Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23156 del 28/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 23156 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MULLIRI GUICLA

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
Carrano Giovanni, nato a Vico Equense il 25.2.81
Cosentino Giuliano, nato a Sorrento il 20.1.75
De Luca Enrico, nato a Sorrento il 7.4.69
imputati artt. 110 c.p., 73 T.U. Stup.
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli dell’11.3.13

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Vista la memoria depositata nell’interesse di Cosentino Giuliano;
osserva

La Corte d’appello, dopo aver puntualizzato l’accusa nei confronti del Cosentino e
rideterminato la pena nei suoi confronti ha, comunque, ribadito la responsabilità sua e degli
altri odierni ricorrenti in relazione all’accusa di avere essi, in concorso tra loro e con altri
soggetti, detenuto e ceduto in varie occasioni quantità varie di eroina.
Per tale ragione, la pena finale, per De Luca e Carrano, è stata di 5 anni di reclusione e
20.000 C di multa e, per Cosentino, di anni 4 e mesi 6 di reclusione e 19.334 C di multa.
Contro tale decisione, Carrano ha impugnato dolendosi della poca logicità della
motivazione nel diniego dell’attenuante speciale. Si fa, infatti, notare che, non solo nella
ordinanza custodiale, ma nella stessa sentenza impugnata si riconosce che il Carrano ha
sempre trattato quantitativi di droga definiti “minimi” o “lievi” e che la giurisprudenza di

Data Udienza: 28/02/2014

Il ricorso è manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. Esso, infatti, incorre nel
chiaro equivoco di ritenere che questa Corte di legittimità possa rivisitare i dati fattuali optando
per una loro diversa lettura. Anche ove ciò fosse possibile, non potrebbe, infatti, avvenire nella
presente sede per la semplice ragione che il controllo di logicità della motivazione non è
finalizzato in tal senso ma solo a verificare se la decisione assunta sia costituita da un “iter”
argomentativo privo di macroscopiche violazioni delle normali regole della logica, giuridica e
non. In altri termini, come asserito sin ad epoca risalente (sez. I, 12.5.99, Commisso, Rv. 215132),
perché la motivazione possa essere definita illogica, si deve essere in presenza di una “frattura
logica evidente tra una premessa – o più premesse nel caso di sillogismo – e le conseguenze
che se ne traggono”. Di certo, però, non ricorre alcun vizio “logico” quando, invece, si è solo in
presenza di una interpretazione dei dati fattuali meramente “alternativa” ad altre possibili.
Tutto ciò tenuto presente, si deve concludere che la doglianza dei ricorrenti sia
destinata ad essere disattesa perché i giudici di secondo grado hanno dato congrua e logica
spiegazione delle ragioni per le quali non è stata ravvisata la ricorrente dell’attenuante speciale
da essi invocata. Si à„ infatti, valorizzato che l’attività di spaccio posta in essere dagli imputati
«ha interessato una platea consistente di acquirenti e diverse tipologie di sostanze
stupefacenti». Inoltre, è stato sottolineato che l’attività è stata condotta «con frenetica serialità
e, per questo non condizionata da una esigenza occasionale di procurarsi droga». In
particolare, poi, per Cosentino ; i giudici hanno anche evidenziato che operava «sulla base di
un proprio consolidato giro di acquirenti dei quali costituiva un evidente punto di riferimento e
che riforniva, a seconda delle varie ricffieste, delle sostanze che si procurava nelle fiorenti
piazze di spaccio napoletane».
Così dicendo, quindi, la Corte ha replicato adeguatamente, sia, alle evidenziazioni dello
stato di tossicodipendenza, sia, al richiamo dell’attenzione sulle modeste quantità di droga di
volta in volta trattate ed hanno anche fatto buon uso dei parametri offerti dalla giurisprudenza
per valutare la individuabilità dell’attenuante in parola. Solo per citare uno dei tanti precedenti,
si ricordi, infatti che la circostanza attenuante speciale prevista dall’art. 73, co. 5 T.U. 309/90
trova applicazione quando la fattispecie concreta risulti di «trascurabile offensività», sia, per
l’oggetto materiale del reato, in relazione al!e caratteristiche qualitative e quantitative della
sostanza, sia, per la condotta, riferibile ai mezzi, alle modalità e alle circostanze della stessa,
«dovendosi conseguentemente escludere l’ipotesi del fatto di lieve entità in presenza del vaglio
negativo anche di uno solo dei parametri di riferlmento individuati dalla legge» (sez. VI, 14.4.08,
Rinaldo, Rv. 240981), Da sottolineare che, proprio nel caso concreto, trattato dalla decisione appena
citata, la Corte aveva negato l’attenuante per il carattere frequente e sistematico della
condotta di commercializzazione, ritenuta sintorio di una non trascurabile potenzialità diffusiva
dell’attività di spaccio.
Resta da soggiungere che l richiamo aMa natura “oggettiva” dell’attenuante di cui
trattasi affermato Ul un precedente di questa S.C. (sez. VI, 14.4.92, RafFoni, Rv. 190893) è avvenuto in
maniera alquanto suggestiva ed arricchendc principio di contenuti non presenti nella

legittimità ha affermato anche di recente che l’attenuante in parola non è incompatibile con
un’attività di spaccio non episodica ma continuativa.
Invece, la Corte, dopo avere riconosciuto che l’attività di spaccio posta in essere
dall’imputato era sistematica ed ampia ma relativa a quantitativi di volta in volta non rilevanti,
ha negato l’attenuante speciale. Il tutto, senza trascurare anche la condizione di
tossicodipendenza dell’imputato.
Argomentazioni analoghe vengono svolte, per la medesima ragione, dal ricorrente
Cosentino il quale evidenzia anche la illogicità dell’ulteriore ragione per negare l’attenuante da
individuare nel fatto che, nel corso di 15 giorni di intercettazioni, sebbene siano stati
individuati solo 3 acquirenti, è stata ritenuta la “matura capacità criminale” dell’imputato ed il
“consolidato giro di acquirenti”.
Considerazioni analoghe sono, infine, svolte dal ricorrente De Luca il quale soggiunge
anche la illogicità di un riconoscimento dell’attenuante alla coimputata Astarita e non agli altri
correi visto che la circostanza ha natura oggettiva e si comunica automaticamente ai
concorrenti. In particolare, così facendo, la Corte non tiene conto della unicità della condotta
criminosa ascritta a De Luca ed Astarita e del principio di formazione progressiva del giudicato
penale sì da dover prendere atto (pur non condividendola) della decisione assunta dal primo giudice
ed estenderla anche al De Luca.

Alla presente declaratoria segue, per legge., la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali e, ciascuno, al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di
1000 €.

Visti gli artt. 610 e ss. C.P.P.
dichiara inammissibili ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e,
ciascuno, al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

Così deciso in Roma nell’udienza del 28 febbraio 2014

Il Presidente

decisione. Ed infatti, la pronuncia richiamata era tesa ad escludere semplicemente il fatto che
l’attenuante in parola avesse connotazioni “soggettive” di cui all’art. 70, comma primo, n. 2,
c.p., «perché la sua soggettività si esaurisce nel momento genetico, mentre sul piano
funzionale la circostanza si oggettivizza, venendo ad incidere sulla lesione del bene giuridico»
e « potendosi essa ravvisare solo ove possa affermarsi che il fatto debba globalmente
qualificarsi come lievemente lesivo dell’interesse protetto».
Sicuramente arbitraria è, quindi, la conclusione, auspicata dai ricorrenti, secondo cui,
essendo stata l’attenuante riconosciuta alla concorrente Astarita, essa avrebbe dovuto essere
automaticamente estesa agli altri concorrenti. Nulla autorizza una tale conclusioni visto che la
diversità di trattamento sul punto si basa sulla stessa logica per cui é possibile irrogare pene
diverse a persone concorrenti nello stesso reato.
Resta da soggiungere che la memoria depositata il 12.2.14 dalla difesa di Cosentino non
permette di concludere diversamente da cone fin qui detto perché si risolve semplicemente
nella negazione pura e semplice delle ragioni del ricorso che, ad avviso del ricorrente non
dovrebbero essere considerate inammissibili perché non fatue né pretestuose. Quanto appena
detto in precedenza, però. ha lumeggiato e meglio illustrato le ragioni della iniziale proposta di
declaratoria di inammissibilità cui la citata memoria intendeva opporsi.

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