Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23280 del 14/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23280 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
POMETTINI RENATO N. IL 01/09/1944
avverso l’ordinanza n. 268/2013 TRIBUNALE di ROMA, del
21/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI
DEMARCHI ALBENGO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 14/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1.

Pomettini Renato ha avanzato richiesta di applicazione dell’istituto

della continuazione con riferimento a numerose sentenze di condanna
emesse nei suoi confronti dal tribunale di Roma.
2.

Contro l’ordinanza del tribunale di Roma del 13 aprile 2012, che

applicava la continuazione solo per alcune sentenze, il POMETTINI

annullava con rinvio l’ordinanza impugnata, riscontrando il vizio di
omissione di pronuncia in ordine ai reati di cui all’ottava sentenza
(sentenza del 30 gennaio 2008, contemplante fatti del 25 ottobre 2000).
3.

Il tribunale di Roma, giudicando in sede di rinvio, ha rigettato

l’istanza di applicazione della continuazione con riferimento ai fatti
giudicati con la sentenza del 30 gennaio 2008, riportando una
motivazione già utilizzata per altri fatti riguardanti la ricettazione di
assegni provenienti dal medesimo carnet.
4.

Contro la predetta ordinanza propone nuovamente ricorso per

cassazione il POMETTINI deducendo: – inosservanza di norme
processuali per avere il giudice dell’esecuzione omesso di valutare in
concreto la sussistenza dei presupposti per ritenere la continuazione,
così come disposto dalla Corte di cassazione in sede di annullamento; vizio di motivazione per avere sostanzialmente reiterato quella del
provvedimento annullato, senza spiegare perché in tre casi in cui la
ricettazione riguardava assegni provenienti dal medesimo libretto è stata
ritenuta la continuazione, mentre per il quarto caso (sentenza numero
8), riguardante pure un assegno proveniente dal medesimo carnet, non
è stata riconosciuta.
5.

Il Procuratore generale presso questa suprema Corte, Dott.

Galasso, ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata, ritenendo che il giudice dell’esecuzione, a fronte di
un’indicazione così precisa proveniente dal giudice rescindente, si fosse
limitato a reiterare parzialmente la motivazione del provvedimento
annullato, riportando massime giurisprudenziali che fissano principi
condivisibili, ma non sembrano idonee, nel caso concreto, ad adempiere
al dovere motivazionale imposto dal giudice di legittimità; nel caso di
specie, infatti, vi erano state già due ordinanze che riconoscevano la
continuazione tra quattro sentenze aventi ad oggetto la ricettazione di
1

proponeva ricorso per cassazione. La prima sezione di questa Corte

assegni provenienti dal medesimo carnet e negoziati in un breve arco
temporale (quattro mesi). Il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto
spiegare come mai l’acquisto e l’uso di una serie di assegni provenienti
dal medesimo libretto fossero il frutto di un disegno criminoso, mentre
per uno solo (pur facente parte del medesimo libretto e quindi
verosimilmente acquistato contestualmente agli altri) l’acquisto sarebbe
frutto di una ideazione e deliberazione contingente, sotto la spinta di una
volizione istantanea non ricollegabile ad alcun momento unitario. Tale

materia di continuazione è idonea a colmare il vuoto motivazionale sui
profili espressamente demandati dalla Corte alla valutazione del giudice
di rinvio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Si deve premettere che la prima sezione di questa Corte ha
annullato per omessa pronuncia in ordine alla continuazione per i fatti
giudicati dalla sentenza del 30 gennaio 2008, e non solo per un vizio
logico della motivazione. Del tutto legittimamente, pertanto, il giudice di
rinvio, nel pronunciarsi sulla richiesta continuazione per i fatti di cui alla
predetta sentenza, ha adottato una motivazione già utilizzata per altre
condanne, non essendo quest’ultima oggetto di censura da parte della
Cassazione.
2. Si deve ritenere, dunque, che il giudice di rinvio abbia ottemperato
all’invito del giudice di legittimità di motivare in merito ai fatti di cui alla
sentenza del 30 gennaio 2008; diverso problema è nel fare ciò abbia
adottato una motivazione adeguata, ovvero se tale motivazione sia da
considerare viziata sotto il profilo di cui all’articolo 606, lettera E, cod.
proc. pen..
3. Sebbene questa Corte abbia più volte affermato, come ricordato
dal ricorrente, che per valutare la sussistenza della continuazione
debbono essere valutati, tra gli altri indici, anche la tipologia dei reati, le
modalità della condotta e la distanza temporale tra i fatti, ciò non
significa che tali elementi, ove riscontrati, conducano necessariamente al
riconoscimento dell’esistenza di un disegno unitario preordinato. Nel
caso di specie la Corte ha tenuto conto di tali aspetti, ma ha escluso che
fossero significativi dell’unicità del disegno criminoso, ritenendo al
contrario mancante la dimostrazione dell’esistenza di una volizione
2

spiegazione non viene fornita, né la citazione dei principi generali in

antecedente alla commissione del secondo reato (in termini temporali)
che faccia supporre l’esistenza di un preordinato piano criminoso.
Interpretando le motivazioni delle sentenze da valutare in continuazione,
il tribunale ha ritenuto che non emergesse alcun elemento che potesse
consentire di ritenere che i comportamenti posti in essere dal reo si
atteggiassero quali momenti di un’unica precedente volizione,
sembrando piuttosto conseguenza di specifiche volizioni criminose
sempre più determinate, nonostante le pregresse condanne con o senza

4. La motivazione non manifesta illogicità evidenti e pertanto non può
essere oggetto di censura in sede di legittimità, essendo stato emendato
il vizio di assenza di motivazione rilevato dalla prima sezione di questa
Corte in fase rescindente. D’altronde, l’unicità del disegno criminoso non
deve essere oggetto di indagine d’ufficio e non può fondarsi su mere
presunzioni, ma deve essere oggetto di specifica allegazione da parte
dell’istante (v. Sez. 1, Sentenza n. 2298 del 25/11/2009, Rv. 245970: In
tema di continuazione “in executivis”, grava sul condannato che invochi
l’applicazione della relativa disciplina l’onere di allegare elementi specifici
e concreti a sostegno dell’istanza, non essendo sufficiente il riferimento
alla contiguità cronologica degli addebiti ovvero all’identità o analogia dei
titoli di reato, in quanto indici sintomatici non di attuazione di un
progetto criminoso unitario quanto, piuttosto, di una abitualità criminosa
e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione di
illeciti; conff. N. 396 del 1994 Rv. 196678, N. 891 del 1994 Rv. 196834,
N. 4565 del 1995 Rv. 202388, N. 5305 del 2009 Rv. 242276).
5. Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; ai sensi dell’art.
616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata
che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del
procedimento.

p.q.m.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processua li.
Così deciso il 14/05/2014

le contestazioni di recidiva.

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