Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23257 del 28/01/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 23257 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Fioruzzi Stefania Sofia Maria, nata a Milano 1’08/01/1959

avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Milano il 06/03/2013

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Giovanni D’Angelo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per la parte civile Barclays Bank plc l’Avv. Antonio Golino, il quale ha
concluso per il rigetto del ricorso dell’imputato;
udito per la ricorrente l’Avv. Fabio Spada, che ha concluso per raccoglimento del
ricorso, e l’annullamento del provvedimento impugnato

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 28/01/2014

1. Con ordinanza dell’08/02/2013, il Tribunale di Milano – su istanza del
Pubblico Ministero e della parte civile Barclays Bank PLC – disponeva il sequestro
conservativo, fino alla concorrenza di 2 milioni di euro, quanto a beni (immobili,
mobili registrati e non, disponibilità in denaro, crediti, partecipazioni societarie,
ecc.) riferibili a Vittorio Maria De Stasio, nei confronti del quale era stata
esercitata l’azione penale per reati ex art. 2635 cod. civ.; il provvedimento, a
seguito di distinte richieste presentate nell’interesse dell’imputato e della di lui
moglie – Stefania Sofia Maria Fioruzzi – ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen.,

ordinanze emesse il 06/03/2013.
Quanto al provvedimento riguardante la Fioruzzi, il collegio, premesso che a
seguito dell’intervenuto decreto di rinvio a giudizio non vi era necessità di
estendere l’indagine alla verifica del requisito del fumus boni iuris, riteneva
sussistere fondato pericolo che i beni di cui al patrimonio del De Stasio – ivi
compresi alcuni beni cointestati alla moglie – potessero disperdersi, così
vanificando le pretese risarcitorie dello Stato e della parte civile costituita: a tal
fine, considerava significative le dichiarazioni dello stesso imputato, rese in un
interrogatorio del 24/04/2012, quando egli aveva «ammesso di avere avuto
conti correnti all’estero, utilizzati per farvi confluire somme di sua esclusiva
pertinenza», nonché sostenuto «di avere fatto frequente uso di denaro contante,
reputando che era meglio non depositarlo su conti correnti». Precisava poi che,
pur dovendosi convenire con la difesa del De Stasio circa la non sussistenza di
plurimi rapporti bancari in capo a lui, come invece inizialmente rappresentato
dalla parte civile, risultava pacifico che l’imputato avesse taciuto l’esistenza di un
conto (denominato “Calaviste”) su cui era presente una notevole somma;
dall’analisi delle movimentazioni bancarie emergeva quindi come fosse stato il
solo De Stasio ad alimentare conti e depositi, anche se formalmente cointestati
alla Fioruzzi, sì da ritenere legittimo il sequestro disposto anche sulla parte di
spettanza del coniuge (dovendosi intendere superata la presunzione di
contitolarità al 50% delle relative somme, prevista dall’art. 1298, comma
secondo, cod. civ.).

2. Propongono ricorso per cassazione i difensori della Fioruzzi nonché
personalmente quest’ultima, sviluppando innanzi tutto una premessa sulle
circostanze in cui era intervenuta la primigenia ordinanza di sequestro
conservativo. Per ottenere detto provvedimento, infatti, la parte civile aveva
rappresentato che il periculum in mora doveva intendersi desumibile dalla
ritenuta incapienza del patrimonio dell’imputato (come ricostruito attraverso
un’indagine di una società investigativa privata) rispetto alle pretese risarcitorie,

2

veniva confermato dallo stesso Tribunale, quale giudice del riesame, con

nonché dalla condotta tenuta dallo stesso De Stasio; tuttavia, secondo la difesa,
la parte civile aveva segnalato dati non corretti su entrambi i profili.
In ordine al primo punto, era stato infatti indicato come sussistente un
mutuo di circa 600.000,00 euro presso la stessa Barclays Bank PLC (che invece il
De Stasio aveva già estinto) ed offerta, quanto al valore di una proprietà
immobiliare del prevenuto, una stima calcolata sulla base imponibile ICI pari a
poco meno di 250.000,00 euro, quando invece la banca, all’atto dell’erogazione
del mutuo anzidetto, aveva indicato il valore degli stessi beni in circa

licenziamento dalla Barclays, era stato erroneamente descritto come a tempo
determinato. Parimenti non rispondente al vero doveva intendersi il riferimento
alla titolarità, da parte dell’imputato, di 32 rapporti bancari con 5 istituti di
credito differenti, circostanza sì evidenziata in una annotazione curata dalla
Guardia di Finanza, ma che la parte civile avrebbe dovuto riportare in termini
ben diversi, atteso che in alcuni di detti rapporti, di natura fiduciaria, il De Stasio
aveva operato per conto della stessa Barclays Bank PLC (effettiva fiduciante), ed
altri erano stati estinti senza alcuna movimentazione: il marito della Fioruzzi era
pertanto titolare dei soli conti effettivamente evidenziati alla polizia giudiziaria
all’atto della perquisizione subita, ed a nulla poteva rilevare – in ordine
all’attualità del periculum –

il mancato riferimento al conto “Calaviste”, atteso

che le somme ivi depositate erano comunque già state sequestrate da tempo a
seguito di commissione rogatoria in Svizzera.
2.1 Esponendo quindi le ragioni di doglianza, i difensori deducono violazione
dell’art. 316 cod. proc. pen., non essendo stati rispettati i requisiti di legge
relativamente al presupposto del periculum in mora.

Riprendendo gli spunti

offerti dall’elaborazione giurisprudenziale degli ultimi anni, la difesa della
ricorrente pone l’accento sulla necessità di distinguere fra la possibilità che il
venir meno della garanzia patrimoniale del debitore derivi da eventi indipendenti
dalla volontà del soggetto (quando le garanzie “manchino”) e quella che
l’incapienza sia invece il frutto di comportamenti addebitabili allo stesso (“si
disperdano”), per quanto non necessariamente fraudolenti.

Ergo, il periculum in

mora deve intendersi sussistente qualora vi sia fondata ragione di ritenere che la
garanzia patrimoniale, effettiva al momento dell’adozione del provvedimento di
sequestro, possa in futuro venir meno, sia per cause dipendenti che indipendenti
da condotte del debitore: tale prognosi negativa deve comunque essere
formulata sulla base di elementi fattuali – da valutare da parte del giudice di
merito – quali l’entità del credito vantato, la natura del bene da apprendere, la
composizione del patrimonio del debitore, il comportamento processuale e non
del medesimo; elementi, questi, che non ricorrerebbero nel caso di specie, dove

3

1.800.000,00 euro; inoltre, il rapporto di lavoro del De Stasio, successivo al

vengono sì evocate condotte del De Stasio di apparente significatività ma che in
concreto si dimostrano irrilevanti.
Le condotte de quibus, esauritesi nella disponibilità da parte dell’imputato di
rapporti bancari all’estero e nella sua frequente movimentazione di denaro in
contanti, afferiscono infatti al passato, ivi compresa l’accensione del ricordato
conto “Calaviste” (risalente al 2006, mentre i fatti addebitati al De Stasio sono
da collocare fra il 2007 e il 2008): tanto più ove si consideri che nel 2009 lo
stesso imputato, in base alla legislazione allora approvata in tema di c.d. “scudo

adottando un contegno in antitesi rispetto alla sua presunta intenzione di
nascondere o disperdere il proprio patrimonio. L’ordinanza impugnata, infine,
non avrebbe tenuto conto della circostanza che il reddito attualmente percepito
dal De Stasio in virtù del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in essere da
alcuni mesi, consente senz’altro al medesimo di mantenere inalterate le sue
disponibilità: disponibilità fra le quali non vanno trascurate la somma di poco più
di 500.000,00 euro giacenti sul conto “Calaviste”, già oggetto di sequestro, ed il
credito vantato dall’imputato proprio nei confronti della parte civile, pari a circa
620.000,00 euro, come da sentenza emessa all’esito di un contenzioso
giuslavoristico.
2.2 Con un secondo motivo di ricorso, nell’interesse della Fioruzzi si lamenta
altresì la violazione dell’art. 1298, comma secondo, cod. civ., ancora in relazione
all’art. 316 del codice di rito penale.
Ad avviso della difesa, la presunzione di contitolarità sancita dalla ricordata
norma del codice civile può essere superata soltanto «in presenza di una prova
positiva contraria (che, come tale, deve risultare agli atti) dalla quale possa
evincersi che su quei conti soltanto uno dei due cointestatari abbia compiuto
operazioni, così da ritenere che di quel rapporto bancario lo stesso cointestatario
abbia la disponibilità uti dominus, indipendentemente dalla titolarità apparente»
(cita Cass., Sez. H, n. 44660 del 21/12/2010). Al contrario, nel caso in esame
la Fioruzzi risulta avere alimentato le giacenze di cui si discute con somme di sua
esclusiva pertinenza (ad esempio, versando 100.000,00 euro il 27/01/2010 su
uno dei conti oggetto di sequestro), ed utilizzato il conto in questione effettuando
prelievi per esigenze familiari o personali, come pure per il pagamento delle
utenze domestiche.

3. In data 10/01/2014 risultano depositate note di udienza dal difensore
della parte civile Barklays Bank plc, con la quale si contestano le ragioni sottese
al ricorso presentato nell’interesse della Fioruzzi.

4

fiscale”, fece rientrare in Italia somme depositate presso la Deutsche Bank,

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve reputarsi inammissibile.
Non è possibile infatti ritenere che nel caso in esame sia stato rispettato il
dettato normativo, imponendo l’art. 325 del codice di rito che i ricorsi in tema di
misure cautelari reali possano proporsi per violazione di legge: a riguardo, le
Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che in tale nozione «rientrano la

apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma
non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità
soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e)
dell’art. 606 cod. proc. pen.» (Cass., Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Ferazzi,
Rv 226710; nello stesso senso, v. anche Cass., Sez. VI, n. 7472 del 21/01/2009,
Vespoli).
E’ stato altresì precisato che «in tema di riesame delle misure cautelari, il
ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell’art. 325, comma
primo, cod. proc. pen., può essere proposto solo per mancanza fisica della
motivazione o per la presenza di motivazione apparente, ma non per mero vizio
logico della stessa» (Cass., Sez. V, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv
248129), e che possono assumere rilievo «sia l’omissione totale della
motivazione sia la motivazione fittizia o contraddittoria, che si configurano, la
prima, allorché il giudice utilizzi espressioni di stile o stereotipate e, la seconda,
quando si riscontri un argomentare fondato sulla contrapposizione di
argomentazioni decisive di segno opposto, con esclusione della motivazione
insufficiente e non puntuale» (Cass., Sez. I, n. 6821 del 31/01/2012, Chiesi, Rv
252430).
A ben guardare, sia pure invocando presunte ipotesi di violazione di legge, i
difensori della Fioruzzi e la stessa ricorrente limitano in concreto le proprie
doglianze all’esame del contenuto della motivazione dell’ordinanza impugnata,
rappresentandone pretesi vizi che peraltro riguardano ictu ocull il merito della
fattispecie. Infatti, nella prospettazione difensiva il Tribunale del riesame non
avrebbe errato nell’indicazione dei principi da applicare in tema di sequestro
conservativo, invocando quali presupposti del periculum in mora elementi che il
sistema processuale non consentirebbe di valorizzare (e solo in questo caso
potrebbe dirsi rispettato il disposto del ricordato art. 325): avrebbe invece
conferito rilevanza ad aspetti sostanzialmente travisati dalla parte civile all’atto
della richiesta del provvedimento, ovvero negato significatività a risultanze da
considerare favorevoli alla ricorrente.

5

mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente

A proposito del predetto requisito del periculum in mora, la giurisprudenza di
legittimità ha più volte segnalato che esso ricorre «se il rischio di perdita delle
garanzie del credito sia apprezzabile in relazione a concreti e specifici elementi
riguardanti, da un lato, l’entità del credito e la natura del bene oggetto del
sequestro e, dall’altro, la situazione di possibile depauperamento del patrimonio
del debitore, da porsi in relazione con la composizione del patrimonio stesso, con
la capacità reddituale e con l’atteggiamento in concreto assunto dal debitore
medesimo» (Cass., Sez. VI, n. 20923 del 15/03/2012, Lombardi, Rv 252865,

in re ipsa dall’essere stata sequestrata un’ingente somma di denaro, per sua
natura suscettibile di pericolo di dispersione). Requisiti, quelli appena indicati,
che il Tribunale di Milano ha inteso ravvisare ed ha compiutamente evidenziato,
sulla base di elementi dei quali – in assenza di elementi indicativi di una totale
assenza di motivazione, o di mera apparenza della stessa – la Fioruzzi ed i suoi
difensori mirano a sollecitare in questa sede una sostanziale ed inammissibile
rivalutazione in fatto. lo..”,310z112
Analogamente è a dirsi quanto alla fremi-ani violazione dell’art. 1298 cod.
civ.: la difesa segnala che la Fioruzzi avrebbe contribuito ad alimentare le
giacenze su almeno uno dei conti correnti cointestati (il n. 090, acceso presso la
stessa Barclays Bank), ma deve rilevarsi che alla formazione della provvista
effettivamente sequestrata sul conto in questione – pari a poco meno di
3.000,00 euro, come si legge a pag. 3 dell’ordinanza impugnata – non
concorsero affatto i 100.000,00 euro ivi versati nel gennaio 2010 dalla
ricorrente, da tempo reinvestiti in pronti contro termine destinati altrove, bensì
le numerose operazioni

medio tempore

effettuate dal solo De Stasio,

puntualmente evidenziate nella memoria depositata dalla parte civile. Anche in
questo caso si tratta pertanto di deduzioni che attengono al merito della vicenda.

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna della Fioruzzi al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla
volontà della ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di € 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.

6

dove è stato ritenuto ingiustificato l’argomento secondo cui il pericolo derivasse

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 28/01/2014.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA