Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2328 del 08/01/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 2328 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: VILLONI ORLANDO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ILACQUA Giuseppe, n. Saponara (Me) 31.10.1953
avverso l’ordinanza n. 504/13 Tribunale di Messina, Sez. per il Riesame del 15/07/2013
esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. Orlando Villoni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G., dott. Alfredo Pompeo Viola che ha
concluso l’accoglimento dei ricorso e l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza;

RITENUTO IN FATTO
1. A seguito di annullamento con rinvio per nuovo esame disposto dalla Sezione Seconda di
questa Corte di Cassazione con sentenza del 24 maggio 2013, con l’ordinanza sopra indicata il
Tribunale di Messina, sezione per il Riesame, in parziale accoglimento dell’istanza ex art. 309
cod. proc. pen. sostituiva la misura della custodia cautelare in carcere gravante a carico di
Giuseppe Ilacqua con quella degli arresti domiciliari in relazione alle imputazioni provvisorie di
tentata estorsione (artt. 56, 629 cod. pen.) ed usura (art. 644 cod. pen.), esclusa l’aggravante originariamente contestata di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 13 maggio 1991 conv. in legge n.
203 del 12 luglio 1991.
Adeguandosi al principio di diritto fissato nella sentenza di rinvio, il Tribunale escludeva in primo luogo la ricorrenza della citata aggravante e formatosi il giudicato sull’esistenza di gravi indizi di colpevolezza, ravvisava la perdurante sussistenza di esigenze cautelari, sotto forma di
pericolo di recidiva nel reato, sulla base delle modalità e dalle circostanze dei fatti delittuosi
ascritti, denotanti l’estrema spregiudicatezza dell’indagato che, ancorché incensurato, era risultato implicato in un vorticoso giro di denaro, a sua volta collegato a sospette operazioni di anticipazione e cambio assegni, coinvolgenti imprenditori e soggetti attivi nel settore della usura e
della malavita organizzata.

Data Udienza: 08/01/2014

Ritenendo, inoltre, che il decorso del tempo dall’esecuzione della misura in carcere avesse prodotto adeguato effetto deterrente sull’indagato, i giudici ritenevano che tale elemento apparisse idoneo a superare la presunzione relativa all’adeguatezza della misura cautelare in carcere
sancita dall’art. 275, comma 3 cod. proc. pen. in linea con la sentenza n. 57 del 2013 della
Corte Costituzionale, sostituendo l’originaria misura custodiale con quella degli arresti domiciliari.

Sostiene in particolare il ricorrente che, pur avendo escluso la ricorrenza dell’aggravante di cui
all’art. 7 d.l. n. 152/91 in ossequio al principio di diritto enunciato nella sentenza di rinvio, il
Tribunale ha erroneamente fatto applicazione della previsione dell’art. 275, comma 3 cod.
proc. pen. come interpretato alla luce della sentenza Corte Costituzionale n. 54 del 2013 medio
tempore intervenuta, laddove avrebbe dovuto valutare adeguatezza e proporzionalità delle residue esigenze cautelari alla stregua dei normali criteri dettati dal medesimo art. 275 ai commi
1, 2 e 2 bis.
Mediante riferimento al citato art. 275, comma 3, il Tribunale avrebbe erroneamente applicato
la legge penale, pervenendo alle proprie conclusioni attraverso uno strumento normativo inutilizzabile nel caso concreto, trattando la posizione dell’indagato come ancora connotata dalla
ricorrenza dell’aggravante del metodo mafioso, esclusa nel restante corpo del provvedimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato e come tale deve essere dichiarato inammissibile
Come sopra ricordato, con la decisione impugnata il Tribunale del Riesame di Messina si è adeguato al principio di diritto enunciato dalla Seconda Sezione penale di questa Corte con la sentenza del 24/05/2013, che gli aveva imposto di verificare in concreto la sussistenza dei requisiti dell’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152/91, tenuto anche conto del regime cautelare fissato dalla legge con riferimento ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all’art.
416 bis cod. pen., quale risultante dalla pronunzia della Corte Costituzionale n. 57 del 2013 ed
alla possibilità ivi affermata che nel caso concreto vengano acquisiti elementi specifici dai quali
risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte anche con misure diverse da quella
della custodia in carcere.
Proprio scrutinando, dunque, il contegno posto in essere dal ricorrente nell’ambito della vicenda criminosa oggetto del procedimento e in stretto ossequio ai principi enucleati nella sentenza
di annullamento con rinvio, il Tribunale ha non solo escluso la sussistenza dell’aggravante de
qua, ma ha pure ritenuto superata la presunzione relativa all’adeguatezza della custodia cautelare in carcere sancita dall’art. 275, comma 3 cod. proc. per il reato come originariamente contestato, in linea con la citata pronunzia costituzionale additiva.
Ciò ribadito, appare evidente come una volta esclusa l’aggravante in questione, non residuasse
alcuna necessità di menzionare nuovamente la presunzione normativamente fissata dalla legge, avendo infatti il Tribunale autonomamente valutato la personalità dell’indagato e ritenuto
adeguata alle immutate esigenze cautelari la meno grave misura cautelare degli arresti domiciliari.
Il riferimento comunque effettuato alla previsione di cui all’art. 275, comma 3 cod. proc. pen.
non esplica rilievo alcuno nell’economia complessiva della motivazione, che si rivela pertanto
del tutto coerente con le premesse date e pienamente ossequiosa del principio di diritto per
essa vincolante fissato nella sentenza di annullamento con rinvio.
Il ricorso comunque proposto si rivela, pertanto, del tutto specioso, censurando un profilo formale della motivazione del tutto ininfluente ai fini della decisione in concreto adottata con la
ordinanza impugnata.

2. Avverso detta ordinanza ha presentato ricorso l’indagato Giuseppe Ilacqua, con atto sottoscritto dai propri difensori, con cui deduce violazione di legge ex art. 606 lett. b) cod. proc.
pen. e nullità dell’ordinanza impugnata per violazione dell’art. 275 cod. proc. pen.

4. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché di una somma in favore della Cassa delle Ammende che
si stima equo determinare nella misura di € 1.000,00 (mille).

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
1.000,00 in favore della Cassa per le Ammende.
della somma di

Roma, 08/01/ 014

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA