danno di Ernandes Giulio nei confronti del quale, puntando la pistola ai
piedi della vittima in fuga, già percossa dallo stesso Ilario, esplodeva più colpi
con la suddetta arma da fuoco (capo C); ricettazione della medesima pistola,
provento di furto commesso in Roma, il 27 giugno 2008, in danno dell’armeria
“Sportarmi di Orazi Franco”, acquistata o ricevuta dall’imputato nella
consapevolezza della sua provenienza delittuosa (capo D); i primi tre reati -A),
B) e C)- commessi in Roma, 1’11 settembre 2011; e il delitto di cui al capo D)
commesso, sempre in Roma, in data successiva al 27 giugno 2008.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il D’Ilario
personalmente, il quale ha dedotto il vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. e), cod. proc. pen., nel triplice profilo della mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, con riguardo ai
seguenti punti: a) dichiarata responsabilità per il delitto di tentata lesione
aggravata dall’uso di pistola, in danno dell’Ernandes in fuga, con esplosione di
colpi da parte dell’Ilario solo in direzione dei piedi del fuggitivo, rispondendo tale
condotta, secondo il ricorrente, alla meno grave fattispecie della minaccia
aggravata, poiché il comportamento dell’agente, durante e dopo l’azione
criminosa, dimostrerebbe l’assenza di

animus laedendi;

b) dichiarata

responsabilità per il delitto di ricettazione, sebbene non fosse stato provato il
dolo richiesto da tale reato: la pistola, infatti, era munita di numero di matricola
e non ricorrevano neppure gli estremi del dolo eventuale, come delineato dalla
giurisprudenza di questa corte di legittimità (citata sentenza, a sezioni unite, n.
12433 del 2010).
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza del vizio
motivazionale denunciato con riguardo ad entrambi i capi indicati.
1.1. I giudici del doppio grado del processo di merito, con adeguata
motivazione, esente da violazioni del diritto e della logica, hanno dedotto la
2

una pistola, calibro 40, Smith & Wesson, con relative munizioni (capo A); tentate

volontà dell’Ilario di ledere l’integrità fisica dell’Ernandes dalla circostanza che i
colpi di pistola furono indirizzati verso la persona dell’Ernandes, appena prima
percosso, e non in aria, come sarebbe stato congruo ad uno scopo meramente
intimidatorio dell’uso dell’arma, coerentemente escluso.
1.2. La consapevolezza dell’imputato circa la provenienza delittuosa della
pistola è stata, a sua volta, ragionevolmente fondata sulla mancanza di alcun

la formale regolarità della sua acquisizione, in sintonia con la costante
giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, ai fini della configurabilità del
delitto di ricettazione, la mancata giustificazione del possesso di una cosa
proveniente da delitto costituisce prova della conoscenza della illecita
provenienza (Sez. 1, n. 13599 del 13/03/2012, dep. 12/04/2012, Pomella, Rv.
252285; Sez. 2, n. 41423 del 27/10/2010, dep. 23/11/2010, Ienne, Rv. 248718;
Sez. 2, n. 2804 del 05/07/1991, dep. 16/03/1992, Quadrelli, Rv. 189396).
Il denunciato vizio della motivazione è, dunque, palesemente insussistente.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art.
616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 dei
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle ammende di
una sanzione pecuniaria che si stima equo determinare, tra il minimo e il
massimo previsti, nella misura di euro mille.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille alla cassa delle
ammende.

Così deciso, in Roma, il 11 marzo 2014.

elemento, neppure allegato dall’imputato nel corso dell’interrogatorio reso, circa

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