Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23259 del 14/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23259 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Lutaj Ervis, nato a (Albania) il 15/10/1984

avverso l’ordinanza emessa il 28/08/2013 dal Tribunale di Bologna

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa
Elisabetta Cesqui, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso

RITENUTO IN FATTO

Il difensore di Ervis Lutaj ricorre avverso l’ordinanza indicata in epigrafe,
recante la conferma del provvedimento con cui il Tribunale di Bologna, in data
06/08/2013, aveva disposto a carico del medesimo la misura restrittiva della
custodia in carcere, provvedimento impugnato nell’interesse dell’odierno
ricorrente ex art. 309 del codice di rito. I fatti riguardano più addebiti di furto

Data Udienza: 14/02/2014

(consumato e tentato), in ipotesi commessi dal prevenuto in concorso con tale
Cosimo Capestro presso abitazioni dell’hinterland bolognese e in danno dei
proprietari di autovetture in sosta: in particolare, gli imputati avrebbero forzato
le portiere di alcuni veicoli parcheggiati in prossimità del luogo ove era in corso
di svolgimento una fiera paesana, alla ricerca di oggetti da trafugare o di chiavi
di appartamenti, utilizzando queste ultime per accedere nei domicili di coloro che
si stavano intrattenendo presso la fiera ed impossessarsi dei beni ivi presenti.
La difesa lamenta inosservanza ed erronea applicazione di legge sostanziale

rilevando che:
la polizia giudiziaria operante aveva dato atto del costante monitoraggio
delle attività e degli spostamenti del Lutaj e del Capestro nel corso
dell’azione delittuosa, sì da doversi escludere che questi ultimi avessero
comunque conseguito una autonoma ed effettiva disponibilità delle cose
sottratte [rendendosi così doverosa la qualificazione della condotta sub 2)
– il furto presso l’abitazione di Pasquale Forniciti – in termini di
tentativo];
nelle ulteriori occasioni in cui oggetto materiale del reato erano stati i
veicoli in sosta sopra ricordati [capo 5)], il ricorrente si era limitato a
scassinarne le portiere, senza mai impossessarsi di alcunché, tanto da
imporre una derubricazione dell’addebito nel reato di danneggiamento;
il Tribunale non avrebbe adeguatamente considerato tutti gli elementi da
valutare in punto di esigenze cautelari e di scelta della misura adeguata al
caso concreto, atteso che il Lutaj non avrebbe manifestato in alcun modo
un’indole proclive a condotte criminose, essendo peraltro incensurato e in
condizioni di salute non compatibili con la restrizione in carcere.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è da ritenere inammissibile.
I motivi di doglianza riproducono infatti le stesse ragioni già discusse e
ritenute infondate dal giudice del gravame: detti motivi debbono perciò
considerarsi non specifici, in quanto il difetto di specificità – rilevante ai sensi
dell’art. 581, lett. c), cod. proc. pen. – va apprezzato non solo in termini di
indeterminatezza, ma anche «per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità che

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e processuale, nonché carenze motivazionali dell’ordinanza oggetto di ricorso,

conduce, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.,
all’inammissibilità dell’impugnazione» (Cass., Sez. II, n. 29108 del 15/07/2011,
Cannavacciuolo).
Nel caso in esame, è appena il caso di rilevare che la difesa non coglie – e
sostanzialmente non prova neppure a confutare – gli argomenti ritenuti decisivi
dal Tribunale in ordine sia alla necessità di ravvisare ipotesi di furto consumato
quanto alla contestazione sub 2), sia all’impossibilità di discutere di mero
danneggiamento dinanzi al fatto sub 5), sia infine in punto di pericolosità sociale

avere:
richiamato la costante giurisprudenza di legittimità circa la sufficienza di
un pur momentaneo impossessamento della res, anche se l’azione si
svolga sotto la diretta percezione delle forze dell’ordine, per ritenere
integrata la consumazione del furto (v. in proposito Cass., Sez. V, n.
40697 del 23/09/2008, Cuzzocrea). A riguardo, nell’interesse del
ricorrente si allega apoditticamente che i Carabinieri avrebbero potuto
bloccare in precedenza il Capestro ed il Lutaj, senza considerare che
secondo la ricostruzione dei fatti indicata nell’ordinanza impugnata i due
non vennero notati nell’atto di scassinare auto in sosta, e la sussistenza di
elementi a loro carico emerse soltanto quando essi tornarono a bordo
della vettura già monitorata;
– sottolineato l’assoluta identità della condotta del Lutaj e del complice, nel
momento in cui avevano forzato le serrature delle portiere delle auto di
cui al capo 5), rispetto alle modalità delle contestuali azioni portate a
compimento con la sottrazione dagli abitacoli delle vetture in sosta delle
chiavi delle abitazioni dei rispettivi proprietari, sì da dimostrare che il loro
intento fosse analogo anche in quelle occasioni;
– evidenziato che il modus operandi costituiva indice inequivoco di una
sistematica dedizione a commettere reati contro il patrimonio, e che
nell’interesse dell’indagato, in relazione al suo stato di salute, non era
stato comunque sollevato alcun profilo di possibile incompatibilità rispetto
alla restrizione in carcere, essendosi al contrario già rivelato praticabile il
ricorso a trasferimenti temporanei del Lutaj presso luoghi esterni di cura.

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del Lutaj al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla
volontà del ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al

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e condizioni personali del prevenuto salute. I giudici del riesame risultano infatti

pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.
Dal momento che alla presente decisione non consegue la rimessione in
libertà del ricorrente, dovranno essere curati dalla Cancelleria gli adempimenti di
cui al dispositivo.

P. Q. M.

spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.
att. cod. proc. pen.

Così deciso il 14/02/2014.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle

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