Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23246 del 15/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23246 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SALERNO GIUSEPPE N. IL 06/11/1965
avverso la sentenza n. 373/2011 CORTE APPELLO di MESSINA, del
16/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. \r, () n n
che ha concluso perj D. k Luk.
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Udi to, per la parte civile, l’Avv

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Uditi difensor Avv. C. OCC (RH

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1 e 130

Data Udienza: 15/04/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Giuseppe SALERNO è stato ritenuto responsabile in primo e secondo grado del reato di
diffamazione in danno di Kashbur Ibrahim Ali, del quale aveva detto, nel corso di un
comizio in data 16-4-2005, che era scappato dal suo paese perché non voleva fare il
militare e che avrebbe dovuto fare lì la resistenza invece di andare nel paese di
Acquedolci.

con sei motivi, l’ultimo dei quali riassuntivo dei precedenti.
3. Con il primo deduce violazione di legge (artt. 187, 189, 191, 234 e 239 codice di rito) e
vizio di motivazione in ordine alla ritenuta utilizzabilità del file audio del comizio tenuto
dal Salerno, vice presidente del consiglio comunale di Acquedolci, prova atipica
formatasi fuori dal dibattimento in violazione del principio del contraddittorio, la cui
genuinità era stata sempre contestata.
4.

Con il secondo violazione del principio tra accusa e sentenza in quanto la condanna era
intervenuta non già per la frase contestata nell’imputazione ma per il contenuto di altre
parti del comizio.

5. Il terzo motivo investe il giudizio di attendibilità della p.o. ritenuto affetto dai vizi di cui
alle lett. b, c, e dell’art. 606 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 125, comma 3, 192 e
546 cod. proc. pen., evidenziandosi in particolare come la p.o., che nel comizio tenuto il
giorno prima di quello dell’imputato, nonché nelle

mail

inviate all’Osservatorio

Acquedolci, aveva collegato un episodio di minacce di cui era stato vittima con
l’intervento in consiglio comunale del Salerno e con il tema dell’ecomafia in relazione
alla gestione delle discariche (strumentalizzando le minacce per elevarsi ad oppositore
dell’allora amministrazione comunale ritenuta connivente con la mafia interessata alla
gestione delle discariche del comune), avesse poi sconfessato ciò nell’esame
dibattimentale dove aveva dichiarato di non aver mai parlato di mafia.
6. Quarto motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in punto mancato
riconoscimento della provocazione per il contenuto del comizio tenuto dalla p.o. il 15
aprile e per quello delle mai! 3 e 6-4-2005, che tendevano a stabilire un nesso tra le
minacce subite e le sue precedenti esternazioni in tema di gestione delle discariche da
parte della classe dirigente del comune, e quindi un collegamento di questa con
l’episodio intimidatorio di matrice mafiosa.
7. Il quinto motivo investe la pena (C 450 di multa), che si assume sproporzionata e non
in linea con i parametri di cui all’art. 133 cod. pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2

2. Tramite il difensore avv. A. Riolo ha proposto ricorso avverso la sentenza in epigrafe

2.

La prima doglianza reitera in modo generico la questione già puntualmente esaminata e
correttamente risolta nella sentenza impugnata relativa all’utilizzabilità del file audio del
comizio tenuto dal Salerno nel corso del quale era stata pronunciata la frase offensiva.

3.

La corte territoriale ha infatti già qualificato come documento il file audio in questione esclusa quindi ogni lesione del principio del contraddittorio-, la cui rispondenza al
contenuto del comizio non era stata contestata dalla difesa Salerno al momento
dell’acquisizione, a differenza da quanto sostenuto dalla stessa nel gravame.
Anche il secondo motivo costituisce reiterazione, senza l’aggiunta di significativi
elementi di novità, della questione della violazione del principio di correlazione tra
accusa e sentenza, avendo già la corte territoriale evidenziato che la condanna era
intervenuta per la frase contestata nell’imputazione, non già per il contenuto di altre
parti del discorso tenuto nel comizio, menzionate nella sentenza di primo grado al solo
scopo di contestualizzare la frase nelle tematiche oggetto del comizio stesso.

5.

Manifestamente prive di fondamento sono le critiche al giudizio di attendibilità della p.o.
formulate con il terzo motivo.

6.

La circostanza che la p.o., nel comizio tenuto il giorno prima di quello dell’imputato,
nonché nelle mali inviate all’Osservatorio Acquedolci, avesse ritenuto di matrice mafiosa
l’episodio di minacce di cui era stato vittima (affermando anche che nel paese
l’associazione amica della mafia aveva degli adepti), non significa che egli avesse
insinuato, come invece sostiene il ricorrente, una connivenza dell’amministrazione
comunale, di cui allora faceva parte l’imputato, con la mafia interessata alla gestione
delle discariche del comune, non essendo quindi ravvisabili significativi contrasti tra il
contenuto dell’esame dibattimentale della p.o. e la sua condotta precedente al comizio
del Salerno.

7.

Senza contare che la sentenza non ha mancato di evidenziare la scarsa rilevanza di tale
censura in quanto, al di là della credibilità della p.o., peraltro riconosciuta, quello che
rilevava era il dato documentale del contenuto del discorso del Salerno, oggettivamente
diffamatorio.

8. Anche il quarto motivo, che investe il mancato riconoscimento della provocazione
nonostante il contenuto del comizio tenuto dalla p.o. il 15 aprile e quello delle mail da
essa inviate il 3 e il 6-4-2005, riguarda temi già sottoposti ai giudici di merito e
comunque di palese inconsistenza.
9. Invano il ricorrente assume, a sostegno della tesi della provocazione, che Kashbur
avesse stabilito un nesso tra le minacce subite e le proprie precedenti esternazioni in
tema di gestione delle discariche da parte della classe dirigente del comune, così
insinuando un collegamento tra quest’ultima e l’episodio intimidatorio da lui ritenuto di
matrice mafiosa.
10 La corte lo ha già escluso condividendo le considerazioni del primo giudice secondo le
quali nel suo comizio la p.o. non aveva accusato neppur larvatamente di mafia i membri

3

4.

del consiglio comunale, né aveva fatto riferimento alla ecomafia in relazione all’operato
dell’amministrazione, mentre lo stesso Salerno, nel suo esame, si era mostrato
assolutamente incerto sul fatto che le parole mafia ed ecomafia fossero state
pronunciate e rivolte effettivamente all’amministrazione in carica.
11.La dosimetria della pena inflitta (€450 di multa) si sottrae, infine, alla censura di cui al
quinto motivo essendo in linea con i parametri di cui all’art. 133 cod. pen. grazie al
richiamo all’intensità del dolo e alla gravità del danno cagionato per effetto della

12.L’inammissibilità originaria del ricorso, precludendo l’instaurazione di un regolare
rapporto di impugnazione, impedisce di rilevare la prescrizione del reato intervenuta,
tenuto conto del periodo di sospensione di mesi sette e giorni diciannove,
successivamente alla sentenza di secondo grado.
13.Alla declaratoria di inammissibilità seguono le statuizioni di cui all’art. 616 cod. proc.
pen. determinandosi in C 1000, in ragione della natura delle questioni dedotte, la
somma da corrispondere alla cassa ammende.
14. Segue pure la condanna del ricorrente alle spese processuali della parte civile, liquidate
in dispositivo in base ai criteri per la liquidazione dei compensi ai professionisti dettati
con il decreto ministeriale del 20 luglio 2012 n. 140.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C 1000 in favore della Cassa delle Ammende, nonché al rimborso delle spese
sostenute dalla parte civile nel grado, liquidate in C 2000, oltre accessori di legge.
Roma, 15.4.2014

risonanza della vicenda nella piccola località di Acquedolci.

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