Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23281 del 23/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 23281 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CRITELLI DOMENICO N. IL 19/12/1982
avverso la sentenza n. 2279/2012 CORTE APPELLO di
CATANZARO, del 04/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUIGI PIETRO CAIAZZO
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per “O •

A.

Udito, per la parte civile, l’Avv7
Uditi difensor Avv. tt”. F.”41’11314° 7‘12A

Data Udienza: 23/10/2013

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 4.3.2013 la Corte d’appello di Catanzaro confermava la
sentenza del GUP del Tribunale di Rossano in data 25.6.2012 appellata da
CRITELLI DOMENICO con la quale il predetto era stato condannato, con le
attenuanti generiche e quella del risarcimento del danno ritenute prevalenti
sull’aggravante dei motivi futili, alla pena di anni 4 di reclusione per i seguenti
reati uniti dal vincolo della continuazione:
-art. 588/2 partecipazione ad una rissa a seguito della quale Fuoco Stefano

polso e alla mano sinistra nonché escoriazioni e contusioni guaribili in giorni
cinque;
-artt. 56, 575 e 577 n.4 perché, per futili motivi, compiva atti idonei diretti in
modo non equivoco a cagionare la morte di Fuoco Stefano; in particolare, a
seguito di un diverbio intervenuto sul modo di indossare la camicia (sbottonata)
da parte di Belloni Gabriele, amico del Critelli, quest’ultimo si faceva
accompagnare presso la propria abitazione ove si muniva della propria
autovettura e di un fucile da pesca; si recava quindi nel bar Leonardo e con il
fucile da pesca già carico sparava il relativo arpione, attingendo Fuoco Stefano
al fianco sinistro e cagionando allo stesso lesioni personali gravissime
(asportazione milza);
-artt.4 legge 110/75 e 61 n.2 c.p. per aver portato abusivamente un fucile da
pesca subacquea al fine di commettere il delitto di cui al precedente capo;
reati commessi in Cariati il 18.8.2011.
Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, nella notte tra il 17 e 18 agosto
2011, dopo una lite che si era trasformata in rissa per la contrapposizione tra
due gruppi di giovani, l’imputato, che aveva partecipato alla rissa, si era armato
di un fucile da pesca che era andato a prendere a casa sua e con lo stesso
aveva colpito al fianco Fuoco Stefano, lasciando che l’arpione si conficcasse nel
corpo ed ivi rimanesse bloccato; in conseguenza era stato effettuato in
ospedale un intervento chirurgico salvavita, che aveva comportato anche
l’asportazione della milza.
La Corte d’appello riteneva utilizzabili le dichiarazioni spontanee rese dal Critelli
nell’immediatezza del fatto, senza l’assistenza del difensore, avendo il predetto
scelto il giudizio abbreviato.
Escludeva, alla stregua delle testimonianze raccolte, che l’imputato dovesse
essere considerato la vittima di un’aggressione, essendo invece risultato dalle
prove raccolte che era uno degli accesi contendenti durante la rissa.
Riteneva insostenibile la tesi difensiva dell’accidentalità del colpo, tenuto conto
del sistema di sicurezza di cui era dotato il fucile.
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riportava lesioni personali gravissime e lo stesso Critelli riportava contusioni al

Secondo la Corte di merito, il fatto doveva essere qualificato, oggettivamente e
soggettivamente, come tentato omicidio e veniva esclusa ogni ipotesi di
legittima difesa, reale o putativa, nonché l’eccesso colposo, poiché l’imputato,
dopo essersi allontanato, era ritornato alla ricerca del Fuoco, ponendosi
volontariamente nella situazione di pericolo.
Non ravvisava nel fatto gli estremi della provocazione, sia per l’assenza di uno
stato d’ira, che non poteva essere provocato da un banale diverbio, sia
comunque per l’assenza di un nesso causale tra l’offesa subita e la reazione,

Riteneva, infine, adeguata alla gravità del fatto la pena inflitta dal primo
giudice.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore,
chiedendone l’annullamento per violazione della legge processuale e sostanziale
nonché per vizio della motivazione.
Con il primo motivo ha sostenuto che non potevano essere utilizzate le
dichiarazioni spontanee rese dall’imputato, essendo le stesse inutilizzabili per il
disposto dell’art. 63/2 c.p.p.. Ha inoltre sostenuto che il fatto doveva essere
qualificato come reato di lesioni, sia perché il colpo era partito accidentalmente,
sia perché non era comunque ravvisabile il dolo diretto; al più, si sarebbe
potuto ravvisare il dolo eventuale, che però è incompatibile con l’ipotesi del
tentativo.
Con il secondo motivo ha sostenuto la sussistenza dell’esimente della legittima
difesa, in quanto l’imputato aveva agito in reazione al fatto che il Fuoco l’aveva
aggredito. La Corte non aveva adeguatamente motivato le ragioni per le quali
aveva respinto l’ipotesi dell’eccesso colposo ex art. 55 c.p..
Con il terzo motivo il ricorrente ha sostenuto che all’imputato doveva essere
riconosciuta l’attenuante della provocazione, in quanto il Critelli fin dall’inizio
della discussione aveva mantenuto un atteggiamento pacifico, teso ad evitare

essendo questa del tutto sproporzionata.

qualunque conseguenza negativa, mentre la situazione era degenerata per la
condotta aggressiva tenuta dal Fuoco e dai suoi amici.
Con il quarto motivo ha denunciato il difetto di motivazione, poiché non era
stata ridotta di 2/3 la pena prevista per l’omicidio, non tenendo conto dello
stato di incensuratezza dell’imputato e della vita regolare dallo stesso tenuta.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono infondati.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, sono probatoriamente utilizzabili nel
giudizio abbreviato le dichiarazioni spontanee rese nell’immediatezza del fatto
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dall’indagato alla Polizia giudiziaria (V. da ultimo Sez. 1 sentenza n.35027 del
4.7.2013, Rv.257213).
Risulta dalla sentenza impugnata che nell’immediatezza del fatto il Critelli ha
reso dichiarazioni spontanee alla Polizia Giudiziaria, e quindi queste
dichiarazioni potevano essere utilizzate dai giudici di merito per ricostruire il
fatto, avendo l’imputato scelto di essere giudicato con il rito abbreviato.
Prima di esaminare i motivi di merito presentati dalla difesa dell’imputato, si
deve verificare se la ricostruzione della vicenda contenuta nella sentenza

affermazioni e nei passaggi logici attraverso i quali i giudici di merito sono
pervenuti alla decisione.
Va peraltro ricordato che, in questa sede di legittimità, non si deve compiere
alcuna verifica sugli atti processuali, e quindi non possono essere prese in
considerazione le diverse interpretazioni date dalle parti alle prove assunte,
quantunque queste interpretazioni appaiano plausibili, ma che può essere preso
in considerazione solo il travisamento di una o più prove, sussistente nel caso in
cui il giudice abbia dato ad una qualsiasi prova decisiva per la ricostruzione del
fatto un significato diverso dal chiaro significato che la stessa appalesava, senza
bisogno di alcuna interpretazione.
Il ricorrente non ha denunciato alcun travisamento di prove da parte della Corte
d’appello, travisamento che peraltro deve essere denunciato non limitandosi a
riportare un brano estrapolato dal contesto, ma allegando al ricorso l’intero atto
che contiene la prova che si assume travisata od indicandolo nei suoi estremi e
nella sua collocazione nell’incarto processuale. Nel ricorso è stata solo data alle
stesse prove utilizzate dalla Corte territoriale una diversa interpretazione, che
non può essere apprezzata da questa Corte la quale – non conoscendo il
contenuto degli atti del processo – non può e non deve pronunciarsi su quale
sia la migliore interpretazione delle prove, tra quella data dai giudici di merito e
quella proposta dal ricorrente.
Come è noto, precipuo compito di questa Corte è – oltre al controllo sulla
corretta applicazione delle norme processuali e sostanziali – la verifica del
rispetto nel provvedimento impugnato dei canoni fondamentali della logica nelle
affermazioni contenute nella sentenza, che non devono esorbitare da una
plausibile opinabilità di apprezzamento, e nella consequenzialità dei passaggi
attraverso i quali il giudice è giunto alla decisione.
In altri termini, se il giudice non ha travisato prove (decisive) attraverso le quali
ha ricostruito il fatto e se la motivazione non contiene nel suo sviluppo vizi di
natura logica, il fatto deve essere assunto come ricostruito dai giudici di merito.
Nel caso in esame, la Corte d’appello ha ritenuto, sulla base delle risultanze e
con un percorso logico immune da vizi, che la discussione tra il Fuoco e l’amico
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impugnata presenti discrasie rispetto alle risultanze processuali o illogicità nelle

del Critelli fosse nata per un motivo banale (al Fuoco non stava bene che
l’amico del Critelli tenesse sbottonata la camicia); la discussione era degenerata
in una rissa vera e propria, alla quale avevano partecipato, da una parte, amici
del Fuoco e, dall’altra, amici del Critelli, il quale era stato, secondo i testimoni,
uno degli accesi animatori della rissa.
Dopo il suddetto scontro, il Critelli era andato a casa sua ed aveva preso un
fucile subacqueo, con il quale si era recato nel luogo dove sapeva di poter
trovare il Fuoco e, con il suddetto fucile, aveva lanciato contro il predetto

La dinamica del fatto, come ricostruita dai giudici di merito, esclude che il colpo
sia partito accidentalmente, come ha sostenuto l’imputato, e nulla è stato
addotto a conforto della tesi difensiva.
La difesa ha sostenuto anche la tesi della legittima difesa, che però appare del
tutto insussistente sulla base della ricostruzione del fatto da parte dei giudici di
merito, poiché la reazione non è avvenuta per fronteggiare un’aggressione in
atto da parte del Fuoco, ma allo scopo di vendicarsi o punire il predetto per il
comportamento che lo stesso aveva tenuto in discoteca.
Non sussistendo i presupposti della legittima difesa, non può nemmeno
sussistere un eccesso colposo in legittima difesa.
La Corte d’appello ha adeguatamente motivato la sussistenza del dolo del
delitto contestato, poiché l’imputato, utilizzando la suddetta arma che, a breve
distanza, ha una notevole potenzialità lesiva e dirigendo il colpo verso
l’addome, che contiene organi vitali, ha mostrato indifferenza al risultato della
sua azione, che poteva determinare o la morte o gravi lesioni.
Appare corretta la motivazione con la quale la Corte distrettuale non ha
riconosciuto l’attenuante della provocazione, non avendo ritenuto che l’imputato
avesse agito in preda ad uno stato d’ira e non avendo ravvisato un rapporto di
adeguatezza nella reazione dell’imputato, il quale peraltro – essendo stato uno
dei protagonisti della rissa – non si era limitato a subire l’aggressione del Fuoco
e dei suoi amici.
Infine la Corte, condividendo pienamente i criteri con i quali il primo giudice
aveva stabilito il trattamento sanzionatorio, ha anche adeguatamente risposto
I notivo d’appello con il quale la difesa aveva chiesto una riduzione della pena.
i
rta nto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del
orrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q. M .
getta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
sì deciso in Roma in data 23.10.2013

l’arpione, il quale era rimasto conficcato nel fianco sinistro della vittima.

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