Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23282 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23282 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROSSINI GIUSEPPE N. IL 27/08/1961
avverso la sentenza n. 6053/2011 CORTE APPELLO di TORINO, del
31/01/2013
visti gli atti, la’sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUIGI PIETRO CAIAZZO
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. il( cote__
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 07/11/2013

RILEVATO IN FATTO

Con sentenza in data 31.1.2013 la Corte d’appello di Torino confermava la sentenza del GIP
del Tribunale di Novara in data 15.3.2011 appellata da ROSSINI GIUSEPPE, con la quale il
predetto era stato condannato alla pena di giorni 40 di arresto ed euro 3.000,00 di ammenda,
con la sospensione condizionale della pena, per il reato di cui all’art.22/12 D.L.vo 286/1998,
per avere occupato alle proprie dipendenze con mansioni di addetta alla cucina, per il periodo
dal 10.1.2008 al 28.4.2008, la cittadina brasiliana Troncoso Santos Rosangela Aparecida
sprovvista di permesso di soggiorno.

posto che lo stesso era stato informato dalla suddetta cittadina brasiliana della mancanza, al
momento della sua assunzione, del permesso di soggiorno, anche se la stessa gli aveva
assicurato che il permesso di soggiorno le sarebbe stato rilasciato entro breve tempo, come in
effetti avvenne.
Riteneva, inoltre, che non potesse essere concesso il beneficio della non menzione, avendo
l’imputato nel 2001 patteggiato una pena per i delitti di violenza privata, ingiuria e minaccia.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione personalmente l’imputato, chiedendone
l’annullamento sostanzialmente per gli stessi motivi per i quali aveva chiesto alla Corte
d’appello la riforma della sentenza di primo grado.
Ha sostenuto, infatti, che era stato tratto in inganno dalla rassicurazione fornita dalla Trancoso
di poter ottenere il permesso di soggiorno entro breve tempo.
Ha sostenuto, inoltre, che, a seguito della sentenza 155/1984 della Corte Costituzionale,
avrebbe potuto essergli concesso la non menzione, poiché il cumulo della pena con la
precedente condanna non superava i limiti di applicabilità del richiesto beneficio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I motivi di ricorso, sottoscritti personalmente dall’imputato Rossini Giuseppe, ripropongono
questioni già sottoposte al giudice dell’appello, alle quali la Corte di merito aveva dato
un’adeguata risposta, della quale il ricorrente non ha tenuto conto.

La Corte d’appello riteneva che non potesse essere riconosciuta all’imputato la buona fede,

La Corte d’appello, infatti, aveva escluso la buona fede dell’imputato alla stregua della sua
stessa ammissione di essere stato a conoscenza della circostanza che la Troncos Santos, al
momento dell’assunzione, non era in possesso del permesso di soggiorno.
Per quanto riguarda poi il beneficio della non menzione della condanna, lo stesso non poteva
essere concesso poiché il fatto per cui è processo non è stato commesso anteriormente alla
condanna riportata nel 2001 dall’imputato per i delitti di violenza privata, ingiuria e minaccia.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su
motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e
puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma

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soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica
1

argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (V. Sez. 6 sentenza n.20377
dell’11.3.2009, Rv.243838).
Pertanto, il ricorso presentato dall’imputato deve essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella
proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento
della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa
Corte.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma in data 7 novembre 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

P.Q.M.

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