Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23241 del 08/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23241 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROMANO ALEANDRO N. IL 29/09/1986
ROMANO SALVATORE N. IL 26/01/1954
avverso la sentenza n. 2058/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 11/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 08/04/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giovanni D’Angelo,
ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1.

Il difensore di Romano Aleandro e Romano Salvatore propone

ricorso per cassazione contro la sentenza della corte d’appello di Palermo
che ha confermato la sentenza di condanna emessa in primo grado per il

dichiarata interamente condonata).
2.

A sostegno del ricorso lamenta violazione di legge e vizio di

motivazione con riferimento agli articoli 588 del codice penale, nonché
125, 192 e 546 del codice di procedura penale; secondo la difesa
ricorrente i giudici del merito hanno erroneamente interpretato la norma
penale di cui all’articolo 588 del codice penale, atteso che, ai fini della
configurazione del delitto di rissa, è necessario che un gruppo di persone
in numero superiore a tre venga alle mani con il proposito di ledersi
reciprocamente; allorché, invece, un gruppo di soggetti assalga
deliberatamente un altro e quest’ultimo si difenda, non è ravvisabile il
delitto di rissa. Secondo la difesa non vi sarebbe alcuna prova che tra i
due gruppi contendenti ci sia stato un reciproco e volontario intento di
aggredirsi. Contrariamente a quanto sostenuto dai giudici di secondo
grado,

sempre

a

detta

della

difesa,

sarebbe

emerso

incontrovertibilmente che i signori Romano si limitarono a resistere
all’immotivata aggressione perpetrata dal Tirrena, che non intendeva
rispettare gli spazi a lui assegnati per esporre la propria merce al
mercato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile in quanto, a fronte di una formale
censura per violazione di legge, contesta in realtà la ricostruzione dei
fatti operata dal giudice di merito con adeguata, logica e approfondita
motivazione; la corte d’appello, in particolare, non ha affermato principi
di diritto diversi da quelli indicati in ricorso, ma ha ritenuto che
l’aggressione sia stata reciproca. Il ricorso si limita, dunque, a censurare
una valutazione in fatto della sentenza di appello che, in quanto

1

reato di rissa (salvo revocare la sospensione dell’esecuzione della pena,

corredata di idonea motivazione, non è possibile rivedere in questa sede
di legittimità.
2. Pertanto, il motivo, pur denunciando formalmente anche violazione
di legge, costituisce reiterazione delle difese di merito già disattese dai
Giudici di appello (c’è motivazione a pagina 2) oltre che censura in punto
di fatto della sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla
valutazione degli elementi di prova ed alla scelta delle ragioni ritenute
idonee a giustificare la decisione, cioè ad attività che rientrano nel potere

in sede di legittimità se sorretto, come nel caso in esame, da adeguata e
congrua motivazione esente da vizi logico-giuridici.
3. Ne consegue che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché
(trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa
emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007,
Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare
in Euro 1.000,00.

p.q.m.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso 1’8/04/2014

discrezionale del giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile

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