Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23258 del 11/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23258 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Mirti Antonino, nato ad Olevano Romano il 25/06/1952

avverso l’ordinanza emessa il 24/09/2013 dal Tribunale di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
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Antongle Mura, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso;
udito per il ricorrente l’Avv. Andrea Rossi, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso, e l’annullamento dell’ordinanza impugnata

RITENUTO IN FATTO

Il difensore di Antonino Mirti ricorre avverso l’ordinanza indicata in epigrafe,
recante la conferma del provvedimento con cui il Tribunale di Tivoli, in data
12/08/2013, aveva disposto a carico del medesimo la misura restrittiva della

Data Udienza: 11/02/2014

custodia in carcere, provvedimento impugnato nell’interesse dell’odierno
ricorrente ex art. 309 del codice di rito. I fatti riguardano un addebito di furto, in
particolare di un trattore agricolo, in ipotesi commesso dal Mirti in concorso con
altro soggetto.
La difesa lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale,
nonché mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione dell’ordinanza
impugnata, non avendo il Tribunale di Roma esaminato il profilo di doglianza
relativo alla possibilità che le esigenze cautelari ravvisate sul conto del Mirti

meno afflittiva: rileva in particolare la sostanziale modestia del trattamento
sanzionatorio inflitto all’atto della condanna in primo grado (mesi 8 di reclusione,
oltre a pena pecuniaria), e che appariva già documentato il costante rispetto da
parte dell’imputato – in precedenti occasioni – delle prescrizioni impartitegli
all’atto dell’applicazione degli arresti domiciliari. Non risponderebbero poi al
vero le circostanze, evidenziate dal collegio, secondo cui il Mirti avrebbe inteso
sminuire la rilevanza della propria condotta e si sarebbe reso responsabile del
furto de quo subito dopo avere espiato altra pena definitiva: egli aveva invece
reso piene ammissioni di colpa, e dalla conclusione con esito positivo di un
periodo di affidamento in prova al servizio sociale per altro titolo era comunque
decorso circa un anno.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve ritenersi inammissibile.
Sulla imprescindibilità della massima misura custodiale, infatti, il Tribunale di
Roma risulta avere più che adeguatamente motivato il provvedimento oggetto di
ricorso, nei cui confronti le doglianze difensive si mantengono assolutamente
generiche. I giudici del riesame hanno in particolare posto l’accento sulla
manifestata, ripetuta tendenza del Mirti a commettere reati anche di natura
eterogenea, come rivelato dai suoi precedenti, e dalla dimostrata indifferenza del
prevenuto verso precedenti esperienze di confronto con l’espiazione di sanzioni
penali nella forma alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale;
appare, a riguardo, del tutto irrilevante la circostanza che la ricaduta in condotte
delittuose da parte del ricorrente sia avvenuta subito dopo o nel giro di circa un
anno da quando avrebbe cessato di scontare la pena da ultimo inflittagli,
rimanendo comunque il dato pacifico, come correttamente si evidenzia
nell’ordinanza impugnata, del «mancato raggiungimento dello scopo cui la
misura alternativa tende, vale a dire il reinserimento sociale del reo». E non può

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venissero adeguatamente salvaguardate dall’eventuale adozione di una misura

che derivarne, come parimenti osserva il Tribunale, che il Mirti deve intendersi
«soggetto incapace di rispettare le regole del vivere sociale e soprattutto le
regole penali, se lasciato libero da vincoli».

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del Mirti al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla
volontà del ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al

così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.
Dal momento che alla presente decisione non consegue la rimessione in
libertà del ricorrente, dovranno essere curati dalla Cancelleria gli adempimenti di
cui al dispositivo.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.
att. cod. proc. pen.

Così deciso 1’11/02/2014.

versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di € 1.000,00,

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