Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23102 del 28/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 23102 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE PALMA URBANO N. IL 16/08/1945
avverso la sentenza n. 180/2010 CORTE APPELLO di BARI, del
07/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 28/02/2014

v

Con sentenza in data 7/11/2012 la Corte di Appello di Bari ha confermato la sentenza del
2/12/2009 del Tribunale di Lucera con cui il Sig. Urbano DE PALMA è stato condannato in
relazione al reato previsto dagli artt.81, 527 cod. pen., commesso fino al 3/7/2005.
Avverso tale decisione è stato proposto ricorso col quale si lamenta errata applicazione di legge
ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc.
pen. per esser stata applicata la continuazione tra reati a fronte dell’esistenza di dichiarazioni
della persona offesa che fissano nella sola data del 3/7/2005 la commissione del reato.

Osserva la Corte che il ricorrente propone censure che introducono contestazioni in punto di
fatto e che sollecitano la Corte a rivisitare le valutazioni operate nel merito dal giudicante; si
tratta di richieste estranee al giudizio di legittimità alla luce di quanto affermato dalla costante
giurisprudenza, secondo cui è “preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sezione Sesta Penale, sentenza n.22256 del 26
aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148).

In particolare, se è vero che nel passaggio motivazionale richiamato dal ricorrente la Corte di
appello concentra la propria attenzione sull’episodio del 3 luglio 2005, sia a pag.1 sia a pag.7
della sentenza la Corte di appello ricorda che le condotte illecite dell’imputato avevano luogo
pressoché ogni volta che la persona offesa si trovava a transitare nei pressi della sua
abitazione, tale essendo la lettura che il giudicante ha offerto delle dichiarazioni rese dalla
persona offesa.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la non rilevanza in questa sede della maturazione dei
termini massimi di prescrizione del reato in epoca successiva alla sentenza impugnata, nonché
in epoca anteriore alla sentenza di appello nei casi in cui la prescrizione stessa non sia stata
dedotta in quella sede e non sia stata rilevata (Sez.Un., n.32 del 22 novembre-22 dicembre
2000, rv 217266; n.33542 del 27 giugno-11 settembre 2001, rv 219531; n.23428 del 22
marzo-22 giugno 2005, rv 231164).
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la
somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 28/2/2014

D E P I TATA i

Con memoria depositata in data 7/2/2014 si ribadisce l’esistenza di incoerenza motivazionale e
illogicità dell’apparato argomentativo alla luce delle dichiarazioni testimoniali raccolte in sede
dibattimentale.

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