Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23105 del 23/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 23105 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da Marrone Annunziato, n. a Cosenza il 01/07/1966;

avverso la ordinanza del Tribunale di Cosenza in data 13/11/2012;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale V. D’Ambrosio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni dell’Avv. Neroni Mercati, in sostituzione del’Avv. Coppa, che
ha concluso per l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Morrone Annunziato ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza
con cui il Tribunale del riesame di Cosenza ha confermato il sequestro preventivo
per equivalente di beni fino alla concorrenza della complessiva somma di euro
330.318,38 per il reato di cui all’art. 5 del d. Igs. n. 74 del 2000 (con
riferimento alla omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e sul valore

Data Udienza: 23/04/2013

aggiunto con evasione di imposta Ires relativamente ai periodi di imposta 2009 e
2010).
Con un primo motivo, lamentando mancanza di motivazione, deduce che il
Tribunale non ha considerato, relativamente al profitto del reato, che la copiosa
documentazione contabile ha evidenziato un debito tributario non
compiutamente individuato.
concreta sussistenza del fumus del reato limitandosi ad osservare, quanto al
dedotto mancato computo delle rimanenze iniziali e finali e al costo del venduto,
che il calcolo del consulente di parte si fonderebbe su dati meramente contabili;
in tal modo, ed in violazione della giurisprudenza di legittimità, avrebbe
considerato solo l’astratta configurabilità del reato. In sostanza, il Tribunale
avrebbe ricalcolato la imposta evasa non tenendo conto dei maggiori costi
maturati e delle rimanenze di esercizio e del credito Iva pari ad euro 160.299,00.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che questa Corte ha ormai da tempo, sostanzialmente
discostandosi da assunti che affidavano al giudice del riesame la valutazione
della sola mera astratta configurabilità del reato, affermato che incombe a detto
giudice il compito di valutare, in modo puntuale e coerente, tutte le risultanze
processuali, e quindi non solo gli elementi probatori offerti dalla pubblica accusa,
ma anche le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati che possano avere
influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza del fumus del reato contestato
(tra le altre, da ultimo, Sez. 3, n. 27715 del 20/05/2010, Serbano, Rv. 248134).
E a tale principio i giudici dell’Impugnata ordinanza si sono attenuti. Gli stessi
hanno infatti puntualmente preso in esame, con motivazione certamente non
apparente (la sola che, va sottolineato, assieme alla motivazione del tutto
mancante, consentirebbe di censurare, sotto il profilo della violazione dell’art.
125 c.p.p., l’ordinanza in tema di misure coercitive reali : cfr. Sez. 5, n. 35532
del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129), tanto da giungere a ridurre parzialmente
la determinazione dell’imposta evasa, le argomentazioni difensive che, sulla base
di consulenza tecnica, censuravano la mancata considerazione di elementi
contabili che, viceversa, avrebbero dovuto condurre, secondo il ricorrente, a
ritenere non superata la soglia di punibilità per il reato in esame.

2

Con un secondo e terzo motivo, lamenta che il Tribunale non ha verificato la

Mentre infatti, con riguardo al preteso mancato computo delle rimanenze iniziali
e finali e al cosiddetto costo del venduto, hanno rilevato che il calcolo effettuato
dal consulente di parte si è fondato su dati meramente contabili, mancando in
atti sia il bilancio di esercizio che altra documentazione come le distinte
inventariali e le eventuali fatture di acquisto, e, con riguardo al preteso credito
Iva, l’esistenza dello stesso è stata solo affermata, emergendo dal solo modello

costi di esercizio fiscalmente detraibili, ne hanno invece riconosciuto, sempre,
evidentemente, allo stato delle indagini, la sussistenza in base a documentazione
ritenuta idonea. Di qui, dunque, la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso,
tutti attinenti al profilo del fumus.

3.

L’Inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della
Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il 23 aprile 2013

Il Coi siiiliere st.

Il P

ente

Unico 2009, di unilaterale formazione, con riguardo invece alla sussistenza dei

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA