Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23122 del 28/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 23122 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DEDA EDUARD N. IL 18/11/1982
avverso la sentenza n. 7595/2010 TRIBUNALE di MILANO, del
09/12/2010
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 28/02/2014

Avverso tale decisione, previa restituzione nei termini per impugnare, il sig. Deda ha proposto
appello, che deve essere qualificato come ricorso in quanto presentato avverso sentenza di
condanna alla sola pena dell’ammenda non appellabile ex art.593, comma 3, cod. proc. pen.,
col quale si lamenta: a) mancata assoluzione da tutti i sei capi d’imputazione in difetto di
elementi di prova sull’elemento soggettivo del reato; b) mancata dichiarazione di prescrizione
dei reati; c) mancata applicazione della continuazione tra i reati e difetto di motivazione sul
punto; d) mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche ed eccessività della
pena.
Osserva la Corte che il ricorrente propone con i motivi primo e quarto censure che introducono
contestazioni in punto di fatto e che sollecitano la Corte a rivisitare le valutazioni operate nel
merito dal giudicante; si tratta di richieste estranee al giudizio di legittimità alla luce di quanto
affermato dalla costante giurisprudenza, secondo cui è “preclusa al giudice di legittimità la
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di
nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sezione Sesta
Penale, sentenza n.22256 del 26 aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148).
Quanto al secondo motivo di ricorso, appare evidente che la momento della pronuncia della
sentenza impugnata i termini prescrizionali massimi non erano decorsi, così che l’eventuale
rilevanza del decorso successivo va esaminata in questa fase alla luce dell’esito dei restanti
motivi d’impugnazione.
Quanto al terzo motivo, si osserva che le conclusioni dibattimentali non contenevano una
richiesta di applicazione della continuazione, ma solo il contenimento della pena entro i limiti
della sola ammenda. Non sussistendo, dunque, alcuna omessa motivazione rispetto a una
istanza della parte, la Corte rileva che il Tribunale ha puntualmente motivato in ordine alla
natura colposa di tutte le violazioni, così implicitamente ricostruendo i fatti in maniera
incompatibile con l’esistenza dell’elemento soggettivo della intenzionalità, che sola consente di
ipotizzare l’esistenza di un unico disegno criminoso. Anche in questo caso, dunque, il motivo è
palesemente infondato.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la non rilevanza in questa sede dell’avvenuta
maturazione dei termini massimi di prescrizione del reato in epoca successiva alla sentenza
impugnata, nonché in epoca anteriore alla sentenza di appello nei casi in cui la prescrizione
stessa non sia stata dedotta in quella sede e non sia stata rilevata (Sez.Un., n.32 del 22
novembre-22 dicembre 2000, rv 217266; n.33542 del 27 giugno-11 settembre 2001, rv
219531; n.23428 del 22 marzo-22 giugno 2005, rv 231164).
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la
somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.

Con sentenza in data 9/12/2010 del Tribunale di Milano il Sig. Eduard Deda è stato
condannato ala pena di 6.000,00 euro di ammenda in relazione a plurime violazioni della
disciplina in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (capi da A ad F), accertate in data
1/10/2007.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 28/2/2014

sore

Il Presidente

Lr

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