Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23118 del 28/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 23118 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
STRINELLA ROBERTO N. IL 29/06/1968
avverso la sentenza n. 2774/2011 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 18/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 28/02/2014

Con sentenza in data 18/2/2013 la Corte di Appello di L’Aquila ha confermato quanto al
giudizio di responsabilità la sentenza ex art.442 cod. proc. pen. del 29/6/2011 del Giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale di L’Aquila con cui il Sig. Roberto STRINELLA in
relazione al reato previsto dagli artt.110 cod. pen. e 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309,
commesso il 24/1/2011, e, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, ha
rideterminato la pena in 3 anni di reclusione e 14.000,00 euro di multa.

Osserva la Corte che il ricorrente propone censure che introducono contestazioni in punto di
fatto e che sollecitano la Corte a rivisitare le valutazioni operate nel merito dal giudicante; si
tratta di richieste estranee al giudizio di legittimità alla luce di quanto affermato dalla costante
giurisprudenza, secondo cui è “preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sezione Sesta Penale, sentenza n.22256 del 26
aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148).
Nessun vizio logico può ravvisarsi nella motivazione della sentenza impugnata, che ha
confermato il giudizio di non verosimiglianza della spiegazione dei fatti offerta dall’imputato e
ha ritenuto provata la sua consapevole attivazione nel favorire il trasporto della sostanza
stupefacente. Tale conclusione si fonda su plurime circostanze di fatto, a partire dal luogo e
dalle modalità della consegna della sostanza per giungere al possesso di una somma di denaro
insolitamente consistente.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la
somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 28/2/2014

L’Es

s e

Il Presidente

Avverso tale decisione è stato proposto ricorso col quale si lamenta vizio di motivazione e
travisamento del fatto ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. difettando ogni elemento di
prova circa la circostanza che il ricorrente fosse a conoscenza del contenuto del pacco che gli è
stato consegnato e che egli ha ritirato perché richiesto di un favore da parte di un amico.

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