Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23271 del 08/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23271 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TOMA CATALIN FLORIN N. IL 07/11/1991
avverso l’ordinanza n. 404/2013 TRIB. LIBERTA’ di
CALTANISSETTA, del 21/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI
DEMARCHI ALBENGO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 08/04/2014

4

i

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. dr. Giovanni
D’Angelo, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Torna Catalin Florin – indagato per il reato di ricettazione di una

borsa contenente gli effetti personali, i documenti ed una somma di
denaro pari ad euro 200, sottratta in occasione di un furto commesso

sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari.
2.

Il tribunale di Caltanissetta, riqualificata l’imputazione nel delitto di

cui agli articoli 624-bis e 625 del codice penale, rigettava la richiesta,
ritenendo che il quadro indiziario risultasse enunciato con adeguata
motivazione nel provvedimento genetico, cui faceva richiamo. Il
tribunale del riesame procedeva ad un’accurata ricostruzione dei fatti
sulla base delle dichiarazioni rese dalla persona offesa e dal teste
Ferrigno, ritenuti entrambi attendibili, escludendo che quest’ultimo
potesse assumere la qualità di co-indagato, avendo agito solo ed
esclusivamente nell’interesse della vittima.
3.

Toma Catalin Florin propone oggi ricorso per cassazione per i

seguenti motivi:
a. violazione degli articoli 63, 64 e 192 del codice di procedura
penale in relazione alla possibilità di individuazione della
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e contraddittorietà
della motivazione in relazione alla denuncia resa da Jazzar
Rafika ed alle dichiarazioni rese da Ferrigno Orazio. In
particolare, si sostiene che le dichiarazioni di quest’ultimo non
possono essere utilizzate in quanto egli avrebbe dovuto fin da
subito assumere la qualifica di indagato in reato connesso e
nulla importa che non vi sia stata una formale iscrizione nel
registro di cui all’articolo 335 del codice di procedura penale.
In ogni caso, trattandosi di chiamata in correità, erano
necessari riscontri che non sono stati individuati.
b. Violazione dell’articolo 273 del codice di procedura penale,
nonché illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza
dei

gravi

indizi

di colpevolezza

e

per manifesta

contraddittorietà con le immagini estrapolate dal sistema di

presso l’abitazione della cittadina tunisina Jazzar Rafika – è stato

I

video sorveglianza privato, in cui non compare l’effigie del
Torna.
c.

Violazione dell’articolo 274 del codice di procedura penale,
anche in relazione agli articoli 309, 291 e 292 dello stesso
codice. In particolare, si sostiene che il tribunale del riesame
non poteva ipotizzare d’ufficio l’esistenza di un altro reato in
ordine al quale il pubblico ministero non aveva formulato
alcun addebito, né indicato gli elementi probatori; inoltre,

elementi che portano il tribunale a ritenere che il Torna possa
reiterare le condotte di reato, ritenendo fondatamente
sussistente il rischio di recidiva. Osserva, infine, la difesa
come l’indagato sia soggetto incensurato, essendo irrilevanti
le numerose pendenze giudiziarie.
d.

Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione
all’articolo 274 del codice di procedura penale; sotto tale
profilo si lamenta che la motivazione relativa all’esigenza
cautelare di cui alla lettera C dell’articolo 274 sia formulata in
maniera astratta.

e.

Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione
all’articolo 275 del codice di procedura penale; secondo la
difesa ricorrente la misura degli arresti domiciliari non appare
né adeguata all’effettivo svolgimento della condotta, né,
tantomeno, proporzionata, risultando non coerente la
motivazione che àncora il valore del bene sottratto all’utilità
degli oggetti ivi contenuti. In secondo luogo, il tribunale non
avrebbe esposto le ragioni per le quali le esigenze cautelari
non potessero essere soddisfatte con modalità meno gravose.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non può essere accolto; occorre preliminarmente
ricordare che il ruolo di questa Corte non è quello di rivalutare gli indizi
posti a base delle due ordinanze cautelari, né quello di pronunciarsi
sull’attendibilità dei dichiaranti, bensì più limitatamente quello del
controllo di legittimità sull’ordinanza impugnata.

dall’ordinanza impugnata non è dato apprezzare quali siano gli

2. La corte, dunque, si limiterà a verificare che il provvedimento
impugnato sia sorretto da una logica e sufficiente motivazione, anche
nelle parti in cui fa riferimento all’ordinanza emessa dal gip, e che il
giudizio di gravità indiziaria e di attendibilità delle dichiarazioni che ne
)—2iburore

costituiscono il fondamento sia stato effettuato Palla Lode/ del riesame
operando una corretta interpretazione degli istituti processuali invocati
nel ricorso.
ess
3. In drarri caso questa Corte procederà ad una valutazione di merito

indagini preliminari in prima battuta e al tribunale del riesame in sede di
impugnazione.
4. Si deve ricordare, infatti, che “In caso di ricorso per cassazione
avverso un provvedimento di riesame in tema di misure cautelari
personali, allorché sia denunciato vizio di motivazione, le doglianze
attinenti alla sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza o delle
esigenze cautelari possono assumere rilievo solo se rientrano nella
previsione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., se cioè integrano
il vizio di mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Esula,
quindi, dalle funzioni della Cassazione la valutazione della sussistenza o
meno dei gravi indizi e delle esigenze cautelari, essendo questo compito
primario ed esclusivo dei giudici di merito e, in particolare, prima, del
giudice al quale è richiesta l’applicazione della misura e poi,
eventualmente, del giudice del riesame” (sez. 2, n. 39504 del 17
settembre 2008).
5. L’ordinamento, dunque, non conferisce alla Corte di Cassazione
alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende
indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, ne’ alcun potere di
riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi
compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure
ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito
esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione
della misura cautelare, nonché del tribunale del riesame. Il controllo di
legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame
dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia
rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la
cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno
determinato; 2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle

sugli indizi e sulla loro interpretazione, compito riservato al giudice per le

i

argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 6
sent. n. 2146 del 25.05.1995, rv 201840; sez. II, 17.01.2012, Chilà).
6. Ciò premesso, occorre rilevare che sono inammissibili tutte quelle
censure contenute nei motivi di ricorso (in particolare nel primo e nel
secondo) relative alla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza ed alle
esigenze cautelari, atteso che il provvedimento impugnato risulta più che
adeguatamente motivato, senza evidenziare vizi di illogicità o manifeste

7. Quanto alla lamentata violazione dell’articolo 64, si rileva che il
tribunale del riesame ha escluso che il Ferrigno potesse assumere la
qualità di co-indagato o di indagato in reati connessi, dandone adeguata
motivazione alla pagina 7 dell’ordinanza; trattasi di valutazione di
merito, adeguatamente motivata, e pertanto non censurabile in sede di
legittimità.
8. La giurisprudenza citata dal ricorrente a pagina 8, nell’ambito del
motivo numero 3, è inconferente, atteso che il tribunale del riesame non
ha affatto ipotizzato d’ufficio l’esistenza di un reato in ordine al quale il
pubblico ministero non aveva formulato alcun addebito, né indicato gli
elementi probatori; al contrario, il tribunale ha semplicemente qualificato
diversamente, sotto il profilo giuridico, gli stessi fatti che il pubblico
ministero aveva posto alla base della propria ipotesi accusatoria.
9. Quanto al pericolo di reiterazione del reato, il tribunale ne ha
fornito congrua ed adeguata motivazione, priva di vizi logici evidenti, alla
pagina 8 dell’ordinanza; il riferimento alle numerose pendenze
giudiziarie, operato dal tribunale, è ultroneo e non decisivo e dunque,
anche ove fosse corretta l’osservazione contenuta nell’ultima censura del
motivo numero 3, essa non sarebbe determinante ai fini
dell’annullamento del provvedimento impugnato.
10.

In merito alla censura relativa all’esigenza cautelare di cui

alla lettera C dell’articolo 274, il pericolo di condizionamento indicato
nell’ultimo capoverso della pagina 8 dell’ordinanza si ricollega
logicamente a quanto osservato nella motivazione del provvedimento
con riferimento alle intimidazioni già subite dal teste Ferrigno (pagine 5 e
6 dell’ordinanza impugnata), per cui non può dirsi privo di
giustificazione.
11. Anche con riferimento alle modalità di assicurazione delle esigenze
cautelari ed alla adeguatezza della misura irrogata, vi è motivazione

contraddittorietà.

sufficiente e priva di vizi logici alle pagine 8 e 9, tenendosi conto, in
una necessaria esigenza sistematica, dell’intero contesto
motivazionale. Ed invero, pur contestando la tipologia della misura
irrogata, lo stesso ricorrente non è in grado di dire quale diversa
misura sarebbe idonea ad assicurare le esigenze cautelari ritenute
sussistenti dal tribunale del riesame e perchè.
12. Del tutto infondata, infine, è la contestazione della valutazione di
gravità del fatto, che il tribunale ha commisurato anche all’utilità dei

gravità del danno nel reato di furto non si può avere riguardo
esclusivamente all’oggettivo valore economico dei beni sottratti, ma
deve tenersi conto anche degli ulteriori effetti pregiudizievoli
cagionati

alla

persona

offesa

dalla

condotta

delittuosa

complessivamente valutata.
13. Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; ai sensi dell’art. 616
c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che
lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del
procedimento.

p.q.m.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso 1’8/04/2014

beni sottratti alla persona offesa. Ed invero, nella valutazione di

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