Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23104 del 23/04/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 23104 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da Diodato Rosa, n. a Lamezia Terme il 30/08/1958;

avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in data
2/10/2012;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale V. D’Ambrosio, che ha concluso per il rigetto;

RITENUTO IN FATTO

1. Diodato Rosa, quale legale rappresentante della società “Duc in altum Invest
Sri”, terza interessata, ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza
con cui il Tribunale del riesame di Santa Maria Capua Vetere ha confermato il
decreto di sequestro probatorio disposto nei confronti di Cennami Giuseppe,
legale rappresentante all’epoca dei fatti, relativamente alle fatture di vendita
emesse nel 2010 dalla predetta società per il reato di cui all’art. 5 del d. Igs. n.
74 del 2000 (con riferimento alla omessa presentazione della dichiarazione dei
redditi e sul valore aggiunto relativa al periodo di imposta 2010).

Data Udienza: 23/04/2013

Con un primo motivo, lamentando assoluta mancanza di motivazione, deduce
che il decreto di sequestro si è limitato ad affermare che le fatture sarebbero
materiale indispensabile ai fini della prova e che il Tribunale non ha proceduto ad
Integrare tale motivazione; sarebbe poi singolare l’ulteriore affermazione del
decreto secondo cui tali fatture sarebbero state “detenute illegalmente”.
Con un secondo motivo, premettendo che ai fini della integrazione del reato di
77.468,53 euro in su, lamenta che, a fronte dei compiti demandatigli per legge,
il Tribunale non ha affatto proceduto alla verifica del fumus del reato mediante
l’accertamento e la determinazione dell’esatto ammontare dell’imposta
effettivamente evasa tenendo conto, oltre che dei ricavi, anche dei costi; nella
specie, i costi sono stati tutti regolarmente registrati, essendo dunque tutti
Interamente deducibili ai fini del calcolo dell’imposta; ove dunque si fosse tenuto
conto di ciò nonché dei crediti Iva vantati verso l’erario, si sarebbe riscontrato
che qualora la società avesse presentato la dichiarazione dei redditi non solo non
avrebbe dovuto versare alcunché a titolo di Iva, ma addirittura avrebbe vantato
un credito pari ad euro 4.673,70, in tal modo non venendo integrata la soglia di
punibilità.
Anche con riguardo all’Ires lamenta che la p.g. si è limitata a computarla sulle
singole vendite, senza tenere conto dei costi di esercizio, degli acconti
regolarmente versati e documentati e delle rimanenze risultanti dal bilancio,
nonché della perdita di esercizio.
Quanto infine all’Irap, l’evasione si sarebbe attestata su euro 22.416,66 ben al di
sotto, dunque, della soglia di punibilità.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso va rigettato.
Va premesso che con riguardo alle decisioni adottate in sede di riesame delle
misure cautelar’ reali, in esse comprese anche il decreto di sequestro probatorio,
Il ricorso per cassazione è consentito unicamente, secondo il dettato dell’art. 325
c.p.p, per violazione di legge, ad essa potendo equipararsi solo la mancanza
fisica della motivazione o la presenza di motivazione apparente, ma non il mero
vizio logico della stessa (da ultimo, Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini,
Rv. 248129).
Nella specie la ricorrente appare lamentare l’assoluta mancanza di motivazione
dell’ordinanza impugnata con riguardo, in particolare, al fumus del reato, la cui
2

cui all’art. 5 cit., si richiedeva, sino al 17/09/2011, una evasione di imposta da

disamina imporrebbe la verifica del superamento, con riguardo specificamente
all’art.5 del d. Igs. n. 74 del 2000, della soglia di punibilità. Tuttavia, ove si
consideri che il sequestro posto in essere è di natura probatoria, non può dirsi
affatto mancante la motivazione dell’ordinanza laddove la stessa ha ricondotto
l’esigenza di acquisizione delle fatture proprio alla ragione di accertare il
superamento o meno della soglia di punibilità stessa. Né, ancor prima, sotto un
tribunale del riesame, quand’anche solo in termini di

fumus, del predetto

superamento, essendo preliminare ad un tale accertamento proprio il
mantenimento del sequestro stesso.
3. Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle

spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 23 aprile 2013
Il Co igli e est.

profilo logico, può la ricorrente lamentare il mancato accertamento da parte del

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