Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23227 del 13/03/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 23227 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DANCA AURELIAN EREMIA N. IL 11/04/1987
avverso la sentenza n. 1791/2010 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
06/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
..4,

Udito, per la parte civile,
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 13/03/2014

Fatto e diritto
Propone ricorso per cassazione Danca Aurelian Eremia, di nazionalità rumena, avverso la
sentenza della Corte di appello di Venezia, in data 6 giugno 2013, con la quale, a parte il
riconoscimento del beneficio della non menzione della condanna, è stata confermata alla
affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui all’articolo 497 bis CP.
L’imputato è stato cioè ritenuto responsabile del possesso di un falso passaporto, fatto
accertato il 28 ottobre 2006.

Egli aveva eccepito, sin dall’inizio del processo, di non conoscere la lingua italiana e di avere
diritto alla traduzione degli atti.
Il giudice del merito aveva ritenuto infondata la questione perché l’imputato comprendeva a
sufficienza la lingua italiana, tuttavia riconoscendo che tale conoscenza era incompleta e
superficiale.
Però, tale grado di conoscenza non soddisfa il diritto dell’imputato di partecipare in maniera
piena al processo.
Siffatto difetto di conoscenza ha comportato che l’imputato non ha eletto domicilio in Italia,
sicché tutte le notifiche degli atti fondamentali della procedura, compresa la fissazione
dell’udienza preliminare e il decreto che ha disposto il giudizio, non gli sono stati notificati
personalmente e comunque non nella lingua a lui nota.
Il ricorso è inammissibile.
Il diritto alla traduzione degli atti dipende dall’accertamento, riservato al giudice del merito, a
proposito della conoscenza o meno della lingua italiana da parte dell’imputato.
Nel caso di specie, la Corte d’appello ha ritenuto che tale conoscenza potesse desumersi dal
fatto che l’imputato risulta avere interloquito con gli operanti, quando fu fermato al posto di
controllo.
In primo grado, d’altra parte, la stessa conoscenza era stata affermata in considerazione del
fatto che l’imputato si trovava in Italia da due anni ed aveva conseguito il permesso di
soggiorno.
Si tratta di un giudizio di merito che la difesa contesta con considerazioni di natura fattuale
riguardanti il grado della predetta conoscenza: considerazioni che, in quanto tali, non possono
essere sottoposte al giudice della legittimità.
Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del ricorrente al versamento, in
favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000.
Così deciso in Roma il 13 marzo 2014

Il Presidente

il Cons. est.

Deduce la violazione dell’articolo 143 cpp

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