Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23182 del 22/03/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 23182 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
EL ASRI JAOUAD N. IL 19/10/1989
avverso la sentenza n. 2661/2011 GIP TRIBUNALE di SAVONA, del
22/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 22/03/2013

1) Con sentenza del 22.5.2012 il &IP dei Tribunale di Savona applicava a El Asri,
ritenuta la diminuente per la scelta del rito, la pena concordata ex art.444 c.p.p. di
anni 1 di reclusione ed euro 3.000,00 di multa per il reato di cui all’art.73 DPR
309/90, riconosciuta la circostanza attenuante di cui al co.5 prevalente sulla recidiva.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, denunciando l’erronea applicazione
dell’art.133 c.p. in relazione alla ritenuta congruità della pena applicata.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze,
sulla comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non
emerga in modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art.129 cpv.
c.p.p. Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex
art.444 cpp, l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi
della fattispecie perché essi sono coperti dal patteggíamento.
2.2) In ordine alla congruità della pena, secondo la giurisprudenza di questa Corte In
mancanza di elementi macroscopicamente rivelatori di incongruità, per eccesso o per
difetto, il giudizio in ordine alla ritenuta congruità della pena patteggiata nei limiti di
cui all’art.27 comma terzo Costituzione può dirsi adeguatamente motivato, quando il
giudice si limiti ad esplicitare la propria valutazione in tal senso, allorchè risulti dal
contesto dell’intera decisione che, nella valutazione complessiva, egli ha tenuto
presenti quegli elementi che possono assumere rilevanza determinante, come le
circostanze del reato e la condizione personale dell’imputato” (cfr.Cass.sez.6, ord.
n.549 dell’11.2.1994). Sicchè “Nella motivazione della sentenza applicativa della pena
richiesta dalle parti appare sufficiente il rilievo che detta pena, ricompresa nei limiti
di legge inderogabili, è congrua: ciò dimostra l’avvenuto controllo da parte del giudice
di tale rilevante elemento dell’accordo intervenuto tra imputato e P.M. e la
valutazione favorevole operata ai fini dell’art.27 comma terzo Cost.” (Cass.sez.1
n.1878 del 28.3.1995).
Il &IP ha effettuato il controllo richiesto ed ha ritenuto congrua la pena concordata
tra le parti in relazione all’entità del fatto ed alla personalità dell’imputato.
3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della
cassa delle ammende della somma di curo 1.500,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.

1

OSSERVA

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.500,00.
Così deciso in Roma il 22 marzo 2013
Il Consigre e est.
Il Presidente

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