Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23161 del 28/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 23161 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE LUCA MAURIZIO N. IL 17/03/1988
avverso la sentenza n. 929/2013 CORTE APPELLO di ROMA, del
29/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 28/02/2014

1) Con sentenza del 29.5.2013 la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza del
GUP del Tribunale di Tivoli, emessa in data 12.11.2012, con la quale De Luca Maurizio,
previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con criterio di
equivalenza ed applicata la diminuente per la scelta del rito abbreviato, era stato
condannato alla pena di anni 3, mesi 4 di reclusione ed euro 12.000,00 di multa per il
reato di cui all’art.73 bPR 309/90 ascritto.
Ricorre per cassazione l’imputato, denunciando la violazione di legge e la mancanza e/o
manifesta illogicità della motivazione in relazione al principio del divieto di reformatio
in peius (quanto al trattamento sanzionatorio) e, comunque, alla mancata concessione
della circostanza attenuante di cui all’art.73 comma 5 DPR 309/90.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) Correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che la pena base fosse stata
determinata dal primo giudice (anche se in violazione dei minimi edittali) con
riferimento al comma 1 dell’art.73 DPR 309/90.
Del resto, come si dà atto nella sentenza impugnata, di tanto era consapevole lo stesso
appellante, che, con l’impugnazione, invocava la concessione della circostanza
attenuante di cui al comma 5.
2.2) Altrettanto correttamente la Corte distrettuale ha ritenuto che non
ricorressero i presupposti per concedere detta attenuante, “ostandovi in modo
assorbente il considerevole quantitativo di cocaina” (oltre duecento dosi).
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, la circostanza attenuante di cui
all’art.73 comma 5 DPR 309/90 “può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima
offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo,
sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze
dell’azione, con la conseguenza che, ove venga meno uno soltanto degli indici previsti
dalla legge, diviene irrilevante l’eventuale presenza degli altri”
(cfr.Cass.sez.un.21.9.2000 n.17; conf.Cass.sez.4, 16.3.2005 n.10211; Cass.sez.4,
1.6.2005 n.20556). Anche la giurisprudenza successiva ha ribadito che “..il giudice è
tenuto a complessivamente valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli
concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che
attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze
stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere
la concedibilità dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad
escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità…” (cfr ex multis
Cass.pen.sez.4 n.38879 del 29.9.2005; conf.Cass.sez.6 n.27052 del 14.4.2008).
2.3) Dovendosi infine confermare il giudizio di comparazione in termini di equivalenza,
la pena irrogata in primo grado (addirittura inferiore ai minimi edittali) non era
ovviamente suscettibile di riduzioni di sorta.

1

OSSERVA

3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della
cassa delle ammende della somma che pare congruo determinare in euro 1.000,00 ai
sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.00,00.
Così deciso in Roma il 28.2.2014

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