Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23275 del 29/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23275 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso presentato da:
Gurgone Francesca, nata a Ramacca, il 7/1/1965;

avverso la sentenza del 6/6/2013 del G.i.p. del Tribunale di Reggio Emilia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale
Dott. Luigi Riello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 6 giugno 2013 il G.i.p. del Tribunale di Reggio Emilia applicava ex
art. 444 c.p.p. e su conforme richiesta delle parti a Gurgone Francesca la pena di anni
uno, mesi quattro e giorni dieci di reclusione per i reati di bancarotta fraudolenta
patrimoniale e bancarotta semplice documentale ritenuti in continuazione tra loro,

Data Udienza: 29/04/2014

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entrambi commessi nella gestione della Road Runner s.r.l. dichiarata fallita il 23 marzo
2011.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputata lamentando difetto di motivazione
sull’applicazione della continuazione ex art. 81 cpv. c.p. anziché dell’aggravante della
pluralità dei fatti di bancarotta di cui all’art. 219 comma 2 n.1) legge fall.

1.11 ricorso è fondato.

2. Preliminarmente deve ricordarsi come, con il ricorso per cassazione avverso la
sentenza di patteggiamento, possa essere denunciata l’erronea qualificazione giuridica
del fatto, così come prospettata nell’accordo delle parti e recepita dal giudice, in
quanto materia sottratta alla disponibilità di parte ed atteso che l’errore su di essa
costituisce errore di diritto rilevante ai sensi dell’art. 606, lett. b) c.p.p. (Sez. Un., n. 5
del 19 gennaio 2000, P.G.in proc.Neri, Rv. 215825).
2.1 Nel caso di specie è indubbio che gli autonomi reati oggetto dell’accordo
processuale intervenuto tra le parti non potessero essere qualificati in continuazione
tra loro ai sensi dell’art. 81 c.p., atteso che, nel caso di consumazione di una pluralità
di condotte tipiche di bancarotta nell’ambito del medesimo fallimento (com’è avvenuto
nel caso di specie), le stesse mantengono la propria autonomia ontologica, dando
luogo ad un concorso di reati, unificati, ai soli fini sanzionatori, nel cumulo giuridico
previsto dall’art. 219, comma secondo, n. 1, legge fall., disposizione che pertanto non
prevede, sotto il profilo strutturale, una circostanza aggravante, ma detta per i reati
fallimentari una peculiare disciplina della continuazione derogatoria di quella ordinaria
prevista dalla disposizione codicistica succitata (Sez. Un., n. 21039 del 27 gennaio
2011, P.M. in proc. Loy, Rv. 249665).
2.2 Questa Corte ha altresì avuto modo di precisare tale principio, chiarendo come la
configurazione, sotto il profilo formale, della c.d. continuazione fallimentare, di cui al
menzionato art. 219, quale circostanza aggravante, ne comporta peraltro
l’assoggettabilità al giudizio di bilanciamento con le circostanze attenuanti (Sez. 5, n.
21036 del 17 aprile 2013, P.G. in proc. Bossone, Rv. 255146).
2.3 In tal senso si palesa dunque l’interesse del ricorrente all’annullamento della
sentenza impugnata, in quanto l’erronea qualificazione giuridica della continuazione
ha impedito di procedere, come invece sarebbe stato corretto, alla comparazione tra
l’aggravante dell’art. 219 legge fall. e le concesse attenuanti generiche, con esito
potenzialmente – ancorchè non necessariamente – favorevole all’imputato. Peraltro la
pena determinata a seguito dell’errata qualificazione giuridica delle circostanze che
concorrono alla sua commisurazione deve ritenersi comunque illegale, a prescindere

CONSIDERATO IN DIRITTO

dal fatto che, in concreto, la corretta applicazione degli istituti giuridici potrebbe
portare a risultati identici a quelli censurati.
2.4 Né rilevano in proposito i principi invocati dal PG nelle sue conclusioni sui limiti che
incontra l’imputato nell’impugnare la sentenza di patteggiamento in ordine alla
determinazione del trattamento sanzionatorio con essa applicato, atteso che nel caso
di specie non si è verificato un mero errore nel calcolo intermedio della pena, di cui lo
stesso imputato non può lamentarsi se la misura finale corrisponde a quella oggetto

pretermissione da un istituto potenzialmente di favore a seguito di scelte qualificatorie
sottratte alla disponibilità delle parti.
La sentenza deve dunque essere annullata senza rinvio e gli atti trasmessi al Tribunale
di Reggio Emilia per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale
di Reggio Emilia per il corso ulteriore.
Così deciso il 29/4/2014

dell’accordo stipulato con il pubblico ministero, bensì, come evidenziato, della sua

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