Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23264 del 13/03/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23264 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PALAU GIOVANNETTI PIETRO N. IL 19/11/1952
avverso l’ordinanza n. 134/2010 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
07/12/2010
sentita la r lazione fatta dal Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI;
lette/s ite le conclusioni del PG Dott.
–e C.e atiLuLtvhis-L-e

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 13/03/2014

FATTO E DIRITTO
Ha proposto ricorso per cassazione Palau Giovannetti Pietro, avverso l’ordinanza della Corte di

motivo contenuto nell’incidente di esecuzione a suo tempo promosso in relazione, appunto,
alla esecuzione di una serie di sentenze di condanna.
La Cassazione, cioè, aveva ritenuto infondate le doglianze che il condannato aveva formulato
con riferimento al mancato riconoscimento della continuazione, alla asserita illegittimità della
revoca del beneficio della sospensione condizionale e, infine, alla mancata applicazione
dell’indulto ex I. n. 241\ 2006. Invece aveva ritenuto fondato il motivo con il quale era stata
dedotta la mancanza di motivazione riguardo alla denuncia di errore del calcolo della pena
residua.
Sulla base di tale limitato devolutum della Corte di cassazione, la Corte d’appello di Brescia, in
sede di rinvio, con il provvedimento oggi impugnato, motivava anche in ordine al calcolo della
pena residua, ritenendo che nessun errore fosse ravvisabile nei computi effettuati nei due
provvedimenti di cumulo della Procura della Repubblica di Brescia (del 23 ottobre 2006) e della
Procura della Repubblica di Milano (del 30 ottobre 2007) nonché nell’ultimo provvedimento
della Procura generale presso la Corte d’appello di Brescia, scaturito dalla necessità di
computare la pena della sentenza della Corte d’appello di Brescia in data 9 novembre 2006.
Deduce il ricorrente
1) la errata individuazione del giudice del rinvio, ai sensi dell’articolo 665 commi terzo e
quarto Cpp.
Avrebbe dovuto essere indicato, dalla Cassazione, ai sensi dell’articolo 665 comma
quarto cpp, il Tribunale di Brescia, e non la Corte d’appello di Brescia, posto che il
primo di tali giudici era quello che aveva emesso l’ ultima sentenza, e cioè quella
numero 951/2008 divenuta definitiva per effetto di sentenza della Corte di cassazione
depositata il 19 ottobre 2009.
Tale competenza è di natura funzionale, assoluta e inderogabile, ai sensi dell’articolo
2)

3)

4)
5)

178 lett. a) cpp (vedi sentenza Cass. n. 31946 del 2008);
la nullità del procedimento dinanzi alla Cassazione e di quello conseguente dinanzi al
giudice del rinvio.
Infatti, in relazione al primo, non era pervenuto alcun rituale avviso, ad esso ricorrente
personalmente, presso il domicilio eletto: e ciò, tanto con riferimento all’udienza di
trattazione quanto al provvedimento emesso dalla stessa Cassazione;
il vizio della motivazione con riferimento al merito della decisione. Sostiene, in
particolare che il calcolo della Procura di Milano continuava ad essere errato perché non
aveva tenuto conto dell’applicazione del condono, riconosciuto dalla Procura di Brescia,
nella misura di anni uno, mesi cinque e giorni sette di reclusione. In altri termini,
dedotto quel condono, la pena residua doveva essere di mesi tre e giorni sette, e ad
essa andava aggiunta l’ulteriore condanna considerata nel provvedimento della Procura
generale di Brescia, sicchè la pena residua doveva risultare quella di anni uno, mesi
quattro e giorni sette di reclusione e non già quella effettivamente calcolata, di anni
due, mesi due e giorni 17 di reclusione;
l’erronea applicazione della legge penale in tema di continuazione, essendo abnorme la
decisione della Cassazione;
il vizio della motivazione, con riferimento alla mancata applicazione del reato
continuato, da parte della Corte d’appello di Brescia che è comunque competente, quale
giudice dell’esecuzione, indipendentemente dall’investitura della Corte di cassazione;
1

appello di Brescia -giudice dell’esecuzione- adottata il 7-15 dicembre 2010.
Tale provvedimento, a seguito di annullamento con rinvio disposto dalla Cassazione, Sez. I,
con sentenza del 19 maggio 2009 ( dep. il 16 giugno 2009), aveva respinto anche l’ultimo

6) l’illegittimità della mancata concessione della sospensione condizionale della pena,
conseguente al riconoscimento della continuazione.
Il Procuratore generale presso questa Corte di cassazione, con requisitoria scritta del 22
marzo 2013, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza.
In data 12 luglio 2013, nell’interesse del Palau Giovannetti, è stata depositata una memoria di
replica nella quale si segnala l’inammissibile ritardo con il quale è stato trasmesso, in
Cassazione, il ricorso presentato dal condannato.

denunciato e non percepito dal PG ma, invece, riconosciuto da ultimo dal giudice
dell’esecuzione di Brescia.
Questi, con provvedimento del 4 marzo 2013 aveva applicato l’indulto e rideterminato la pena
residua in anni due, mesi quattro giorni sette di reclusione, così recependo il provvedimento di
cumulo della Procura di Brescia del 25 febbraio 2013, sostitutivo di quello della Procura
generale. Quello stesso giudice dell’esecuzione aveva riconosciuto l’applicabilità della
sospensione condizionale e ritenuto ammissibile la domanda di riconoscimento della
continuazione.
Aggiunge che il provvedimento del giudice dell’esecuzione di Brescia sarebbe comunque errato
alla luce dei rilievi di cui alla presente procedura e inoltre della errata applicazione dell’articolo
157 cp nonché dell’indulto.
Torna ad eccepire l’erroneità del provvedimento della Corte d’appello di Brescia in merito alla
continuazione, non riconosciuta.
In data 13 marzo 2014 è pervenuta una memoria difensiva con la quale si è chiesta la riunione
del presente procedimento ad altro introdotto con ricorso del 29 maggio 2013, radicato presso
la Prima Sezione della Cassazione, ed avente ad oggetto una ulteriore ordinanza del Tribunale
di Brescia in funzione di giudice della esecuzione, emessa nei confronti dell’odierno ricorrente.
Il ricorso è inammissibile.
Occorre preliminarmente dare atto della inammissibilità della richiesta di riunione dei
procedimenti, non pendenti presso la stessa Sezione della Cassazione anche perché non si
trovano nello stesso “stato”.
I criteri tebellari di ripartizione della competenza interna vedono, infatti, assegnataria dei
provvedimenti in materia di esecuzione di condanna , la prima Sezione ed invece, la Quinta
Sezione soltanto dei provvedimenti che, pur riguardanti la stessa materia, sono stati emessi a
seguito di annullamento con rinvio disposto dalla Prima Sezione.
E’ per questo che il provvedimento qui in esame, adottato a seguito di annullamento con rinvio
già disposto dalla I° Sezione della Cassazione, non può essere riunito , nella trattazione, a
quello emesso dal giudice della esecuzione di Brescia, oggetto di ricorso radicato, ratione
competentiae, dinanzi alla Prima Sezione.
Il primo motivo è manifestamente infondato.
Si ricava, dalla lettura del ricorso, che l’estensore non tiene in considerazione la disciplina della
pronuncia di annullamento con rinvio, da parte della Corte di cassazione.
L’articolo 623 c.p.p. Prevede infatti che se, come nel caso di specie, ad essere stata annullata è
una ordinanza, la Corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice che la ha
pronunciata, il quale provvede uniformandosi alla sentenza di annullamento.
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In secondo luogo si illustrano nuovamente le questioni della incompetenza funzionale del
giudice del provvedimento impugnato e si evidenzia la effettività dell’errore di calcolo

Ne consegue che – a prescindere da ogni considerazione sulla inammissibilità di questioni
attinenti la competenza attribuita dalla Cassazione con la sentenza di annullamento alla luce
del disposto dell’art. 627 comma 1 cpp- appare comunque destituita di qualsiasi fondamento

la violazione del contraddittorio in relazione
Anche la doglianza con la quale è stata dedotta
al precedente giudizio concluso con la sentenza della Cassazione appena indicata, è
inammissibile nella presente sede.
Non è infatti previsto che tale violazione possa essere fatta valere nella procedura del rinvio,
mentre, per essa, è prevista la instaurazione del ricorso straordinario per errore di fatto, ai
sensi dell’articolo 625 bis c.p. p. , che lo stesso ricorrente, del resto, menziona ripetutamente
nel ricorso in esame.
Venendo al merito del ricorso, cioè al denunciato vizio di motivazione contenuto,
asseritamente, nel provvedimento impugnato, va rilevato, in primo luogo, che, a tutto voler
concedere, esso risulterebbe inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse .
Infatti, il ricorrente aveva evidenziato che, nel provvedimento impugnato, non ci si era accorti
che la procura della Repubblica di Milano aveva computato, nel cumulo del 30 ottobre 2007, la
pena già oggetto del precedente cumulo formato dalla Procura di Brescia, con provvedimento
del 23 ottobre 2006, tuttavia dichiarata condonata per intero.
Si trattava di anni uno, mesi cinque e giorni sette di reclusione ed inoltre di un anno di libertà
controllata che, nonostante il condono, avevano, secondo lo stesso ricorrente, concorso a
determinare il cumulo calcolato dalla Procura di Milano, che giungeva, così, tenuto conto
dell’applicazione di due condoni, ad anni uno, mesi tre e giorni 17 di reclusione.
Orbene, nella memoria di replica, è lo stesso difensore del ricorrente a sostenere che l’errore di
calcolo sarebbe stato, da ultimo, apprezzato dal giudice dell’esecuzione con provvedimento del
4 marzo 2013, contenente peraltro ulteriori errori.
Se ciò è vero, si tratta della segnalazione del conseguimento del risultato originariamente
perseguito e quindi di una causa di inammissibilità sopravvenuta per mancanza di interesse.
Non potrebbero, d’altro canto, in questa sede farsi valere gli eventuali ulteriori errori del
giudice dell’esecuzione, nel provvedimento da ultimo citato, che è necessariamente soggetto
ad autonoma impugnazione, così come il giudice del provvedimento impugnato, ed oggi in
riesame, non avrebbe potuto pronunciarsi se non nell’ambito del ristretto perimetro segnato
dalla decisione di annullamento con rinvio della Cassazione.
Ad ogni buon conto, come esattamente rilevato dal Procuratore generale, dalla lettura del
provvedimento impugnato si evince, nella sest’ultima riga, che il giudice a quo ha esattamente
tenuto conto del fatto che la pena oggetto del cumulo della Procura di Brescia, in data 23
ottobre 2006, era stata interamente condonata e, pertanto, andava detratta dal computo della
pena residua.
Gli ultimi tre motivi di ricorso sono manifestamente inammissibili dal momento che, con essi, il
ricorrente ritiene che possano essere poste nuovamente in discussione e riesaminate questioni
che la Corte di cassazione, nella sentenza del 19 maggio 2009, ha partitamente analizzato ed
ha ritenuto infondate: questioni che, sotto un profilo diverso e nuovo, ben possono essere
nuovamente trattate, piuttosto, dal giudice competente, in sede di esecuzione.
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la doglianza del ricorrente che, se accolta, comporterebbe la disapplicazione della norma citata.
È del tutto evidente che si tratta di norma cogente, regolante la procedura del rinvio disposto
dalla Cassazione, laddove la diversa norma evocata dal ricorrente, cioè l’articolo 665 cpp,
regola la competenza del giudice dell’esecuzione, da farsi valere, ove non rispettata, con
apposito motivo di ricorso che, nella specie, non risulta formulato con l’originario mezzo di
impugnazione che ha introdotto la presente procedura e che, una prima volta, è stato deciso
da questa Corte di cassazione con sentenza del 19 maggio 2009.

Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del ricorrente al versamento, in
favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000.
PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000.
Così deciso in Roma 13 -3 .2014

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