Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23236 del 08/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23236 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUBINO MARIO N. IL 13/03/1979
DI BITONTO MICHELE N. IL 19/10/1967
avverso la sentenza n. 430/2010 CORTE APPELLO di POTENZA, del
19/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per 1

arte civile, l’Avv

Udit ifensor Avv.

t(y

Data Udienza: 08/04/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giovanni D’Angelo,
ha concluso chiedendo il rigetto di entrambi i ricorsi.
Per il ricorrente Rubino è presente l’Avvocato Cinquegrana, il quale si
riporta ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

per avere compiuto atti idonei, diretti in modo non equivoco ad
impossessarsi di beni esistenti nello stabilimento Logistica Auchan Italtrans. Il tribunale di Melfi li ha ritenuti responsabili del reato
contestato e li ha condannati alla pena di anni tre di reclusione
ciascuno ed euro 300 di multa. La Corte d’appello di Potenza ha
confermato integralmente la sentenza di primo grado.
2. Gli imputati propongono entrambi ricorso per cassazione per i
seguenti motivi:
3. Rubino Mario
a.

nullità dell’ordinanza del 19 ottobre 2012 con cui è stata
rigettata la richiesta di rinvio per legittimo impedimento
dell’imputato ai sensi degli articoli 599, 441, 443, 178, 179,
420 ter cod. proc. pen.. Secondo l’imputato la richiesta di
rinvio sottintendeva la volontà di partecipare all’udienza,
essendo stato egli presente a tutte le udienze precedenti e
pertanto la Corte avrebbe dovuto rinviare il procedimento.

b. Assoluto difetto di motivazione e contraddittorietà della stessa
in ordine alla richiesta di assoluzione. Secondo il ricorrente la
motivazione sarebbe assolutamente generica e non riferibile
alla sua posizione, che ha visto disattendere la principale
richiesta di assoluzione senza alcuna motivazione.
c.

Nullità

della

sentenza

per manifesta

illogicità

della

motivazione riferibile alla mancata concessione delle
circostanze attenuanti.
4. Di Bitonto Michele
a. nullità della sentenza per erronea valutazione delle norme
penali, con riferimento all’articolo 56, comma tre, del
codice penale, nonché per omessa motivazione sul punto;
1

1. Rubino Mario e Di Bitonto Michele sono imputati di tentativo di furto

i

ad avviso della difesa, la desistenza dall’azione delittuosa
si è manifestata in tutti i suoi estremi, attesa la
circostanza che la prosecuzione non è stata impedita da
fattori esterni e dunque la scelta di desistere è stata
operata liberamente.
b. Nullità della sentenza per omessa motivazione in relazione

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso di Rubino è infondato; il primo motivo è inammissibile, in
quanto non pertinente, dal momento che viene sollevato il problema
della richiesta di partecipazione all’udienza da parte dell’imputato, ai
sensi dell’art. 599, comma secondo, cod. proc. pen., ma la Corte aveva
ritenuto di non accogliere l’istanza di rinvio non per mancata
dichiarazione dell’imputato di voler partecipare all’udienza, quanto
piuttosto per la natura dell’impedimento, ritenuto non assoluto. Il motivo
di ricorso, dunque, non è pertinente, non contestando, se non in maniera
assolutamente

generica,

la

valutazione

sula

sussistenza

dell’impedimento legittimo.
2. Il secondo motivo costituisce reiterazione delle difese di merito già
disattese dai Giudici di appello, oltre che censura in punto di fatto della
sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla valutazione degli
elementi di prova ed alla scelta delle ragioni ritenute idonee a giustificare
la decisione, cioè ad attività che rientrano nel potere discrezionale del
giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di
legittimità se sorretto, come nel caso in esame, da adeguata e congrua
motivazione esente da vizi logico-giuridici. Occorre, inoltre, nerricordare
che il giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità della
motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle
sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda
confluendo in un risultato organico ed inscindibile (Sez. 2, n. 11220 del
13/11/1997, Ambrosino; conff. Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003,
Zanotti; Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, Vigevano; sez. 2, n. 19947
del 15 maggio 2008).
3. Il terzo motivo di ricorso si sostanzia in una censura in punto di
fatto, in ordine alla quantificazione della pena, che è inammissibile in

al trattamento sanzionatorio.

presenza di una motivazione, sul punto, idonea e priva di evidenti vizi
logici, anche attraverso il richiamo alla sentenza di primo grado (cfr.
pag. 5).
4. Anche il ricorso del Di Bitonto non può essere accolto; il primo
motivo, pur denunciando anche violazione di legge, costituisce, con tutta
evidenza, reiterazione delle difese di merito già disattese dai Giudici di
appello, oltre che censura in punto di fatto della sentenza impugnata,
inerendo esclusivamente alla valutazione di un elemento (la volontarietà

motivazione esente da vizi logico-giuridici, essendo comunque riferibile
ad attività che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il
cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità.
5. Il secondo motivo è parimenti infondato, essendoci una
motivazione specifica alla pagina cinque della sentenza, ove si richiama,
condividendola, la quantificazione della pena, in relazione alle modalità
del fatto ed alla personalità degli imputati. Trattasi di motivazione
adeguata e sufficiente ed in ogni caso si ricorda ancora una volta che, ai
fini della valutazione della congruità della motivazione del provvedimento
impugnato, si deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo
grado, le quali si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico
ed inscindibile (v. sopra).
6. Consegue a quanto esposto che entrambi i ricorsi devono essere
rigettati; ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il
ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento.

p.q.m.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso il 8/4/2014

dell’abbandono del piano criminoso) che è stato escluso con congrua

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