Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23247 del 15/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23247 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALO’ LOREDANA N. IL 20/11/1967
avverso la sentenza n. 40/2009 TRIBUNALE di TARANTO, del
14/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
(),/-\ e t O
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. \r.
che ha concluso per _Q
c40 5\3—u—e.3–v—rj

Udito, per la parte civile, l’Avv
r „ r,
Udit i difensor Avv.

C. CrA CS A LCV E
MT.

Data Udienza: 15/04/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Loredana Calò, tramite il difensore avv. C. Gigante, ricorre avverso la sentenza 14-112012 con la quale il Tribunale di Taranto, confermando quella del Giudice di pace della
stessa località in data 27-3-2009, l’ha dichiarata responsabile dei reati di ingiuria e
minaccia in danno di Nicola Sarcinella infliggendole la pena di C 600 di multa e
condannandola al risarcimento del danno liquidato in C 2.200.

vicenda per un contrasto in ordine alla ripartizione delle spese di pulizia.
3. Il gravame è affidato a sei motivi.
4.

Con il primo viene eccepita la prescrizione asseritamente maturata prima della sentenza
di secondo grado, anche se non dedotta dalla difesa in grado di appello. (invece dopo)

5. Con il secondo si deducono violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al
mancato riconoscimento della provocazione (che peraltro opererebbe solo per l’ingiuria)
giustificato dall’assoluzione del Sarcinella dai reati di ingiuria e minaccia a lui ascritti in
danno della Calò, senza contare che quest’ultima aveva impugnato l’assoluzione agli
effetti civili e che comunque l’assoluzione non escludeva il fatto ingiusto del Sarcinella.
6. Il terzo motivo addebita alla sentenza violazione di legge e vizio di motivazione in
ordine alla portata minacciosa della frase ‘se non mi dai i soldi domani, ti faccio vedere
io’.
7. Quarto motivo: mancata assunzione di prova decisiva e contraddittorietà della
motivazione in relazione al diniego di parziale rinnovazione del dibattimento mediante
riascolto di alcuni testi e acquisizione di documenti su circostanze di fatto ed antefatto
rilevanti.
8. Quinto motivo: carenza di motivazione in ordine all’assoluzione della Calò con formula
dubitativa da altri reati a lei ascritti e del Sarcinella dai reati di cui era imputato.
9.

Sesto motivo: mancata motivazione in ordine alla chiesta riduzione della pena, alla non
menzione della condanna o all’indulto e alla riforma delle statuizioni civili.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
2.

A dimostrazione della manifesta infondatezza del primo motivo, con cui si sostiene
genericamente che il reato si sarebbe prescritto prima della sentenza di secondo grado,
va osservato che la causa estintiva è invece maturata il 2-6-2013, dopo tale pronuncia,
tenuto conto del periodo di sospensione di anni due, mesi undici e giorni dieci.

3.

Il secondo motivo, che censura di violazione di legge e vizio di motivazione il mancato
riconoscimento della provocazione, richiama l’impugnazione agli effetti civili proposta
dalla Calò avverso l’assoluzione del Sarcinella dai reati di ingiuria e minaccia in suo

2

2. Il fatto avveniva nell’appartamento adibito a studio condiviso dai due protagonisti della

danno ascrittigli nello stesso procedimento, ma trascura che l’appello agli effetti civili è
stato rigettato con la sentenza impugnata (che, laddove nel dispositivo statuisce il
rigetto dell’appello della Calò, include all’evidenza anche quello agli effetti civili, ritenuto
in motivazione ai limiti dell’ammissibilità). Mentre l’assunto della ricorrente secondo cui
l’assoluzione non escluderebbe il fatto ingiusto del Sarcinella, o quanto meno la
percepibilità come tale della sua condotta, non è accompagnato dalle ragioni a
sostegno.
Invano la ricorrente si sofferma, con il terzo motivo, sulla mancanza di portata
minacciosa della frase ‘se non mi dai i soldi domani, ti faccio vedere io’, che sarebbe
inidonea ad ingenerare reale timore nel Sarcinella, di professione avvocato e quindi in
possesso di strumenti legali che invece la Calò non aveva. Infatti, per giurisprudenza di
questa corte, ciò che conta è la potenziale efficacia intimidatrice insita nelle espressioni
usate, al di là della maggiore o minore capacità della p.o. a restarne intimidita. Senza
contare che la frase si inserisce in un contesto di violenta aggressività verbale da parte
della Calò che aveva fatto oggetto il Sarcinella di pesanti ingiurie.
5.

Il quarto motivo reitera, con le censure di mancata assunzione di prova decisiva e di
contraddittorietà della motivazione, le questioni relative al diniego di parziale
rinnovazione del dibattimento, da un lato senza precisare quali testi avrebbero dovuto
essere riesaminati e quale sarebbe la documentazione avente natura di prova decisiva,
e comunque senza evidenziare la rilevanza di tali prove, dall’altro senza considerare e
contestare in modo specifico il giudizio di irrilevanza già espresso in sentenza sul rilievo
che i documenti erano relativi ad assemblee condominiali estranee perfino al reato dal
quale la Calò era stata assolta.

6.

Il quinto motivo, che investe l’assoluzione dell’imputata con formula dubitativa da altri
reati a lei ascritti e del Sarcinella dai reati di cui era imputato, è inammissibile perché
generico quanto all’assoluzione di quest’ultimo, non sorretto da interesse
specificamente indicato quanto all’assoluzione della ricorrente.

7.

Non sussiste infine il vizio di motivazione in punto pena, la cui entità (pari a C 600 di
multa) è stata sufficientemente argomentata richiamandone la ragionevole proporzione
all’entità dei fatti, mentre la censura di omesso esame delle richieste di non menzione
della condanna o di indulto e di riforma delle statuizioni civili non tiene conto del fatto
che le relative richieste formulate con l’appello erano prive dell’indicazione degli
elementi a sostegno, quindi aspecifiche ed inammissibili, ciò esonerando il giudice di
secondo grado dall’obbligo di prenderle in esame.

8.

L’inammissibilità originaria del ricorso, precludendo l’instaurazione di un regolare
rapporto di impugnazione, impedisce di rilevare la prescrizione del reato

9.

Alla declaratoria di inammissibilità seguono le statuizioni di cui all’art. 616 cod. proc.
pen. determinandosi in C 1000, in ragione della natura delle questioni dedotte, la
somma da corrispondere alla cassa ammende.

3

4.

10. Nessun rimborso spese compete all’imputata nella veste di parte civile ricorrente agli
effetti civili essendo anche il suo gravame a tali effetti, per quanto sopra, inammissibile.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di € 1000 in favore delle Cassa delle Ammende.

Roma 15-4-2014

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