Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23121 del 28/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 23121 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CHIHA ABDELKADER N. IL 05/10/1980
avverso la sentenza n. 973/2013 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
17/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 28/02/2014

Con sentenza in data 17/6/2013 la Corte di Appello di Venezia ha confermato la sentenza del
18/9/2012 emessa ex art.442 cod. proc. pen. dal Giudice delle indagini preliminari del
Tribunale di Verona con cui il Sig. Abdelkader CHIHA è stato condannato alla pena di sei
anni di reclusione e 20.000,00 euro di multa in relazione al reato previsto dagli artt.110 cod.
pen. e 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, commesso il 10 aprile 2012.

Il ricorso è manifestamente infondato e viziato da genericità nei termini sotto specificati.
L’articolata argomentazione del ricorso ripropone in realtà le medesime argomentazioni che già
erano state sottoposte al giudice di appello, sia con riferimento alla pena irrogata sia con
riferimento al diverso e più lieve trattamento applicato al coimputato. La Corte di appello ha
puntualmente risposto alle censure dell’odierno ricorrente. Ha ricordato che il coimputato, nei
cui confronti si è proceduto con applicazione di pena ex art.444 cod. proc. pen., risultava
incensurato e non raggiunto da indicatori di gravità del comportamento, a differenza del sig.
Chiha per i quali tali indicatori sono stati elencati a pag. IV della motivazione.
Così chiariti i profili di manifesta infondatezza del ricorso, la Corte ricorda che, secondo il
costante orientamento di questa Corte, si considerano generici, con riferimento al disposto
degli artt.581, comma primo, lett.c) e 591, comma primo, lett. c) c.p.p., i motivi che
ripropongono davanti al giudice di legittimità le medesime doglianze presentate in sede di
appello avverso la sentenza di primo grado e che nella sostanza non tengono conto delle
ragioni che la Corte di appello ha posto a fondamento della decisione sui punti contestati. Si
tratta di interpretazione costantemente applicata dalla giurisprudenza di questa Corte ed
espressa, da ultimo, con la sentenza della Sesta Sezione Penale, n.22445 del 2009, P.M. in
proc.Candita e altri, rv 244181, ove si afferma che “e’ inammissibile per genericità il ricorso
per cassazione, i cui motivi si limitino a enunciare ragioni ed argomenti già illustrati in atti o
memorie presentate al giudice a quo, in modo disancorato dalla motivazione del
provvedimento impugnato”.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la
somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 28/2/2014

– 3 GIU 2014

Avverso tale decisione è stato proposto ricorso col quale si lamenta errata applicazione di legge
ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc.
pen. in relazione al trattamento sanzionatorio.

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