Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23199 del 28/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 23199 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MARY AHMED N. IL 10/12/1991
avverso la sentenza n. 1354/2013 TRIBUNALE di GENOVA, del
09/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 28/02/2014

1) Con sentenza in data 9.4.2013 il Tribunale di Genova, in composizione monocratica,
applicava a Mary Ahmed, con la diminuente per la scelta del rito, la pena concordata
ex art.444 c.p.p. di mesi 8 di reclusione ed 1.800,00 di multa per il reato di cui
all’art.73 DPR 309/90 riconosciuta la circostanza attenuante di cui al comma 5.
Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, denunciando l’erronea
applicazione dell’art.129 c.p.p. e la carenza di motivazione.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) L’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo processuale in
virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla qualificazione
giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla
comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte sua il
giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e
la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non emerga in
modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art.129 c.p.p.
Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex art.444
c.p.p., l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi della
fattispecie perché essi sono coperti dal patteggiamento.
Quanto alla motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art.129 c.p.p. questa
Corte ha costantemente affermato che occorre una specifica indicazione “soltanto
nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa
la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente
in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione anche implicita che è
stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la
pronuncia di proscioglimento ex art.129 c.p.p.” (ex multis sez.un.27.3.1992- Di
Benedetto; sez.un.27.9.1995 n.18-Serafino).
2.1.1) Il Tribunale ha effettuato la necessaria verifica, evidenziando che dagli atti non
emergevano i presupposti per l’applicazione dell’art.129 c.p.p..
2.2) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento
della somma che pare congruo determinare in euro 1.500,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.500,00.
Così deciso in Roma il 28.2.2014 —

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