Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 23100 del 28/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 23100 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FOSCHI GIOVANNI N. IL 27/06/1959
avverso la sentenza n. 8304/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
07/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 28/02/2014

1) Con sentenza del 7.11.2012 la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza del
Tribunale di Roma, in composizione monocratica, emessa in data 20.3.2009, con la
quale Foschi Giovanni, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche,
era stato condannato alla pena di mesi 10 di reclusione ed euro 2.000,00 di multa per
il reato di cui all’art.73 DPR 309/90, ritenuta la circostanza attenuante speciale di cui
al comma 5.
Ricorre per cassazione l’imputato, denunciando la mancanza o manifesta illogicità della
motivazione in relazione alla riconducibilità del fatto all’ipotesi delittuosa contestata
e l’erronea applicazione dei criteri di cui agli artt.133 e 133 bis c.p.
2) Il ricorso è generico e, per di più, manifestamente infondato.
2.1) La Corte territoriale, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, ha
ritenuto che dalle risultanze processuali emergesse la prova della destinazione allo
spaccio della sostanza stupefacente (tenuto conto delle modalità di custodia, della
disponibilità di denaro da parte del prevenuto, del comportamento dello stesso).
Ed è pacifico che la valutazione prognostica della destinazione della sostanza
stupefacente ogni qual volta la condotta non appaia correlabile al consumo in termini di
immediatezza, deve essere effettuata dal giudice tenendo conto di tutte le
circostanze soggettive ed oggettive del fatto, con apprezzamento di merito
sindacabile in sede di legittimità solo in rapporto ai vizi di cui alla lette) dell’art.606
c.p.p.
Il ricorrente, invece, di censurare specificamente la motivazione della sentenza
impugnata, si limita a generiche deduzioni in ordine alla non riconducibilità del fatto
all’ipotesi contestata.
2.2) La Corte distrettuale ha poi ritenuto che la pena irrogata in primo grado al
ricorrente (che aveva già beneficiato delle circostanze attenuanti generiche nella
massima estensione) non fosse suscettibile di riduzioni di sorta tenuto conto della
personalità dell’imputato quale emergeva dai precedenti penali.
Tali riferimenti giustificano sul piano argomentativo il criterio seguito nell’esercizio
del potere discrezionale.
Peraltro, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la specifica e dettagliata
motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, è necessaria soltanto se la pena
sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti
essere sufficiente a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art.133 c.p .le
espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” (cfr. Cass.pen. Sez. 2 n.36245 del
26.6.2009).
3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della

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OSSERVA

cassa delle ammende della somma che pare congruo determinare in euro 1.000,00 ai
sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.000,00.
Così deciso in Roma il 28.2.2014

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